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"Una via del cavolo". Sperimentazione universitaria in scena a Napoli

Nel cuore pulsante di Napoli, sul palco del teatro Galleria Toledo dei quartieri spagnoli, si sono esibiti, lunedì 3 e martedì 4 maggio 2010, i giovani studenti dell’Università "L’Orientale" di Napoli, che, da ormai cinque anni, si cimentano nella messa in scena di opere cinesi contemporanee.

Strano l’accostamento tra cultura orientale e studenti universitari che si improvvisano attori. Strano ma non impossibile! Si tratta infatti del Laboratorio di sperimentazione teatrale ideato e coordinato dalla Prof.ssa Maria Cristina Pisciotta, docente di Letteratura cinese del “L’ Orientale” di Napoli, che si impegna con gli studenti nella traduzione di un testo teatrale contemporaneo, messo poi in scena dai ragazzi stessi, sapientemente diretti dal regista Lorenzo Montanini. Da anni ormai, questo laboratorio, unico tentativo di sperimentazione teatrale a livello universitario in tutta Italia, riscuote un considerevole successo. Sono infatti numerosi gli spettatori che, nei due appuntamenti serali, affollano il teatro Galleria Toledo (via Concezione a Montecalvario) per assistere all’evento.
 
Il testo scelto quest’anno, scritto dal commediografo Guo Shixing nel 1998, presenta un titolo dal nome allusivo: “Una via del cavolo” infatti, racconta (attraverso giochi di parole, filastrocche e detti popolari) la storia di un tipico vicolo cinese, con i suoi passanti, il brulicare di biciclette, i suoi abitanti impiccioni e ottusi. Nel mezzo di questo strano e quanto mai pittoresco mélo si intreccia la storia dei protagonisti: Vista Lunga, arrivato in Via del cavolo per osservare i fantomatici fiori del cavolo; Orecchio Fino, alla ricerca di detti popolari. L’arrivo di questi due stranieri però, non sembra turbare il train train quotidiano degli abitanti, ingabbiati nell’infinita sequela di azioni a ripetizione, rappresentando quindi diverse tipologie umane facilmente riconoscibili in un qualsiasi quartiere popolare: la parrucchiera chiacchierona, la vecchia pettegola sempre fuori casa, i bambini che, giocando per strada, infastidiscono i passanti e quanti altri “stereotipi” che gli studenti possono facilmente riscontrare nella loro vita di tutti i giorni per le strade caotiche del centro.
 
In questo piccolo microcosmo chiuso al mondo esterno si delinea il disagio di una società che non riesce ad evolversi, anche dopo l’arrivo del terzo straniero, il “Misterioso”, che tenta di stravolgere l’ordine stabilito. Pessoa ha detto nel Libro dell’inquietudine: “Penso che non uscirò mai da questa Rua dos Douradores” E se lo scrivo mi sembra l’eternità”. L’autore si riferiva all’uomo prigioniero di sé stesso, un po’ come succede in questa commedia cinese dai toni grotteschi e assurdi.
 
Alessandra Lacavalla: Quali sono i principali ostacoli da affrontare quando ci si trova a contatto con studenti che per la prima volta si affacciano sul mondo del teatro?
Lorenzo Montanini: Dipende dall’obbiettivo che ci si pone. Nel nostro caso, il Laboratorio di sperimentazione teatrale non ha come scopo lo sfoggio della bravura artistica individuale dei ragazzi, non essendo loro professionisti. Lo spettacolo non si sofferma sul singolo studente, ma si tratta di un costante lavoro di gruppo, dove i ragazzi vengono considerati nel loro insieme, nel loro modo di funzionare come gruppo. L’ostacolo della recitazione si risolve quindi lavorando sulle caratteristiche stesse di ogni ragazzo, tentando di sfruttare al meglio le sue capacità.
 
A.L.: Si tratta quindi di una sfida per lei e per gli studenti. Non teme il fallimento?
L.M.: Il Laboratorio si “impone” ogni anno il continuo rinnovamento, tentando di non indugiare su modelli rappresentativi di cui si è già sperimentato il successo, anche rischiando il fallimento. Altrimenti non si tratterebbe di sperimentazione.
 
A.L.: Come funziona il suo progetto di regia?
L.M.: Una volta scelto il testo e ideata una bozza iniziale di quella che potrebbe essere la scenografia, il lavoro si concentra sui ragazzi, sul modo in cui si relazionano con il resto del gruppo e con la realtà circostante. Ed è quindi con loro che costruisco lo spettacolo. Sono pronto a cambiare completamente impianto, in base alle caratteristiche e alle personalità degli studenti, se mi accorgo che ne va del funzionamento dello spettacolo in quanto macchina scenica. Perché lo scopo fondamentale è quello di permettere agli studenti di considerare l’arte (che sia letteratura, teatro, pittura,ecc) che studiano sui libri, su un piano diverso, facendoli toccare con mano ciò di cui hanno solo sentito parlare a lezione.
 
Una piccola goccia quindi nel mare accademico italiano; un primo passo verso la ricerca attiva di un contatto tra testo e azione, tra intellettualità e pratica, nel tentativo di trovare un punto di incontro e di comprensione. Un altro elemento fondamentale che rende lo spettacolo avvincente, è l’articolarsi della recitazione in lingua cinese oltre che in lingua italiana. Si passa infatti con rapidità da un registro all’altro, inserendo qua e là anche i dialetti, senza intaccare la fluidità e la comprensione dello spettacolo nel suo complesso. La scenografia poi, lasciando tutti gli ambienti completamente a vista, senza più porte né muri, permette allo spettatore di godere complessivamente anche dei piccoli particolari, elementi essenziali dello spettacolo e parti integranti di questa messa in scena. Il pubblico può quindi osservare contemporaneamente, senza perdersi il fulcro della storia, cinque ragazze durante i preparativi di una festa o una parrucchiera e la sua cliente, poiché la sua attenzione viene diretta con maestria sia sulla forma che sul contenuto, slittando da una parte all’altra del palcoscenico.
 
Appuntamento all’anno prossimo!
 

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