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 Home page > Tribuna Libera > Una riflessione sulla censura a partire dalla questione israelo-palestinese

Una riflessione sulla censura a partire dalla questione israelo-palestinese

Sono contrario alla censura delle voci palestinesi o pro Palestina, in particolare a una censura che avvenga su pressioni e interventi della politica e delle istituzioni e in modo del tutto privo di trasparenza. Detto questo ho delle perplessità, che vado a elencare per punti, ciascuno dei quali potrei approfondire, ma che già così danno vita a un testo sufficientemente lungo:

 

- In questi anni ho seguito le inchieste dei Twitter Files, le audizioni del Weaponization of Federal Government Committee, la censura dello scandalo Hunter Biden (che nel frattempo è andato avanti e coinvolge Joe Biden), la censura degli autori della Great Barrington Declaration, la censura delle teorie sul "lab leak" relative al covid, lo scandalo che ha riguardato il Global Disinformation Index, quello su Hamilton 68, e quello sul rapporto di New Knowledge sui bot russi, sto seguendo la causa MIssouri vs Biden, di recente ho letto la Dichiarazione di Westminster e ora sto leggendo il report appena pubblicato dai repubblicani del Weaponization of Government Committee. Sono quindi anni che sento parlare di shadow ban, di blacklist, di pressioni politiche sulle aziende tech e social, dei rapporti malati tra servizi di sicurezza e di intelligence e queste aziende, etc.. ma solo nelle ultime settimane ho visto comparire su molti quotidiani mainstream o di sinistra (Il Post, il Fatto Quotidiano, Facta, Fanpage e altri) la parola shadow ban, mentre in precedenza avevo visto queste vicende e queste pratiche ignorate o minimizzate o addirittura difese e sostenute.

- Se in USA sono emerse dai Twitter Files in poi una serie di inchieste anche su Meta, TikTok, e altri social, in Europa si è discusso, approvato ed è entrato in vigore il Digital Service Act che mi pare rendere istituzionale e generale - mutats mutandis - i comportamenti rivelati dai Twitter Files, dalle altre inchieste, dalle audizioni del Weaponization of Government Committee e dalla causa Missouri vs Biden. Lì è un caso che andrà alla corte suprema, qui è tranquillamente una norma europea. Mi colpisce moltissimo che una norma come il DSA sia stata discussa e approvata ed entri in vigore con così poco dibattito pubblico, mancando gravemente di metterne in luce gli aspetti critici. Il DSA è la più estesa regolamentazione della rete in occidente, regolamenta fondamentalmente la discussione pubblica online e quindi va a toccare i fondamenti dei nostri sistemi democratici. Che si possa approvare una norma simile con così poco dibattito e così poco senso critico mi dice molto sulle nostre democrazie e i nostri sistemi di informazione.

- Il DSA accorda alla Commissione Europea dei poteri del tutto discrezionali nella definizione di cosa siano disinformazione e contenuti illegali (oltre a fare confusione fra le due cose) e Thierry Breton che è un po' mister DSA, si è fin dall'inizio comportato in modo estremamente discutibile nel sostenere e interpretare questa legge e il proprio ruolo. Dai suoi viaggi in California nei quartieri delle Big Tech, alle lettere spedite a Youtube, Tiktok, Meta, X, in questi giorni, alle sue sparate quotidiane su X.

- Il DSA insomma mi pare né più né meno che una legge per il controllo politico e la censura della discussione pubblica online, completamente e assolutamente illiberale e antidemocratica. Una vera e propria svolta fascistoide, passata con un misto di silenzi complici, atteggiamento acritico, o aperto sostegno da parte dei media - che sulla carta dovrebbero essere quelli più pronti a fare opposizione a cose simili.

- Credo tra l'altro che l'Europa in molti casi serva a questo: la centralizzazione politica a livello europeo è servita a creare un livello politico che da un lato ha maggiori poteri - regola tutta europa - dall'altro al di là dei formalismi è sostanzialmente meno democratico, meno trasparente, ancora meno controllato dalla discussione pubblica delle istituzioni politiche nazionali, e quindi è di fatto un "mostro" politico burocratico che serve ad approvare provvedimenti inaccettabili che passerebbero molto più difficilmente se discussi a livello nazionale e a impedire la differenziazione delle scelte tra i vari paesi, che permetterebbe l'esistenza di un confronto e di una concorrenza fra scelte diverse.

- Oltre a quanto emerso dai Twitter Files e al DSA, ho seguito le vicende di altr provvedimenti, come quelle di Chatcontrol, dell'Online Safety Bill, delle nuove norme canadesi, e altri.. e mi pare che in tutto l'occidente si approvino norme liberticide, per il controllo politico e la censura della discussione pubblica e che limitano gravemente la privacy. E nel mondo globalizzato di oggi se per dire l'Online Safety Bill ammazza la privacy non lo fa solo per il paese in cui è stato approvato, ma rischia di farlo a livello molto più ampio. Ma anche su questa norma non ho visto attenzione da parte dei media.

- Tutto questo è ampiamente collegato anche alle vicende israelo palestinesi. Per esempio questo è un appello di varie organizzazioni per i diritti civili che fanno notare che Breton sta già abusando il DSA, proprio a partire da queste vicende.

- Queste organizzazioni sono costantemente ignorate dai media mainstream. Nessuno ha dato importanza a questo appello mi pare. Così come nessuno aveva dato importanza ad appelli analoghi sull'Online Safety Bill e il pericolo che rappresentava anche per noi europei.

- Ora mi chiedo se certi principi e certi diritti non andrebbero difesi in ben altra maniera. E se piuttosto che litigare su quali voci vadano censurate e quali no, a chi vada ridotta la visibilità e a chi vada potenziata, non dovremmo semplicemente chiedere che la politica - un po' come sarebbe in USA se il primo emendamento fosse rispettato - stia lontana dalla gestione di queste scelte e sostenere in modo generale e di principio la libertà di espressione e l'inaccettabilità di qualsiasi forma di controllo politico della discussione pubblica (dovrebbe essere la discussione pubblica a controllare la politica non viceversa), per chiunque israeliano, palestinese, di destra o di sinistra, completamente a prescindere dall'accordo o meno verso le sue idee.

- La libertà di espressione mi pare essenziale per tenere sotto controllo cosa combinano i governi, la politica, le istituzioni, l'intelligence, la polizia e in generale il potere politico ed economico: tutela i cittadini da abusi di potere e serve a far sì che possano esercitare un controllo verso i governanti.

- Mi pare che sia anche una garanzia reciproca che dobbiamo scambiarci per convivere: una democrazia è un sistema dove convivono persone diverse per valori, interessi, caratteri, posizioni sociali e anche ideologicamente diverse. Per convivere pacificamente è necessario che ci si scambi delle garanzie, in particolare sul fatto che chi è in maggioranza, chi vince le elezioni, chi governa rispetterà alcuni diritti - anche procedurali - fondamentali di tutti gli altri.

- Mi pare che sia una tutela per le minoranze: chi è in maggioranza e gode del favore generale ne ha certamente meno bisogno, è chi ha qualcosa di minoritario, scomodo, radicale, sgradevole, offensivo, contestabile, controcorrente, etc.. da dire che in particolare ne ha bisogno.

- Insomma serve al controllo dei governanti da parte dei governati, alla convivenza democratica fra persone diverse, alla tutela delle minoranze e dovrebbe essere una regola del gioco che ci mette d'accordo tutti e che tutti sostengono al di là di ogni altra divisione politica.

- Mi pare che quello che è emerso dai Twitter Files e il DSA siano anche esempi di dirigismo, in cui la politica entra nella gestione di aziende private trattandole come mere esecutrici delle direttive e dei piani decisi da politici e burocrati. Prima ho definito il DSA fascista pensando anche a questo: il dirigismo era l'approccio fascista. Un approccio volto alla riduzione dell'autonomia dei privati e all'irreggimentazione della società e all'adozione di una pianificazione centrale che secondo me hanno ampiamente dimostrato di non funzionare e che oggi comunque sarebbero certamente guidati da soggetti e obbiettivi veramente molto discutibili.

- Quindi mi chiedo se i media non dovrebbero fare un mea culpa, raccontare quello che non hanno raccontato finora, e iniziare a difendere in modo molto più forte, e generalizzato e di principio, la libertà di espressione, l'indipendenza della stampa - ma anche di tutti i media e i social - e a denunciare con veemenza il controllo politico della discussione, la censura e il dirigismo in qualsiasi forma si presentino.

- Mi chiedo se già quando una serie di cose sono state fatte durante il covid e la pandemia, o in relazione alla guerra in Ucraina, o in relazione a varie vicende trumpiane, o al cambiamento climatico, non si sarebbero dovute raccontare molto più criticamente e fare opposizione, senza farsi frenare dalle apparenti buone motivazioni o senza paura di essere scambiati per putiniani, trumpiani, novax, complottisti o altro.

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