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Un mondo globalizzato di Stati sovrani

Il recente G20 di St. Andrews, in Scozia, ci ha confermato che viviamo in un mondo globalizzato di Stati sovrani, ossia viviamo in un ossimoro (figura retorica di accostamento di termini in antitesi, tipo ghiaccio bollente).

Sono due i principali ambiti in cui non esiste confine alcuno nel nostro pianeta, e precisamente l’ambiente e la finanza. Ad esempio è di tutta evidenza che l’atmosfera e le acque formano un unicum  e, perciò, inquinarle non ha conseguenze solamente per l’inquinatore, bensì per l’intero genere umano. Abbiamo già visto quali esiti per l’intera Europa possa avere un incidente in una centrale nucleare ucraina.
 
Analogamente il sistema economico/finanziario è stato reso unico dall’espandersi del commercio mondiale: il fallimento della Bear Stearns, una sconosciuta banca d’affari di Manhattan, ha messo in moto un meccanismo che, come una valanga che corre verso valle ingrandendosi sempre di più, ha finito per portare al fallimento un’intera Nazione come l’Islanda.
 
A fronte di ciò, e questo è l’ossimoro, il pianeta suddiviso in Stati sovrani, ossia in soggetti che decidono di se in assoluta autonomia: un sistema politico mondiale frammentato e frazionato, chiamato ad affrontare problemi collettivi planetari di vitale importanza.
 
Questo spiega i deludenti risultati del G20 di St. Andrews: nessun accordo sulle regole da imporre ai mercati finanziari per impedire l’insorgere di una nuova crisi sistemica mondiale, malgrado i recenti allarmi degli economisti sulla possibilità di una nuova bolla speculativa sul mercato dei derivati; e nessun accordo sui finanziamenti da destinare alla tutela dell’ambiente in vista del prossimo vertice di Copenhagen.
 
Sul primo punto, ad oltre un anno dall’insorgere della crisi dei derivati, il comune cittadino, vittima finale della finanza creativa, esige chiarezza, tempestività ed efficacia nell’azione delle Autorità di governo; e la delusione per le posizioni del premier inglese Gordon Brown è totale. Questo assurdo tentativo britannico di agire in difesa di una posizione di prevalenza nel campo delle attività finanziarie finisce per creare un fossato fra Londra ed i Paesi dell’area dell’Euro. Forse per questi ultimi è giunto il momento di dire apertis verbis che è necessaria una netta separazione fra l’attività creditizia (i.e. raccolta ed utilizzo di capitali) e la rimanente attività finanziaria/assicurativa perchè solamente così si è sostanzialmente sereni dinanzi all’ipotesi di una seconda crisi bancaria sistemica mondiale. E non sarebbe sbagliato se gli storici riconsiderassero la figura del generale Charles de Gaulle e la sua posizione di avversione all’ingresso dell’Inghilterra nell’allora Mercato Comune Europeo.
 
Sul secondo punto è di solare evidenza che, partendo dal rispetto dell’Umanità, si passa al rispetto dell’ambiente, in cui la vita si svolge, e si giunge alla necessità, in prospettiva, di attività esclusivamente ecocompatibili.
 
Non possiamo comprendere fra queste ultime la produzione di scorie radioattive, il cui smaltimento in maniera ecocompatibile non è ancora alla portata della scienza, come ci testimoniano le difficoltà del nostro vicino d’oltralpe, grande produttore di energia elettrica nucleare. Ma molti, nel nostro Paese, fra l’avere case ben riscaldate e l’evitare di lasciare alle generazioni future l’eredità di scorie radioattive non smaltite, scelgono la prima ipotesi; perchè le case son le loro, mentre l’ambiente è di tutti.
 
La conclusione che se ne ricava è che, senza una generale consapevolezza delle problematiche ambientali, non è possibile neanche dare inizio ad un percorso di rispetto dell’ecosistema.
 
E cosa fanno facendo in questo momento i politici del partito ambientalista dei Verdi ? Ebbene, si : si litigano fra di loro per il potere fine a se stesso, o almeno per quelle briciole di potere che gli sono rimaste. Da veri professionisti dell’ambientalismo, come li avrebbe definiti Leonardo Sciascia.

Alla luce di tutto ciò, c’è da stupirsi per il fallimento del G20 di St. Andrews?

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