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Elogio all’uomo ed all’"intelligenza civica"

E’ consueto ritenere l’uomo, l’unico essere per antonomasia dotato di intelligenza: è una bella soddisfazione, riconosciamolo.

Senza addentrarci nel merito della classificazione scientifica dei vari tipi di “intelligenza”, per non essere travolti dalle macerie del castello (di carta) che nel tempo con tale generica ed ergonomica attribuzione abbiamo edificato, gongoliamo compiaciuti, accontentandoci dell’affermazione letterale.

Qui, ora, si fa timido cenno ad un tipo di intelligenza, essenziale pur tuttavia in via di estinzione: l’intelligenza civica, strumento quotidiano che possedendolo consente di adattarci all’ambiente e di garantirci qualità di vita sociale. Tale intelligenza non possiede il gradimento fascinoso che, invece, corrisponde al palesamento di titoli accademici, non trova spazio in un qualsivoglia curriculum, non diviene orgogliosa ostentazione auto-celebrativa del merito.

Essa resta, solitaria, il garante irrinunciabile della sensatezza delle azioni e delle re-azioni individuali. Né lo sfoggio di attestati e lauree, né la retrograda arroganza del “lei non sa chi sono io” potranno mai essere seri indicatori dell’etimo “intelligere”, che non casualmente significa capire.

Dobbiamo infatti prendere atto che, per mero dato statistico, qualcuno capirà l’esito delle proprie azioni, qualcun altro no: tutti comunque, ostinatamente convinti di utilizzar bene il carismatico ed esclusivo dono. I rugginosi processi mentali, contrapposti nei fatti al progresso tecnologico circostante, spengono, riducono la naturale tensione umana al miglioramento ed all’apertura sociale.

Qualcuno nel passato indicò l’ottimo come nemico del bene, l’ “aspirazione ad un futuro sempre migliore” ostacolo da un “accettabile presente”. Ciò talvolta è frutto di una volontà sfidante parossistica necessaria, forse, solo a compensare vuoti valoriali. Vi sono alcuni esempi che potrebbero indurci a ripensare criticamente le rispettive posizioni: la ragione, per essere tale, ha sempre bisogno dell’esempio.

Così, senza indugio, va inteso come “tesoro” (anche) qualunque scambievole relazione sociale, componente della nostra quotidianità civica. Non capirlo o non volerlo riconoscere sarebbe solo un ennesimo esempio, da non seguire.

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