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L’adolescenza permanente

L’abbandono dell’adolescenza, con l’avanzare dell’età, sembra ci debba tragicamente relegare alla frustrazione, alla diffidenza, all’isolamento e, alimentando l’innaturale trend, ad esibire ostilità verso tutto e tutti.

Il “prossimo” diviene infido contendente, sia quando ne subiamo arroganza e maleducazione, sia quando, al contrario, ci vengono riservati rispetto e cortesia. In entrambi i casi, la diffidenza esplica implacabile radicamento ed incontrollabile dominio in noi: questa è la prevalente tipologia delle odierne relazioni interpersonali, con qualche significativa, apprezzabile differenza tra le varie appartenenze geografico-culturali e tra città e paese.

Pur dovendo generalizzare, tento di affrontare l’argomento, innescando un’inversione di percorso: obiettivo tanto utopico quanto, per l’appunto, adolescenziale. Anche in questo genere di “cose”, molto, moltissimo dipende dal comportamento individuale. Pertanto, non angustiamoci riservando pre-giudizi conflittuali verso il “prossimo”, attribuendogli colpe di comodo.

Potremmo sbagliarci: forse l’abbiamo già fatto in passato e sarebbe diabolico perseverare nell’errore. E’ il processo naturale delle esperienze: l’età, il tempo hanno anche questo precipuo significato ed obiettivo: addizionare con logica gli eventi accaduti e “capitalizzarne” i rispettivi esiti, possibilmente in termini di saggezza. A questo punto è lecito chiedersi: possibile che la somma media di ciò che è capitato, di ciò che è degno di memoria sia sempre negativa? Che non ci siano spiragli, accadimenti che, al contrario, valga la pena ricordare con slancio vitale ed ottimismo?

E’ demoralizzante constatare quanto “gli uomini scrivano nella polvere il bene che ricevono”, e per questo subitamente dimenticato. Se così davvero è, lo sforzo fino ad oggi non fatto, innesta pensieri e dubbi torvi per il presente (e per il futuro). E’ più facile che un seme attecchisca in un terreno fertile che in un terreno inaridito. Una possibile soluzione è non emulare l’aridità della sabbia, bensì riconvertire la fanciullezza della benevolenza, del gusto per la novità, dell’allegrezza.

Con la persistenza di tali stati umorali, si può conservare equità tra i vari ricordi: forse anche quello di aver avuto torto nel non saper riconoscere il buono negli altri o, magari, nell’averlo travisato. Va riconosciuta l’iniziale difficoltà di una reciproca comprensione. Non tutto è andato come volevamo, ed è possibile che quota di “colpa” sia stata anche nostra.

Talvolta, semplicemente, è la sorte che dispone, nel dotarci di un carattere e non di un altro. Un recente editoriale, nell’esporre una “teoria dell’adolescenza permanente”, mi ha particolarmente incuriosito: nell’identificare il crescere come qualcosa di ben differente dal progressivo affastellamento di ossessioni, dubbi, timori e disagi. Conservare una parte di spensieratezza ed entusiasmo giovanili è possibile e ci può aiutare, oggi, a trovare il buono, non sempre e comunque l’ottimo, nelle alterne vicende quotidiane.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.57) 3 dicembre 2011 16:39

    Non sempre il ricordo è negatività....anzi il ricordo appare sempre più bello del momento in cui lo si è vissuto, in quanto si tende sempre ad enfatizzare nell’eventuale racconto a terzi. o rammentando a sè stessi. 
    Non sempre i giovani sono intolleranti....talvolta, anche spesso, lo sono gli "Anziani" che guardano alla nuova generazionme con invidia malcelata facendo loro un piccolo sfottò nel rammentare che ...."loro sì avevano problemi...mentre oggigiorno è tutto facile".
    Niente di più falso.
    Oggi giorno i giovani hanno mille problemi, molti di più degli anziani...casa, lavoro, difficoltà a relazionarsi, famiglie non propriamente solide ecc. 

    Complimenti al relatore di questo articolo che, pur essendo ancora giovane, sà ben analizzare le due età.

    Annamaria

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