• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

Home page > Tempo Libero > Fame&Tulipani > Un aperitivo? Sì, grazie... un Prosecco

Un aperitivo? Sì, grazie... un Prosecco

A quanti è capitato? È una specie di riflesso inconscio quello di chiedere ed identificare il vino Prosecco come il vino dello "spritz time": viene automatico. Questo perché ha delle caratteristiche intrinseche che lo rendono un vero fenomeno da sempre.

La bassa alcolicità, la finezza nei profumi fruttati, fragranti e freschi, la gradevole acidità non invadente che ne amplifica la beva, la versatilità e la sua semplice piacevolezza. Diciamocela tutta, di fronte ad un bicchiere di Prosecco l'immagine sinestetica che salta alla mente è quella della leggerezza nelle sue varie espressioni. È quello che è.

A voler essere obiettivi, è un riflesso anche giustificato, dato che fino a non molti anni fa era percepito come un vero e proprio brand più che come un vino, era un modo di bere... con la benedizione dei conti in banca di chi ha massificato la qualità e commercializzato a scapito della dignità della bevanda e della onesta concorrenza e questo vino è sempre stato molto generoso con tutti. E forse è ancora un po' così. Nulla di negativo se si guarda solo al mercato che si muove in termini di "volumi".

Indiscutibili i numeri. Quasi 70 milioni di bottiglie della produzione Docg con un fatturato che si aggira intorno ai 420 milioni di euro; ancor più spaventosi quelli della Doc, con oltre 260 milioni di bottiglie in previsione, raggiungendo in totale la produzione dell'intera Champagne.

Indiscutibile il successo economico, ma il suo essere grande "popolare e democratico" (cit.) ha portato a un risultato paradossale a cui assolutamente rimediare, quello della diluizione della sua immagine e del suo significato e della gran confusione che ha generato nei consumatori. 

Se volessimo usare un linguaggio markettaro, la brand extension ha avuto qualche risvolto negativo sulla brand equity.

E le cose non vanno certo meglio in questo senso, con il cambiamento dell'assetto della Denominazione. Il legittimo, morale e doveroso tentativo di una inversione di marcia, legando il nome Prosecco al territorio storico di origine, ha da un lato preservato il prodotto dalla produzione e scandalosa mercificazione da parte di paesi improbabili, dall'altro, però, ha concentrato questo fenomeno in una zona nella quale tutto si è intensificato producendo, anche se in minore tono, gli stessi effetti diluenti; questo a scapito di chi fa poco e bene da sempre.

Se ogni conoscenza non accompagnata dalla comprensione è solo una visualizzazione o un'idealizzazione dell'esperienza, allora perché non sforzarsi di comprendere questo vino anziché limitarsi a conoscerlo.

Come il nome dà identità ad una persona, così accade nel vino. Per cui impariamo a chiamarlo col suo nome:

  • Conegliano Valdobbiadene Docg Prosecco (Spumante Superiore, Cartizze e Rive)
  • Colli Asolani Docg Prosecco (Spumante Superiore e Frizzante)
  • Prosecco DOC Treviso (Spumante, Frizzante e Tranquillo)
  • Prosecco DOC

Questa è la Piramide del Valore. C'è vino e vino, qualità e qualità e... Prosecco e Prosecco!

Ma sappiamo distinguere un Prosecco da un altro? Sappiamo con cosa è fatto? Quali sono le differenze organolettiche e qualitative tra un vino della zona Doc e uno delle zone Docg? Oppure semplicisticamente e molto tristemente, aggiungerei, ci accontentiamo che sia leggero, con le bollicine e che costi poco e, quindi, qualunque intruglio va bene? Posso giustificare l'estero, ma non noi italiani!

Partiamo dal presupposto che qui non si discute nel merito la qualità del vino, ma si vuole sottolineare il fatto che il Prosecco non può essere visto come un fenomeno generalizzato, non più. Ci sono delle nette differenze.

 Strano a dirsi, ma anche questo vino ha una storia, non cade giù dal cielo... anzi ogni zona ha una sua storia. Una storia che sulle colline di Conegliano e Valdobbiadene nasce nel 1772. È questa la data in cui si legge per la prima volta nel Vol. VIII del Giornale d'Italia il nome del vino Prosecco. Inizialmente era uno dei tanti vini prodotti in loco da un'uva che proveniva dal vicino Friuli, la Glera, coltivata in modo disordinato, e che dava un vino leggero dai sentori fruttati che, imbottigliato su residui di lievito, nel periodo primaverile riprendeva la fermentazione rendendolo "pétillant", il vino della tradizione: il Prosecco Colfondo.

Il vero successo arriva nel 1876 in corrispondenza della fondazione della Scuola Enologica di Conegliano, tutt'ora prestigiosamente attiva, in cui sono state studiate nuove tecniche di coltivazione della vite e, soprattutto, di vinificazione e spumantizzazione mettendo a punto il metodo Conegliano Valdobbiadene, quel metodo che oggi i produttori vorrebbero fosse riconosciuto al fianco dei soliti noti.

Sul versante opposto, quello del Montello e dei Colli Asolani, la vite in generale fu sapientemente coltivata dai monaci benedettini già ai tempi della Prima Repubblica di Venezia intorno all'anno 1000. Nel 1300 il territorio passò sotto la dominazione veneziana definitivamente e i vini iniziarono ad essere esportati ovunque. L'apice della notorietà arriva nel ‘500 quando la nobiltà della Repubblica fece di queste colline terra eletta.

Oggi sono ancora visibili i segni di tanto sfarzo nelle meravigliose ville del Palladio di cui la zone è disseminata e altre sfarzose costruzioni. Nel 1969 arriva la Doc, nel 1977 per il versante del Montello e, dopo quarant'anni di lavoro e sperimentazione in ogni fase della filiera per raggiungere l'eccellenza, ecco nel 2009 la Docg. Una continua ascesa che dura da sempre, è tuttora in corso e non sembra avere fine. Non un vino, ma un vero e proprio fenomeno di mercato.

Se dobbiamo comprenderlo allora è meglio partire dalla conoscenza delle zone di produzione. Il Conegliano Valdobbiadene Docg Prosecco si produce nella zona collinare a ridosso della linea pedemontana che da Conegliano si sposta verso Valdobbiadene.

Colline di conglomerati di roccia, marne e argilla, in alcuni casi impossibili da coltivare per la pendenza, tanto da potersi definire coltivazione eroica. Qui le Rive ne sono spettacolare testimonianza, tanto da essere iscritte nelle Tentative List delle candidature a Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco. Buone escursioni termiche, buona esposizione e buona insolazione.

Le uve maturano perfettamente nei tempi giusti e il vino avrà quelle caratteristiche di finezza ed eleganza che non si riscontra nel vino in pianura. Qui la coltivazione è tutta manuale, con ore di lavoro impiegate stimate intorno alle 600/700 annue per ettaro. I costi sono maggiori, così come il prezzo, ma giustificato dall'eccellente qualità. La cura ed il rispetto per l'ambiente con coltivazioni sostenibili, legato soprattutto alle nuove generazioni, la sperimentazione per il recupero del vecchio genoma aggiungono quel valore percepito come differenza. Le uve utilizzate sono Prosecco o Glera in percentuale maggiore, Verdiso, Bianchetta e Perera, che ne sono il necessario complemento. La zona della Doc è quella di pianura e abbraccia le province di Treviso, Padova, Vicenza, Belluno, Pordenone, Udine, Trieste e Gorizia. Sedimenti alluvionali e argilla, minori le escursioni, maggiore la sommatoria delle temperature per cui le uve maturano più in fretta - a volte anche troppo - perdendo in finezza di profumi.

La coltivazione è intensiva, tutta meccanizzata con circa 120 ore di lavoro annue. I costi minori, i prezzi minori, la superficie di produzione è molto maggiore e la quantità prodotta è tripla rispetto alla Docg... ma la qualità, seppur accettabile, non è paragonabile. Sono vini diversi. Se volessimo fare un tasting ora, e quindi prestassimo attenzione a ciò che stiamo per bere, ci accorgeremmo delle differenze già dal colore.

Più carico quello della Doc rispetto all'altro, i profumi della Docg sono più eleganti e freschi, ma è il gusto che fa la differenza... e che differenza! Il Conegliano Valdobbiadene Docg è quasi etereo, avvolge il palato con la sua raffinata freschezza; le bollicine sottili solleticano il palato in una morbida carezza, il naso è avvolto dai tenui sentori di frutta fresca, mela, pera, fiori bianchi, mai invadente e il suo delicato equilibrio, quasi discreto, ti invita a rimettere la bocca su quel bicchiere.

Il Prosecco Doc è più rustico, con una struttura percettibilmente maggiore, in gergo si direbbe più grasso; è come se volesse camminare in equilibrio su tacchi vertiginosi ma con qualche difficoltà. È più "ordinario", forse questa è la parola esatta pur con le dovute eccezioni, ma non me ne vogliano le aziende. Viene da se pensare che in una zona così vasta sfuggano al controllo quei "particolari" che ne macchiano qualità e reputazione e che rimangono nella mente anche del singolo consumatore che inevitabilmente ne parlerà in termini generici e poco lodevoli. Purtroppo, proprio per l'eco e la notorietà che questo vino ha raggiunto questo è - e deve essere - inaccettabile!

C'è poi la zona del Montello e dei Colli Asolani, forse quella meno conosciuta, che vive di ombra e riflesso. Qui le viti crescono tra i 100 e i 450 metri tra "doline ", storia ed arte. I terreni di natura acida, drenanti, fatti di conglomerati di roccia, marne, argilla e sabbia sono facilmente lavorabili. La caratteristica principale è il valore basso del Ph che è inversamente proporzionale alla freschezza del vino... tradotto, in bocca il vino si percepisce più acido.

Non me ne vogliano i più, ma è sulle colline e sulle Rive di Valdobbiadene che si raggiunge la massima espressione della qualità, qui è l'autenticità. Una qualità che non si limita agli oggettivi fattori pedoclimatici ma è qualcosa che va oltre. Data l'oggettiva condizione agronomica e geologica, è la qualità degli imprenditori che contribuisce a fare la differenza, il valore aggiunto.

È nella gestione della loro azienda, in una visione strategica del proprio business, consapevoli che fare bene non porta a profitti immediati ma ripaga sempre nel medio/lungo periodo e con risultati stabili nel tempo, consapevoli di avere tra le mani un tesoro da promuovere, tutelare, rispettare e tramandare.

La comprensione passa attraverso il coinvolgimento e l'esperienza e così ho fatto girovagando tra le aziende in cerca di opinioni. Serpeggia qualche perplessità circa il futuro ma, tendenzialmente, sono tutti proiettati in una visione ottimistica, consci delle difficoltà e tutti concordi che il Prosecco, anche in questo momento positivo, ha bisogno di essere differenziato attraverso la valorizzazione delle specificità individuali e del territorio. Così si potrà, con perseveranza e tenacia, superare lo stereotipo di vino "easy" e qualunque che sembra avviluppare la percezione del consumatore.

Vi invito a venire e toccare con mano. L'accoglienza e la disponibilità non mancano di sicuro! Venite a vivere l'eccellenza dei vini dell'azienda di "Nino Franco", l'espressione dello stile, la classe, l'eleganza. La voce fuori dal coro, il grande padre, animato forse più degli altri dalla necessità di difendere il vino e la Denominazione, conosciuto e apprezzato in tutti gli ambienti più autorevoli del globo.

Passate per Colbertaldo di Vidor dall'azienda "Adami" in cui Franco Adami si fa interprete del territorio, il realista ottimista, colui che punta alla valorizzazione dell'autenticità delle realtà produttive in una visione di collaborazione sinergica tra le imprese.

Andate da "Ruggeri", oltre all'entusiasmo della giovane Isabella Bisol toccherete con mano l'impegno della sperimentazione e del recupero del vecchio genoma, provate il prosecco ottenuto dalla selezione di viti vecchie anche di 100 anni... altro che "vinello"!

Se volete invece capire in quale direzione va il futuro è d'obbligo una tappa a Santo Stefano nel cuore di Valdobbiadene all'azienda agricola "Le Colture". Qui vi accoglie il giovane Alberto Ruggeri traghettatore di un'azienda attiva dal 1500 con a capo sempre la stessa famiglia. Il nuovo, l'esempio di sintesi tra tradizione ed innovazione. Queste sono solo alcune ma meriterebbero una menzione tutte le 168 aziende del territorio della Docg Conegliano Valdobbiadene ognuna con le proprie peculiarità.

Per cui quando chiedete un Prosecco o peggio "un prosecchino" (che orrore!) chiedete quello giusto e leggete l'etichetta... e se volete ancora considerarlo il vino dell'aperitivo fate pure, ma che almeno sia una gran bella bevuta!

Se passate di qua:

"Nino Franco Spumanti Srl" Via Garibaldi, 147 Valdobbiadene -Tv- www.villabarberina.it

"Adami Srl" Via Rovede, 27 Colbertaldo di Vidor -Tv- www.adamispumanti.it

"Ruggeri & C Srl" Via Prà Fontana, 4 Valdobbiadene - Tv- www.ruggeri.it

"Le Colture Az. Agr. Di Ruggeri C. e R." Via Follo, 5 Santo Stefano di Valdobbiadene -Tv-www.lecolture.it

 

di Pia Martino

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares