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Tutti gli uomini del Presidente ieri e oggi. Inchiesta Bernstein-Woodward

Il caso Watergate, la squadra degli idraulici creata all’ombra del presidente e incaricata di condurre le operazioni di sabotaggio e spionaggio contro gli avversari democratici, rappresenta uno scandalo senza precedenti che ha sconvolto un’intera nazione, messo sotto accusa la classe dirigente e costretto alle dimissioni il presidente degli Stati Uniti.

“Five Held in Plot to Bug Democratic Offices Here” titola il Washington Post il 18 giugno 1972. Così ebbe inizio la catena di eventi che avrebbe sconvolto l’America per due anni, portando alle dimissioni del Presidente repubblicano Richard Nixon e modificando irreversibilmente la politica statunitense e il giornalismo investigativo.

L’articolo riferisce di un gruppo di ladri-idraulici arrestati per irruzione illecita ai danni degli uffici del Comitato nazionale Democratico, nel complesso dell’hotel Watergate a Washington. La storia incuriosisce due giovani reporter del Washington Post, Carl Bernstein e Bob Woodward, incaricati di indagare sulla vicenda.

Woodward apprende da fonti della polizia che gli uomini implicati nell’effrazione, vengono da Miami, indossavano guanti chirurgici e avevano addosso migliaia di dollari in contanti e che alcuni di loro si sono dichiarati ex agenti della CIA (agenzia di spionaggio degli Stati Uniti). A Woodward, viene confermato inoltre, da una fonte segreta e confidenziale appellata misteriosamente “Gola Profonda” (in seguito ricondotta alla figura di William Mark Felt, funzionario di alto rango del Federal Bureau of Investigation), che l’effrazione si tratta di un’operazione di tipo professionale.

Le prime ricerche conducono i due alla Biblioteca della Casa Bianca. Successivamente Woodward e Bernstein apprendono che uno dei ladri, James McCord, risulta essere stato sul libro paga della Commissione Rielezione del presidente Nixon. I due reporter riescono a risalire anche a due degli ex agenti dei servizi segreti implicati nell’effrazione: Howard Hunt ex ufficiale della CIA e Gordon Liddy ex agente FBI, dietro anche indicazioni di Gola Profonda.

A Miami Bernstein scopre che un assegno di 25 mila dollari, destinato alla Campagna di rielezione Nixon, è stato depositato nel conto bancario di uno dei ladri: Stans Maurice, ex segretario di Commercio a capo della Raccolta fondi Nixon. Per la prima volta il Washington Post collega il furto con scasso ai fondi della campagna Nixon.

Intanto che Nixon, autunno 1972, procede verso la rielezione appoggiato da una grande maggioranza, Woodward e Bernstein ottengono una serie di scoop: rivelando sia l’esistenza di un fondo segreto controllato dal procuratore generale John Mitchell e impiegato per una campagna finalizzata alla raccolta di informazioni sui democratici; sia che collaboratori di Nixon avevano eseguito una massiccia operazione di sabotaggio e spionaggio politico per conto dello stesso comitato di rielezione, appositamente creato per garantire la rielezione del presidente repubblicano.

Mentre altri quotidiani ignorano la storia e Nixon viene dato per favorito, la casa Bianca denuncia l’attività del Post come imparziale e fuorviante. Nel frattempo durante lo svolgimento del processo per effrazione al Watergate, Hunt e altri ladri si dichiarano colpevoli. McCord e Liddy vengono condannati. Nell’aprile 1973 quattro dei migliori uomini di Nixon perdono il lavoro, incluso il capo dello staff Haldeman, il consulente di politica interna John Ehrlichman ed il procuratore generale Richard Kleindienst. La vicenda si conclude nel 1974 con le dimissioni del presidente Nixon e con una completa revisione dell’intero sistema democratico americano. L’inchiesta che funge da caposcuola nel giornalismo investigativo corrente, ha preso corpo e sostanza articolandosi tramite la raccolta di documenti del Pentagono, la registrazione di testimonianze segrete e confidenziali, le dichiarazioni da fonti dirette quali ex ufficiali della CIA ed ex uomini della Casa Bianca e soprattutto seguendo le tracce delle ingenti quantità di denaro che circolavano tra gli individui man mano coinvolti. Le testimonianze e le indagini sono state riordinate e ricostruite allo scopo di informare l’opinione pubblica seguendo un’impostazione temporale coerente con i fatti, portando in superficie i risvolti incriminati con il supporto di atti e fonti attendibili.

Il caso Watergate, la squadra degli idraulici creata all’ombra del presidente e incaricata di condurre le operazioni di sabotaggio e spionaggio contro gli avversari democratici, rappresenta uno scandalo senza precedenti che ha sconvolto un’intera nazione, messo sotto accusa la classe dirigente e costretto alle dimissioni il presidente degli Stati Uniti. Ciò è avvenuto non a causa di un attacco militare nemico o una grave crisi economica ma come conseguenza di una inchiesta giornalistica sugli affari illeciti commessi dal presidente e dai membri del suo stuff.

Ammirevole il coraggio del Washington Post e l’eroismo dei suoi due giovani reporter, determinati a mettere in luce la completa verità dei fatti, nonostante le accuse e le minacce della Casa Bianca, in un biennio, 1972-74, difficile per l’America, mentre la guerra in Vietnam è in pieno svolgimento e alla vigilia della campagna per le elezioni presidenziali.

L’inchiesta condotta da Bernstein e Woodward rappresenta un ottimo esempio di professionalità e allo stesso tempo di lotta contro la corruzione e l’abuso di potere. Ciò che rende estremamente appassionante ed avvincente il caso Watergate, a parte l’eccellente lavoro di indagine, è che alcune circostanze apparentemente banali, abbiano portato in un breve lasso di tempo alla più grande crisi istituzionale nella storia della democrazia americana. Attraverso la vicenda del Watergate, il giornalismo d’inchiesta ha riconquistato un ruolo di spessore: alla stampa è stata restituita la funzione primaria di arbitro rispetto al potere politico-istituzionale. Tuttavia la riuscita operazione di svelare all’opinione pubblica corruzioni che mai altrimenti si sarebbero rivelate, ha contribuito in maniera decisiva a fare della stampa un “quarto potere”, modificando il modo di concepire la comunicazione, cosciente dell’influenza che questa può avere nel condizionare gli eventi e le masse. Non solo per contrastare i fenomeni sociali criminogeni. Ad esempio, è recente la notizia secondo cui, il prossimo candidato repubblicano alle elezioni presidenziali del 2012, sarà un interno della Fox, uno tra i più vasti conglomerati economici specializzato nel settore dei mezzi di comunicazione di massa.

"Non ci sono precedenti nella storia americana di una tv che impiega come suoi dipendenti cinque potenziali candidati", osserva il New York Times. E tutti dello stesso partito, a riprova che la Fox è diventata una sorta di "struttura parallela" della destra repubblicana. Il suo direttore esecutivo, Roger Ailes, è lui stesso un ex stratega repubblicano.

Oggi i media hanno la forza di proporre una propria visione della realtà e di opporsi al sistema politico, facendo valere la propria logica.

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