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Too B. to fail?

Business. As usual. L’eredità del Caimano.

Se un uomo pubblico si pesa dalla lungimiranza del suo operato e dalla classe dirigente che ha allevato, il bilancio del quasi ventennio berlusconiano è davvero fallimentare. L’ego ipertrofico del Caudillo mal si concilia con una corte di gente pensante, la sua personalità non ammette al suo fianco nessuno che possa in qualche modo metterla in ombra.

Questo spiega come, dei "berluschini", quasi nessuno è abbastanza consistente da proiettarla persino un’ombra. Salvo, ovviamente, quei loschi figuri come Lavitola, Bertolaso e Verdini, che pure facevano parte della rete di potere di Sua Emittenza, talmente opachi che ombre ne proiettavano eccome. Ombre lunghe come quelle di quei sinistri professionisti della macchina del fango, dei Belpietro e dei Sallusti, maestri del dossieraggio falso. O tondeggianti, come quella di Ferrara. C’è una regia dietro? Direi proprio di sì, ma non si tratta certo di menti raffinatissime, ma più in linea col generale andazzo della sbracata, scollacciata e sboccata Italia berlusconiana: violente, squallide, volgari e decisamente caserecce.

Se poi volessimo valutare l’ex esecutivo sulle evidenze economiche, il fallimento di questa esperienza è persino più evidente del disastroso bilancio in economia, la crescita italiana nel decennio corrente è stata superiore solo allo Zimbawe e ad Haiti. Anche la Somalia e l’Afghanistan, paesi pure di fatto privi di uno Stato e in preda all’anarchia e alle bande armate, avrebbero fatto meglio. La pressione fiscale è ai massimi di sempre, come pure l’evasione e la disoccupazione giovanile. Ma la crisi, si obietterà, è mondiale.

Il crescente distacco dalle economie europee è però certificato, da un lato dal differenziale tra la crescita italiana e la media UE, pure aumentata con B. che operava tra Palazzo Chigi e Palazzo Grazioli; dall’altro dall’andamento dello spread col Bund, cresciuto esponenzialmente.

Con Prodi Premier e Padoa Schioppa all’economia, per la cronaca, lo spread era intorno ai 40 punti base. In pratica, il mercato valutava il rischio insolvenza dell’Italia quasi pari a quello della Germania. Lo scomparso Ministro dell’Economia sarà anche stato un pessimo comunicatore, ai limiti dell’autismo, ma, grazie alla sua formazione di banchiere centrale, ha tenuto i conti in ordine, ridotto il differenziale nella crescita con la media UE e ha lasciato un avanzo primario tale da assicurare un rientro strutturale del Debito Pubblico a livelli più sostenibili in un periodo accettabilmente contenuto.

La necessità di B. di tirare a campare anche a costo di una estenuante e quotidiana trattativa sempre al rialzo e, al solito, a suon di prebende e a spese di noi contribuenti, e che è avvenuta sotto gli occhi disgustati di tutti gli italiani, anche di quella parte del Paese che ha, com’è noto, uno stomaco più forte della media, ha finito con l’aggravare i problemi, che rimangono tutti sostanzialmente inevasi.

Con un Governo che era arrivato al punto di paralizzare di fatto l’attività parlamentare, per la paura di finire sotto. L’inazione dell’esecutivo ci ha esposto per mesi al giudizio dei mercati e abbiamo già pagato un prezzo salatissimo per l’ostinazione del Premier, dettata dalla sua personale agenda giudiziaria, di tirare avanti, anche a costo di galleggiare, il più a lungo possibile. Fino alla situazione paradossale degli ultimi giorni prima della caduta per cui il Governo, per non finire in minoranza, dava parere favorevole anche agli emendamenti dell’opposizione. Solo un parlamento è stato meno produttivo, quello della Padania, altro paese senza uno Stato.

Solo una battuta a questo proposito. Il Governo Monti non aveva ancora giurato che già i Druidi chiedevano tutte le presidenze delle commissioni parlamentari di garanzia, a ulteriore conferma di come, per taluni, che siano in maggioranza o all’opposizione, sia sempre e solo una questione di poltrone. Sempre a proposito di "repubblica delle banane", che dire poi del sopravvissuto nato per essere il numero dal 2 in giù, sempre al servizio del potente di turno, come Fouché uomo per tutte le stagioni, il Talleyrand privo dell’intelligenza di questi? Fabrizio Ciquito che invocava un condono edilizio pochi giorni prima dell’ennesima tragedia in un paese in dissesto idrogeologico oltre che finanziario?

Il craxismo non cessa di fare danno, molto oltre la scomparsa di Craxi. Le definizioni su questa pagina oscura non ancora definitivamente voltata della nostra storia, senza dubbio si sprecano e si sprecheranno: demagogia militante, dittatura mediatica strisciante, neobonapartismo, cesarismo carismatico o, particolarmente calzante, populismo autoritario (Tranfaglia).

Ma non vorrei soffermarmi oltre su un periodo che è ancora cronaca e, temo, lo resterà ancora a lungo per darne giudizi storici in un paese che fa fatica a mettersi alle spalle la stagione, infinita, dei condoni. La potenza di fuoco mediatica di Mediaset è infatti intatta, ma B. è senza dubbio più debole e, nonostante quello va ripetendo come un mantra ai suoi, per rincuorarli e rincuorarsi, non appare in grado di far cadere il Governo Monti.

Per il naturale istinto di conservazione della casta, interessata a salvare la legislatura per i motivi fin troppo noti e perché I naufraghi della diaspora democristiana, tanto a lungo divisi, con Silvio comunque avviato al tramonto, si stanno parlando. E se Sua Emittenza prova lo strappo, non è escluso che perda molti dei suoi parlamentari centristi. Il Caimano è sconfitto ma non fuorigioco e l’uomo, si sa, è combattivo.

Per salvare se stesso e il suo impero economico non lascerà la scena e continuerà ad appestare il paese fino all’ultimo. Faremmo bene a non scordarlo e a tenere la guardia alta in caso di possibili colpi di coda.

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