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The September Issue. La verità su Anna Wintour e la redazione di Vogue America

Dopo il successo del film "Il diavolo veste Prada" la domanda che i giornalisti hanno rivolto più spesso ad Anna Wintour e ai suoi collaboratori è stata: "C’è qualcosa di vero nel ritratto fornito dal film della persona più influente nel mondo della moda?" Le risposte sono state vaghe, ovviamente, con spunti divertenti, qualcuno ha anche negato che la drammaticità dell’atteggiamento della signora Wintour fosse reale. Nella sua mossa per conquistare anche i più scettici la signora direttrice Wintour ha permesso a R.J Cutler di dirigere un documentario sul suo lavoro, che è gran parte della sua vita, di quello dei suoi collaboratori e di riprendere il fermento della rivista in preparazione di un’edizione speciale di Vogue settembre (2007), contenente più di ottocento pagine fra servizi, consigli, foto illustri e vestiti d’alta moda.

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Anna Wintour ha voluto che passasse un messaggio positivo e commerciale dell’industria della moda, che a detta sua molte volte "spaventa" le persone e le porta a pensare che chi si appassiona a questo mondo sia stupido, futile e con la puzza sotto al naso, ha inoltre scelto Cutler in quanto regista di documentari importanti e di attualità, molti girati nei lunghi anni passati dai soldati americani in Afghanistan.. Certo è che la Wintour risulta essere una predestinata. Suo padre, Charles Wintour, dirigeva un giornale inglese e a quanto racconta la figlia crebbe in un ambiente piuttosto vittoriano e severo tanto da indirizzare quasi tutti i suoi figli verso la carriera giornalistica. Chi si aspettava una Miranda Priestley in caschetto si dovrà ricredere quindi, la finzione cinematografica e la scelta di esasperare molti dei lati del suo carattere fanno in modo che il personaggio in sé si allontani molto da quello che è Anna Wintour in realtà, ma nel documentario tanti degli aspetti analizzati fino ad ora della sua strana personalità si fanno notare. Innanzitutto i pochi sorrisi, la poca gentilezza e le maniere sbrigative. Un suo collaboratore sostiene che "lei non ha bisogno di contatti umani, non ha tempo di fraternizzare, lavora ogni minuto di ogni giorno, è quello che fa non ha tempo di allacciare rapporti personali, non le serve". Dal documentario trapela anche il fatto che sia lei a scegliere il 99% di ciò che finisce sulla rivista, ed è ancora lei a vedere in anteprima le collezioni degli stilisti per dire la sua (divertente vedere come Oscar De la Renta si affidi al suo gusto per creare una sfilata, che ascolti le sue raccomandazioni sui nuovi stilisti e come sia imbarazzato Stefano Pilati nel mostrare i suoi capi). Le tensioni tra capo e sottopostii ci sono in ogni posto di lavoro e anche qui non sono da sottovalutare, ci sono scene da panico quando un servizio viene bocciato ed è da rifare, quando le prove dei servizi non soddisfano i criteri rigidi dei suoi standard e soprattutto quando vengono in conflitto con l’altra mente eccellente di Vogue, che impariamo a conoscere intimamente in questo film, Grace Coddington.

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Grace è il direttore creativo di Vogue, una figura mica da ridere quindi, nasce come modella finché non è costretta a smettere a causa di un incidente che le impone un delicato intervento all’occhio e le procura una fastidiosa cicatrice.



Lasciate le passerelle si reinventa fotografa, di estremo talento, ritrae Anjelica Huston, Manolo Blahnik fino a diventare junior editor per Vogue Inghilterra. Attualmente cura molti servizi per la rivista, è il braccio destro di Anna Wintour che la rispetta profondamente, adora il suo lavoro, ma che spesso le procura delle noie eliminando delle foto, discutendo sui colori, imponendo il suo punto di vista. Grace Coddington non le manda certo a dire però, con una brillante ironia e una caparbietà senza precedenti sa come non farsi mettere i piedi in testa, d’altraparte sostiene una cosa importante mentre consola un collega che ha un principio di esaurimento nervoso "Devi dire cosa pensi, renderti indispensabile. Se non dai il tuo apporto in qualche modo hanno una scusa per renderti non utile e non necessario".

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Tutte queste personalità rendono la vita di Anna Wintour e di Vogue, quella di una qualsiasi grande azienda e del suo dirigente. Chi si prende la responsabilità di scegliere, di rischiare, di mettere in gioco la propria immagine deve sottostare a qualche regola, ma inevitabilmente può permettersi di infrangerne molte.

Chi ama la moda, senza se e senza ma, potrà gustarsi gli artisti che rendono giustizia agli abiti superbamente e che sono ospiti fissi del palazzo di Vogue: Mario Testino, Patrick Demarchelier, Steven Meisel, farà indigestione di Chanel e Galliano, tremerà quando nel silenzio l’urlo della Wintour fuoricampo squarcerà gli animi " Ci sono solo io per questa prova o ha intenzione di arrivare qualcuno?" . Chi invece vuole mantenere un punto di vista esterno c’è molto altro da analizzare: una sorta di malinconia e amore infinito per l’arte, di passione e infiniti problemi, un po’ di dramma e di tristezza anche in quella che molti definiscono una "Ice Woman" una donna di ghiaccio, ma che in realtà è solo qualcosa che nessuno è abituato purtroppo a riconoscere abbastanza. Una donna al potere.

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