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Terrorismo a Bruxelles. Charlie Hebdo e la copertina con Stromae

La copertina del nuovo numero di Charlie Hebdo, il 1236, è nelle edicole oggi, mercoledì 30 marzo, in Francia. Da ieri, ovvero da quando l'immagine ha iniziato a girare suoi social network, fa polemica. 

Sulla copertina il cantante belga Stromae con il refrain di uno dei suoi pezzi più celebri "Papaoutai", che recita "Papa, où t'es", "Papà dove sei". Il pezzo fa riferimento al fatto che l'artista è cresciuto senza il genitore, scomparso durante il massacro Tutsi in Ruanda. Dietro Stroame la bandiera belga e pezzi di corpi dilaniati: un braccio, una gamba, un occhio... tutti rispondo "sono qui" e "anche qui".

In alto a sinistra il titolo "la Belgique déboussolée", "Il Belgio scombussolato". 

La copertina è del disegnatore Riss (al secolo Laurent Sourisseau), che è anche direttore della pubblicazione dalla morte di Charb negli attentati del gennaio 2015. Riss è anche uno dei superstiti della strage alla redazione. 

La reazione alle copertine di Charlie Hebdo è sempre la stessa, da anni. Su Twitter potete leggere i commenti, moltissimi di sdegno per il "poco tatto" con il quale la questione viene trattata.

Mi stupisce sinceramente come Charlie Hebdo, la cui storia è in crisi (lo era prima degli attentati e lo è tutt'ora, nonostante economicamente le cose vadano molto meglio) continui a scatenare gli stessi umori. Da quando esiste - e in particolare negli ultimi 10 anni - ha fatto questo: provocare, irriverire, additare. In maniera anche violenta. Una storia, quella di Charlie e di chi ne fa parte, fatta di nemici e minaccie, che sono esplose lo scorso 7 gennaio. Divertente a volte, meno altre. 

Un ultimo appunto. Come sempre nel caso di Charlie Hebdo si parla solo dell'immagine di apertura: nessuno legge il settimanale o analizza l'angolo con il quale la vicenda viene trattata. Per esempio numericamente almeno, la questione dell'Islam, alla base di tutte le discussioni e anche degli attentati, è stata il frutto di una sovraesposizione mediatica perché, nei fatti, i numeri che parlavano di musulmani e religione sono stempre stati solo una piccola percentuale delle pubblicazioni. 

Segnalo la risposta, divertente e a tono, di Hugo Poliart, disegnatore e scrittore belga. Su Twitter ha pubblicato una vignetta che recita così "Come reagire all'umorismo della copertina di Charlie Hebdo?" "Pff... Non possiamo nemmeno sparargli in testa, lo hanno già fatto". 

In una tribuna sull'Huffington Post ha poi spiegato il suo pensiero: "Per me ci sono due tipi di umorismo: quello che mi fa ridere e quello che non mi fa ridere. Se 'essere Charlie' vuol dire che questo principio continui, allora io sono Charlie. Se essere Charlie vuol dire che ogni caso che fa Charlie Hebdo mi fa ridere, allora non lo sono per forza. (...) Charlie Hebdo è libero di fare l'umorismo che preferisce, nel momento in cui siamo liberi di ridere o meno. Tutto il resto è tempo perso sui social network". 

 

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