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Teorie scientifiche, risultati della ricerca e senso comune

Oggi avevo intenzione di scrivere un commento relativo ai problemi legati alla sicurezza del posto di lavoro ed alla elasticità del mercato del lavoro. Ieri mattina però ho visto su un forum di Fisica che generalmente frequento (ricordate, di mestiere io faccio il fisico teorico) un argomento così stimolante e non per addetti ai lavori, che ho deciso per un numero della mia rubrica di sospendere la discussione su argomenti importanti, ma un poco noiosi, di economia e scrivere un articolo che riguarda la scienza.

La grande evoluzione che la scienza moderna ha avuto dai primi del 1900 ad oggi, ha portato enormi miglioramenti del nostro stile di vita: l’elettronica, la medicina, le telecomunicazioni (tutte figlie della scienza dell’ultimo secolo) hanno cambiato radicalmente la società e la vita umana: basta pensare che in Italia la speranza di vita è cresciuta in un secolo da circa 50 a circa 80 anni.

Dall’altra parte però, la discussione scientifica si è allontanata in maniera apparentemente irreversibile dal senso comune.

Un uomo colto del 1800, anche un avvocato o un letterato, di certo non sapeva fare calcoli di fisica, ma trovava comunque la scienza “ragionevole”.

Il fatto che i gravi cadono, che le travi si incurvano fino a rompersi, che l’acqua fluisce senza compressione, sono tutte cose che chiunque vede nel mondo intorno a sé. Che poi la fisica sappia fare calcoli quantitativi su queste cose, non fa altro che confermare la ragionevolezza della nostra esperienza.

Questa alleanza tra senso comune e scienza si è improvvisamente rotta ai primi del 1900, quando la scienza si è rivolta a cercare di spiegare esperienze estreme: nel dominio dell’enormemente piccolo (un atomo di idrogeno è convenzionalmente rappresentato con una sfera di 0.00000000005 m di diametro, e dico convenzionalmente poiché a rigore non avrebbe senso definire il volume di un atomo!) o delle grandi energie o, la cosa peggiore, delle cose enormemente piccole spinte a velocità così grandi da avere grandi energie.

Mille applicazioni pratiche di questi concetti sono sotto i nostri occhi: l’elettronica è figlia di questo, nessuno di noi avrebbe un impianto stereo a casa se la scienza non avesse studiato l’atomo, il laser, la televisione ed il telefono, internet, i computer e così via, sono tutti figli di questa rivoluzione.

Fino ad arrivare all’ultimo, incredibile nato: la PET. Si tratta di una tecnica di immagine ormai diffusa ed usata in tutti gli ospedali che permette di vedere dove un organo consuma zuccheri, quindi dove concentra la sua attività, tramite il decadimento materia-antimateria. Persino l’antimateria, forse il concetto più difficile della scienza moderna, trova applicazione pratica.

Eppure questo non aiuta più a fare in modo che la scienza ed il buon senso vadano a braccetto: un moderno magistrato o poeta non sarebbe neanche in grado di nominare qualitativamente principi su cui funziona la PET (a meno che non sia un appassionato del settore ed abbia studiato fisica per hobby naturalmente).

Questi principi sono così alieni dalla comune esperienza che spesso ci viene addirittura la tentazione di rifiutarli, o peggio di considerarli una specie di magia di cui non vale la pena chiedere ragione, ma è sufficiente accettare in modo quasi fideistico.

L’immaginario collettivo dall’epoca dei lumi nel 1700 a tutto il 1800 aveva fatto dello scienziato l’avanguardia della ragione, di un approccio alla realtà da tutti comprensibile, non fideistico e non oppressivo, fonte di libertà e non di vincoli. Questa visione naturalmente era esagerata in molti sensi, in quanto tendeva a dare alla scienza una sorta di valore assoluto, che la scienza moderna ha dimostrato di non avere, ma era rassicurante e portava la scienza, in quanto lettura sistematica della comune esperienza, vicino a ciascuno.

Oggi l’immaginario collettivo tende a fare invece dello scienziato una sorta di guru di un rito iniziatico, incomprensibile ai più e lontano dal quello che la maggior parte delle persone considerano ragionevole.

Alla scienza si attribuiscono poteri enormi da una parte, dall’altra la si guarda con sospetto e diffidenza.

Mi è stato difficile alcuni giorni fa tentare di convincere un amico, persona di profonda cultura, che il progresso della ricerca non apre possibilità infinite: ci sono cose che non si possono fare ed altre che sono semplicemente inevitabili.

Continuava a dirmi: “Ma questo è quello che sappiamo oggi, chissà domani cosa verrà fuori dalla ricerca”, tipico atteggiamento di chi considera lo scienziato come un mago che chissà che sarà capace di fare!

Ebbene: lo scienziato non è un mago e la ricerca non sarà capace di andare in ogni direzione possibile.

In generale lo scienziato è un professionista non diverso da un avvocato o da un chirurgo. Tra gli scienziati ci sono dei geni, esattamente come tra i chirurghi e tra gli avvocati, ma la maggior parte (io compreso naturalmente) sono semplicemente dei lavoratori preparati e di buona cultura che si occupano con passione della loro materia.

In quanto alla ricerca poi, sono due le cose che dobbiamo sempre aver presenti di fronte a molte sciocchezze che si dicono, in genere da parte di chi o ricerca non ne fa, o vuole sfruttare i suoi risultati nel campo della ricerca per fini diversi.

Quando si introduce una nuova teoria o una nuove interpretazione della realtà, questa non cancella la precedente. La meccanica di Newton permetteva di progettare automobili nel 1800 poiché spiega soddisfacentemente i fenomeni necessari per farlo ed ancora oggi permette di progettare automobili.

Il fatto che, nell’ambito limitato dei fenomeni che essa spiega, questa teoria sia vera non è cambiato perché all’inizio del 1900 è stata introdotta la relatività. Oggi la meccanica di Newton non è né più falsa né più vera di prima: i fenomeni che spiegava in modo soddisfacente prima della introduzione della relatività ancora continua a spiegarli in modo soddisfacente e quello per cui prima era inadatta continua ad essere fuori del suo campo di applicazione.

Nessuna nuova teoria potrà sovvertire i risultati che la meccanica di Newton fornisce riguardo ai fenomeni per i quali è applicabile: non ci sarà ricerca che possa ottenere questo.

Ci sono invece fenomeni per cui questa teoria non funziona, non ha mai funzionato, per quelli era necessaria una teoria diversa, ed è stata introdotta la relatività. Naturalmente la relatività si può applicare anche ai fenomeni per cui la meccanica di Newton funziona bene e dà esattamente gli stessi risultati.

La scienza costruisce in modo progressivo e continuo, non distrugge il vecchio ogni volta che fa una cosa nuova.

Questo ci porta a dire che la parola “vero” o “falso” hanno nel linguaggio scientifico un significato diverso da quello che hanno nel linguaggio comune.

Una teoria è “vera” nel suo campo di applicazione quando permette di descrivere un insieme ben definito di fenomeni in modo quantitativamente soddisfacente. Non “tutti i fenomeni” ma i fenomeni in un certo ambito ben definito.

Una teoria è falsa quando si trova un fenomeno in quello che si pensava essere il suo ambito di verità che invece non è previsto correttamente.

In questo caso si deve restringere l’ambito di verità della teoria: in genere essa sarà ancora vera, ma in un ambito più limitato.

Naturalmente l’ambito di verità si potrebbe restringere a nulla, nel qual caso la teoria è falsa del tutto, cioè non permette di prevedere in modo corretto nulla. Ci sono state nella storia teorie del genere: la teoria dei raggi N nel 1800, la teoria della fusione fredda molto più vicino a noi.

All’interno del suo campo di validità poi, i risultati di una teoria vengono ottenuti poco per volta, la comprensione dei fenomeni e delle loro conseguenze si raffina con il tempo e gli stessi fenomeni vengono analizzati più a fondo.

Molto spesso eclatanti risultati per quanto riguarda le applicazioni sono di questo tipo, in piena continuità con le teorie note, ma rilevanti per la loro applicazione a nuovi fenomeni o per l’interpretazione nuova di risultati già noti.

Ancor di più in questo caso si aggiunge e si capisce meglio, ma ciò che si riteneva vero nell’ambito della validità di una teoria non diviene certo falso.

Occasionalmente poi, ma meno frequentemente di quanto si potrebbe credere, si scopre qualche errore e lo si corregge, cambiando così l’idea che si ha delle cose.

E’ interessante che un fatto storico della massima importanza per l’attuale struttura del mondo dipenda dalla scoperta di un errore scientifico.

Negli anni 30 un noto ricercatore scandinavo aveva calcolato quanti neutroni sarebbero stati necessari per generare una reazione atomica a catena, ottenendo un numero enorme, che rendeva la reazione in pratica non fattibile.

Questo risultato divenne molto famoso e quando Hitler dette a Werner Heisenber il compito di guidare il progetto nazista per la realizzazione della bomba atomica, questi si imbarcò in un progetto complicatissimo, reso famoso dalla letteratura di guerra ed anche da un film come progetto dell’acqua pesante, per cercare di aumentare il numero di neutroni disponibili.

Il progetto si rivelò non fattibile e, per quanto i tedeschi avessero iniziato per primi, non costruirono mai la bomba atomica.

Negli anni 40 invece, Enrico Fermi, che gà era negli Stati Uniti ed insegnava alla Columbia University, si accorse che il famoso risultato relativo al numero di neutroni era frutto di un errore di calcolo ed il risultato corretto era molto più piccolo: la bomba si poteva quindi fare.

Fermi comunicò il risultato ai servizi segreti americani e sulla base di esso partì il progetto Manhattan, che permise agli Stati Uniti di realizzare la bomba.

In parte forse anche per questo il mondo oggi è quello che conosciamo, anche se nessuno sa se Heisenberg avesse capito l’errore o no, e se nel primo caso avesse ignorato la cosa a bella posta. Anche se Heisember è morto piuttosto recentemente (il primo Febbraio 1976), non ha mai voluto rispondere a questa domanda.

Alla fine di questa breve chiacchierata è naturale chiedersi se esisterà mai una “teoria del tutto” cioè qualche cosa che permetta di spiegare in modo quantitativamente soddisfacente tutto quello che della natura siamo in grado di osservare.

Questa domanda è di per se una domanda non scientifica, ma piuttosto filosofica. La scienza dice solo che oggi tale teoria non esiste: molti fenomeni che osserviamo sono prevedibili in modo accurato da una delle molte teorie che abbiamo a disposizione: teoria quantistica dei campi o teoria standard, relatività generale e così via, ma nessuna di tali teorie è estendibile a tutto il dominio dell’esperienza: ognuna di esse risulta vera nel suo dominio e falsa al di fuori di esso: la relatività generale ad esempio è falsa nel dominio delle interazioni tra particelle del nucleo atomico, così come la teoria quantistica dei campi è falsa se si usa per studiare le interazioni tra stelle.

Ci sono poi fenomeni che nessuna delle teorie a disposizione sembra spiegare in modo del tutto soddisfacente: primo di tutti l’origine dell’universo.

Sarei tentato di andare avanti, ma vedo di aver già scritto più di cinque pagine A4 e mi fermo qui. Sarei contento di avere un feedback dai lettori, sul gradimento per i vari argomenti che ho trattato e sulla loro chiarezza. Questo mi permetterebbe di aggiustare il tiro sia nello stile che nella scelta dei soggetti.

Per ora saluto tutti coloro che mi hanno letto e vi do appuntamento al prossimo articolo.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.36) 8 marzo 2012 12:08

    Si sta profilando uno dei racconti di Asimov condivido molto il tuo pensiero.

  • Di (---.---.---.238) 8 marzo 2012 12:19

    Ti ringrazio per la stima, ma purtroppo non è farina del mio sacco. Si tratta della interpretazione epistemologica oggi ritenuta più corretta delle teorie scientifiche.


    In larga misura si dovrebbe ringraziare Karl Popper, il più importante epistemologo moderno, nonchè un esempio raro di intellettuale di grande spessore che ha fatto della saggezza, al pari che dell’intelligenza, la sua migliore risorsa.

    Tra le sue opere epistempologiche ti consiglio

    Logica della scoperta scientifica [1934], Einaudi, Torino, 1970. 

    che è meno tecnica di altre e più godibile.

    Popper fu anche nooto per un grande impegno civile a favoore della democrazia e contro i sistemi totalitari (cosa di primo piano vista l’epoca in cui è vissuto). A me è piaciuta molto, a questo riguardo, la sua opera

    La società aperta e i suoi nemici [1945], 2 voll., Armando, Roma, 1973-74 

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