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Strage di Bologna: tutte le altre vittime di Mambro e Fioravanti

A noi è andata di lussoL'ho sempre detto e ringrazio i bolognesi perché hanno esagerato talmente tanto che alla fine veniamo chiamati a rendere conto solo di una cosa che non abbiamo fatto e non di quelle che abbiamo commesso veramente, quindi veniamo perdonati per le cose che abbiamo fatto davvero perché nessuno in fondo ci pensa e discutiamo invece all'infinito di un'altra cosa, è un paradosso.

Giuseppe Valerio Fioravanti

Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini sono stati condannati in via definitiva in quanto esecutori materiali della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Si tratta dell’unico caso, nella storia del nostro Paese, in cui siano stati identificati i diretti responsabili per una delle misteriose stragi compiute durante gli anni di piombo. Per tutte le altre carneficine, dalla strage di Piazza Fontana a quella di Piazza della Loggia a Brescia, passando per il treno Italicus, non esistono condanne definitive (né per gli esecutori, né – tantomeno – per i mandanti).

Per la giustizia italiana quella strage, La Strage, il più grave massacro di civili avvenuto in Italia dalla fine della seconda guerra mondiale, ha tre colpevoli. Per la Storia quella strage ha un colore, il nero, perché indipendentemente dal carosello di teoremi, accuse e smentite che si sono succedute nel corso di questi 32 anni, quella strage è fascista. Una carneficina indiscriminata e crudele, compiuta a danno di donne, vecchi e bambini, con l’intento di uccidere quanta più gente possibile, vero e proprio marchio di fabbrica della eversione nera. Mambro, Fioravanti e Ciavardini, però, si sono sempre dichiarati innocenti.

Quell’attentato, dicono, non è opera nostra. Non hanno avuto problemi, invece, a riconoscere le altre decine di azioni (pestaggi, rapine, omicidi e stragi mancate) compiute dal loro gruppo, i NAR, Nuclei Armati Rivoluzionari, dal 1978 al 1981-82. Si tratta, oltre alle 85 vittime della stazione di Bologna, delle altre vittime della coppia Mambro e Fioravanti. Vittime di serie B, di cui nessuno parla (ed è per questo che Giusva, come abbiamo visto, ringrazia i bolognesi); delitti dimenticati che, in occasioni come questa e dopo certe dichiarazioni, è bene ricordare.

La storia dei NAR comincia nel 1973. Il fratello minore di Valerio, Cristiano, ha appena 13 anni quando comincia a frequentare, insieme all’amico Alessandro Alibrandi, la sezione dell’MSI di Monteverde, a Roma. Rientrato dall’America, dove era andato a studiare dopo le esperienze televisive (era stato il giovanissimo protagonista de La Famiglia Benvenuti ed aveva girato diversi spot di Carosello), “Giusva” - come lo chiamano gli amici - inizia a frequentare la sede missina su suggerimento della madre, per proteggere il fratellino piccolo. Appena maggiorenne, Fioravanti è già un patito di armi: ha in casa una pistola, una P38 con regolare permesso; ma, secondo quanto racconta il “camerata” Francesco Bianco, Giusva si diverte ad andare in giro per i giardinetti con un fucile a canne mozze nello zaino, “pronto a coprirci se i compagni ci avessero rotto le scatole”. La prima azione a cui partecipano i fratelli Fioravanti la racconta lo stesso Bianco, si tratta di un pestaggio di “compagni”:

“Cristiano aveva una grossa chiave inglese. Saremo stati una decina. Lui becca il primo che incrocia e gli fa: “Ma che, sei rosso?”. La risposta del tizio non la ricordo, ma ricordo bene come reagì Cristiano: cominciò a prenderlo a chiavate in testa. Questo si coprì con le mani e così i colpi gli spaccarono tutte le dita (…) Dopo questa aggressione, torniamo sulle macchine e andiamo verso il lungotevere. A un certo punto, davanti a un ristorante, vediamo un barbone, un capellone. Insomma, ‘no zelloso. Be’, Valerio improvvisamente sterza e gli si lancia addosso con la macchina. Quello si scansa e noi sfondiamo il gabbiotto della pompa di benzina là vicino. Tutti a ride… Poi Valerio fa marcia indietro e ce ne andiamo. Spesso le sere le passavamo così…”

Già, i Fioravanti passano le serate di noia così, tra il pestaggio di qualche capellone beccato per strada, il tiro a segno nei boschi attorno alla Capitale ed altre “bravate”. La svolta avviene nel 1977. Durante una manifestazione dell’ultrasinistra, il 30 settembre ‘77, davanti alla sede missina della Balduina, Cristiano Fioravanti ed Alessandro Alibrandi rispondono ad una sassaiola sparando ad altezza d’uomo: il militante di Lotta Continua Walter Rossi, vent’anni, viene colpito alla testa e muore sul colpo, benché non si sia potuto risalire alla pistola che ha sparato il colpo mortale e Fioravanti abbia testimoniato che il proiettile sia stato esploso dall'amico.

Da quel momento la spirale di violenza è inarrestabile: scontri di una ferocia inaudita mettono a ferro e fuoco la Capitale. Poi, il 23 dicembre, un commando nero ferisce Massimo Di Pilla, un militante di sinistra. Un vespone bianco gli si affianca, due ragazzi estraggono le pistole e sparano. Tre giorni dopo, stessa dinamica: Roberto Giunta La Spada, redattore di Radio Città Futura viene ferito ad un fianco. Gli attacchi vengono rivendicati da una sigla inedita: Giustizia Nazionale Rivoluzionaria. È il battesimo di fuoco di quello che diventerà il nucleo storico dei NAR. 

- Il 30 dicembre una ventina di neofascisti attaccano a colpi di molotov la sede del Messaggero.

- Il 4 gennaio un commando di 5 persone entra nella redazione romana del Corriere minacciando con le pistole gli impiegati. I fascisti lanciano tre molotov. Una di queste colpisce in piena faccia il portiere, che rimane gravemente ustionato.

- Il 28 febbraio, dopo la strage di Acca Larenzia (nella quale hanno perso la vita due militanti dell’MSI) un gruppo di fuoco guidato da Valerio Fioravanti decide di vendicare i “camerati” uccidendo due “compagni” del centro sociale di Via Calpurnio Fiamma, non sapendo, però, che il centro è stato sgomberato il giorno prima dalla polizia; il commando si mette allora alla ricerca di un altro obiettivo. In piazza Don Bosco trova un gruppetto di ragazzi con un look vagamente “di sinistra”. “Vendichiamoci su di loro”, dice Giusva. Poco importa chi siano quei ragazzi: i fratelli Roberto e Nicola Scialabba vengono improvvisamente raggiunti da una raffica di proiettili. Nicola viene ferito gravemente e si accascia al suolo, Roberto è ancora vivo: viene tenuto fermo con un piede da Fioravanti, che lo fredda con un colpo in testa. Si tratta della prima azione rivendicata dai NAR.

- Il 6 marzo lo stesso gruppo rapina l’armeria “Centofanti” di Via Ramazzini. Qualcosa va storto, nasce un conflitto a fuoco durante il quale i proprietari sparano contro i terroristi, uccidendo il neofascista Franco Anselmi.

Anni dopo, Fioravanti ricorderà così quella rapina:

“Prima di quell’azione avevamo una paura fottuta. Mi ricordo benissimo le angosce di tutti noi. Perché per noi era la prima volta. Eravamo turbatissimi: con i valori che avevamo, arrivare a rapinare un privato ci sconvolgeva. Un conto era l’atto di guerra contro il comunista, cosa diversa era andare a toccare la proprietà privata. Così, mentre a menare o a sparare ai compagni non ci sentivamo in colpa, l’idea di aggredire e derubare un cittadino innocente, che non c’entrava niente, ci faceva sentire dei criminali”

- Il 9 gennaio 1979 un gruppo di tre persone, guidate da Valerio Fioravanti fa irruzione nella sede di Radio Città Futura, dove è in corso un’emissione di un collettivo femminista. Una molotov lanciata contro la consolle di registrazione provoca immediatamente un incendio. Le 5 donne, terrorizzate, tentano di scappare, ma vengono colpite da una serie di raffiche sparate dal mitra di Fioravanti. Bilancio: locali distrutti e 4 ragazze ferite, di cui 2 gravemente.

- L’8 febbraio ed il 15 marzo i NAR compiono altre due rapine in armerie della zona. Sono le prime azioni alle quali parteciperà attivamente anche Francesca Mambro, la compagna di Valerio Fioravanti.

- Il 16 giugno un commando irrompe nella sede del PCI dell’Esquilino durante una mega-assemblea (sono presenti più di 50 persone), sparando alla cieca con due pistola calibro 7,65. I terroristi lanciano due granate Scrm in mezzo alla folla. Bilancio: venticinque feriti, di cui tre in gravi condizioni, ed una strage mancata per un soffio. Nonostante una sentenza e le numerose testimonianze dei presenti, Fioravanti ha sempre negato di aver partecipato all’azione: “Ero nel giardino di casa mia a raccogliere albicocche”.

- Il 17 dicembre i NAR vogliono uccidere l’avvocato nero Giorgio Arcangeli, ma sbagliano obiettivo. Viene giustiziato, al posto suo, un ignaro passante, il geometra 24enne Antonio Leandri.

-  Il 6 febbraio 1980 Fioravanti cerca di sottrarre un mitra PM12 al poliziotto Maurizio Arnesano, 19 anni, di guardia davanti all’ambasciata libanese a Roma. Il neofascista gli spara alle mani, Arnesano, terrorizzato, cerca di scappare ma viene colpito alla schiena. Muore sul colpo.

- Il 28 maggio, di fronte al Liceo Giulio Cesare, il gruppo di Mambro e Fioravanti uccide l’agente di polizia Franco Evangelista (detto “Serpico”). Vivi per miracolo, nonostante le numerose ferite alla testa, gli agenti Manfreda e Lorefice.

- Il 23 giugno il sostituto procuratore Mario Amato, che da due anni indaga sui neofascisti della Capitale, viene freddato con un colpo alla nuca davanti al portone di casa sua. A guidare l’azione sono Fioravanti, Mambro, Cavallini e Ciavardini. 

- Il 2 agosto ventitré chili di esplosivo dilaniano la sala d’aspetto della stazione ferroviaria di Bologna, uccidendo 85 persone e ferendone oltre 200.

- Il 9 settembre i NAR di Mambro e Fioravanti uccidono il loro “camerata” Francesco Mangiameli, dirigente di Terza Posizione. “Un regolamento di conti”, affermano i terroristi. Secondo i giudici di Bologna, invece, un modo per mettere a tacere un testimone scomodo che conosceva i particolari della strage alla stazione.

Il 4 febbraio 1981 i NAR sono a Padova per recuperare un carico d’armi, ma vengono scoperti da una gazzella dei carabinieri e Fioravanti si mette a sparare. Nello scontro a fuoco muoiono due militari, Enea Condotto di 25 anni, e Luigi Maronese di 23. Fioravanti, ferito gravemente alle gambe, viene lasciato dai suoi camerati in un appartamento di Padova e sarà arrestato poco dopo.

È la fine dell’avventura criminale di Giusva, che è stato condannato complessivamente per i suoi omicidi a sei ergastoli, più 134 anni e 8 mesi di reclusione per “reati minori”. Ha scontato circa vent’anni di carcere, a cui va aggiunto un periodo di semilibertà. Oggi Fioravanti è un libero cittadino, lavora insieme alla moglie presso l’associazione radicale “Nessuno Tocchi Caino”, attiva contro la pena di morte.

Dopo la cattura del compagno Francesca Mambro ha ucciso (o contribuito ad uccidere) altre 5 persone, prima di venire arrestata anche lei il 5 marzo 1982. Condannata a 6 ergastoli, più 84 anni e 8 mesi di reclusione per altri reati, ha scontato circa 16 anni di galera. Anche lei a piede libero, vive a Roma col marito, da cui ha avuto un figlio.

Francesca Mambro e Valerio Fioravanti si sono sempre dichiarati “non colpevoli” rispetto alla strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980.

 

 

Fonti: Stragi.it, sito dell’Associazione familiari delle vittime della strage di Bologna

Riccardo Bocca, Tutta un’altra strage

Nicola Rao, Il piombo e la celtica

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