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Stati Uniti e Stati canaglia: il caso Pyongyang

La strategia americana contro le minacce della Corea del Nord come standard per le tensioni future

L'escalation delle tensioni nella penisola coreana e delle pressioni esercitate dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU ad un paese già stremato e paralizzato dalle sanzioni economiche per via di un regime poco lungimirante che vede nell'acquisizione di un ordigno nucleare la sua massima ambizione, stanno avendo molto risalto mediatico nelle ultime settimane.

Da giorni, infatti, la Corea del Nord minaccia un conflitto nucleare contro la vicina Corea del Sud e gli Stati Uniti.

Sebbene le dichiarazioni del leader Kim Jong-Un siano bellicose, nutro seri dubbi riguardo l'effettivo uso della bomba atomica per vari motivi.

Il primo riguarda l'effetiva voglia di suicidare una nazione: il prezzo da pagare per l'uso dell'ordigno equivale all'intervento internazionale atto a disintegrare il regime in carica.

Secondo, colpire la Corea del Sud sarebbe controproducente per motivi geografici: un bersaglio così vicino comporterebbe prendersi parte degli effetti sia diretti che indiretti di un'esplosione atomica.

Terzo: non è così scontato che la bomba riesca a raggiungere le basi statunitensi nelle Hawaii e Guam e, se il missile che la trasporta coprisse la giusta distanza, sarebbe comunque preciso nel colpire l'obiettivo?

La lista potrebbe continuare, ma preferisco focalizzare l'attenzione sul perché effettivamente c'è tanto clamore sulla vicenda.

Al di là dell'effettivo focolare di tensione che rischia ancora una volta di fare molti morti, ciò che m'interessa è come gli Stati Uniti affrontano la questione.

La Corea del Nord non è l'unico attore con ambizioni nucleari: si parla molto di Iran, si parlerà in futuro di Indonesia, Myanmar, Arabia Saudita, Vietnam, Brasile ed Argentina.

Gli eventi di questi giorni sono interessanti perché mostreranno quello che potrebbe essere l'atteggiamento futuro degli Stati Uniti ogni qual volta uno Stato minacci direttamente il paese.

Le sanzioni economiche e gli embarghi fin'ora non hanno scoraggiato gli stati che vogliono e stanno sviluppando un arsenale, soprattutto se alla guida di questi paesi ci sono regimi dittatoriali: è forse per questo motivo che gli Stati Uniti hanno preso con molta serietà le minacce, mantenendo lo slogan del “non trattiamo con i terroristi”.

La risposta pressoché immediata è stata la mobilitazione di due bombardieri B-2 Spirit (singolarmente valgono 3 miliardi di dollari, ad un costo di 135.000$ per ora di volo più manutenzione), esagerata rispetto all'effettiva minaccia ma retoricamente efficace nel far comprendere fino a che punto gli Stati Uniti son disposti a spendere per dimostrare l'intransigenza nei confronti dei rogue states, gli stati canaglia.

Detto questo, ritengo che un conflitto nord-sud con armamenti convenzionali sia altamente probabile: Kim Jong-un si è spinto più in là di quanto possa concedere la semplice retorica dei giochi di forza, inoltre la neo eletta leader della Corea del Sud si è mostrata più dura rispetto al precedente governo.

È chiaro che se Pyongyang dovesse muoversi per primo, il supremo leader ha o sta discutendo una exit-strategy per mantenere il potere o per ottenere protezione da qualche parte del globo.

Cina?

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