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Spieghiamo a Berlusconi che democrazia significa governare e non illudere il “suo popolo”

In questi giorni concitati che si apprestano a sancire una crisi di governo, il Presidente del Consiglio sentendosi franare la terra del potere sotto i piedi, continua a ripetere come un mantra che qualora fosse designato al posto del suo, un governo tecnico, verrebbe tradita la volontà popolare. Avrebbe anche aggiunto secondo ricostruzioni giornalistiche che qualora il Capo dello Stato non indicesse nuove elezioni, sarebbe pronto alla guerra civile, pur di ottenerle.

Avendo, Berlusconi, una visione patologicamente distorta del potere e del fattore che lo sancisce: il corpo elettorale, pretende che il governo che gli è stato affidato alle elezioni del 2008 non venga messo in discussione nemmeno qualora parte di quei rappresentanti del “popolo” (a cui lui direttamente si rivolge) e cioè i deputati e i senatori della Repubblica, decidano di rivedere l’appoggio a lui e al suo governo.

 

Il popolo esercita le proprie prerogative votando ed eleggendo i propri rappresentanti. Il governo trae la propria legittimazione tramite la fiducia che gli concedono i due rami del parlamento. Se il potere esecutivo non riesce ad garantirsi una maggioranza politica e di voti all’interno della Camera dei Deputati e del Senato, deve rassegnare le proprie dimissioni. Qualora nei due rami del parlamento si formasse una maggioranza diversa da quella uscita dalle consultazioni elettorali il Capo dello stato può decidere di sciogliere le camere ed indire nuove elezioni oppure verificare la possibilità di un nuovo governo che abbia l’appoggio della nuova maggioranza.

Sono questi i passaggi elementari della vita democratica del nostro paese, che il Cavaliere non riesce ad accettare e che innescano le fibrillazioni di questi giorni.

Berlusconi pretende che i deputati e i senatori eletti nel 2008 tra le fila del PDL, siano fedeli a lui e al suo governo per tutto il corso della legislatura a prescindere da quello che succede ed è successo.

Un eletto del PDL deve essere aprioristicamente ed acriticamente a favore di questo governo. Anche se nel corso di questi due anni e mezzo il presidente del consiglio ha trasformato le sue residenze in case di appuntamenti, degradando e umiliando l’Italia, anche se l’emergenza rifiuti in Campania è stata risolta in maniera oscura e non completa, anche se il post-terremoto aquilano è stato gestito manipolando gli appalti, anche se sono state proposte ed imposte una miriade si leggi ad personam, anche se non si è fatto nulla per il sud del paese, anche se l’Italia è divenuta la passerella di despoti quale Gheddafi e Putin; un Deputato o un Senatore italiano che aveva accordato la fiducia a questo governo su altri presupposti,secondo la logica berlusconiana, non potrebbe mai ritirare il proprio consenso al governo, perché questo significherebbe tradire la volontà popolare.

Noi pensiamo che il potenziale rifiuto di questi “Onorevoli” a sostenere il governo sia il sale della Democrazia.

Berlusconi immagina il proprio bacino elettorale come un blocco monolitico pronto a conferigli il proprio voto al di là del bene e del male. Non si rende conto che anche all’interno del suo elettorato ci sono grandi fasce di insofferenza e di malcontento.

Il Cavaliere dovrebbe sempre ricordarsi che gli elettori votano soprattutto un progetto politico e non una persona. Sicuramente i suoi elettori si distinguono per varie sensibilità e si riconoscono nelle varie componenti del suo partito. Nel PDL, maggior partito italiano, convivono varie anime, tutte riconducibili a diverse famiglie politiche: quella ex Forza italia, quella ex An, quella socialista, quella laica, quella liberale, quella cattolica. Tra queste, alcune hanno marcato leggittimamente delle differenze con la gestione del governo. Questa divaricazione tra i vari gruppi del partito, non gestita dalle menti berlusconiane, ha portato alla crisi politica in atto.

Se i rappresentanti di questo malcontento, presente nel parlamento italiano così come nel paese e nel centro-destra italiano, continuassero ad appoggiare il governo per una distorta visione del vincolo elettorale, che non gli consente di cessare il rapporto di fiducia con il governo, giungeremmo ad una caricatura della democrazia.

Arriveremo all’odierno paradosso in cui i deputati e i senatori non dovrebbero rispondere più ai cittadini che li hanno eletti ma al presidente del Consiglio che li tiene sotto scacco e li ha nominati.

Nominati, in virtù di una legge elettorale che affida ai capi partito la possibilità di scegliere i futuri parlamentari. Tutto ciò avviene secondo un’ottica errata, in cui il capo del governo ha un rapporto priveleggiato con il “suo popolo” senza che ci sia quella indispensabile mediazione che esiste in tutte le democazie tra potere esecutivo, assemblee elettive e corpo elettorale.

Il Parlamento dovrebbe essere quell’organo che riproduce in scala, le sensibilità del paese, media tra vari interessi in campo, assume decisioni non nell’interesse personale o di una fazione ma sempre nell’ottica del bene nazionale. Il suo ruolo non può essere sminuito e non può diventare espressione di una sola volontà politica, seppur essa di maggioranza.

E’ pericolosa la continua invocazione al popolo attuata da Silvio Berlusconi. Il popolo concede e toglie la fiducia ai governi, ma se questo processo non avviene attraverso la leggittima mediazione dei sui rappresentanti che siedono in parlamento, si possono avere risvolti molto spiacevoli.

Un giorno il popolo illuso da efficaci slogan mediatici, dalla propaganda di regime e dalle continue promesse, acclama il proprio leader, ed è pronto a difenderlo a qualsiasi prezzo; il giorno, il mese o il lustro dopo, la stessa massa di persone che non vede appagate tutte le promesse che gli erano state elargite, è disposto a riprendersi la propria sovranità, anche attraveso l’uso della forza è della violenza. E’ questo, quello che è accaduto in Italia e all’estero, quando un leader soltanto, ha voluto costruirsi un rapporto privilegiato e senza mediazioni con il “suo popolo”. E’ questo che avevamo pensato fosse soltanto un ricordo del passato, ed invece in Italia sta accadendo, sotto forme aggiornate, di nuovo.

Le nazioni più avanzate dell’occidente democratico, concentrano i propri sforzi per affermare un sempre più forte equilibrio tra i vari poteri dello stato. La nostra sorte invece è legata al destino di un solo uomo, che agisce in sfregio a tutte le autorità di garanzia che la nostra Costituzione prevede.

Per questo se alcune forze responsabili, democraticamente elette ed espressione di ampi segmenti della società, forse oggi maggioranza nel paese, mirano ad creare un nuovo governo,alternativo a quello attuale, che ridia dignità alla legge elettorale e affronti alcuni spinosi nodi economici, è leggittimo che accada, e Berusconi non può definire ciò sovvertimento della volontà popolare.

Capiamo la frustazione degli elettori berlusconiani, che riponevano nel loro leader ed in questo governo moltissime aspettative, ma anche essi si devono rendere conto che la spinta propulsiva che animava la loro iniziativa politica è andata via via scemando, lasciando delle speranze iniziali un triste simulacro. La missione di Berlusconi è stata quella, dopo tangentopoli, di contrappore alla “gioiosa macchina da guerra” messa in piedi da Achille Occhetto, un blocco politico che fosse alternativo alla sinistra. Sedici anni dopo quella stagione, la figura berlusconiana è sbiadita e senza alcun orizzonte ideale e politico. Anche il “suo popolo” dovrebbe incominciare a chiedersi se non sia il tempo di individuare una rinnovata classe dirigente che sappia aprire una nuova fase politica che dia nuovo slancio all’intero sistema.

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