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Sono stato a Piazza Navona

Sono stato a Piazza Navona. E come potevo mancare!!! Dovevo vedere "de visu" il nuovo popolo rosso che "uniti hanno su la testa ". Ma sopratutto speravo, credevo che i nuovi vecchi leader del sempre presente popolo rosso parlassero si di nuove prospettive, si di nuove unità, ma anche di quale esperienze mai più avrebbero ripetuto .

L’inizio stenta ad ingranare. Stancamente si muovono nella bellissima Piazza Navona anche sotto un cielo plumbeo, ma con in un clima caldo, si muovono i giovani che provengono dalla Campania. Li sento prima ancora di vederli in mezzo alle tante lingue e dialetti che si odono a piazza Navona. Parole strascinate, urlate più che parlate come solo le ugole meridionali sanno fare. Sono giovani che ostentano il loro appartenere al popolo rosso, orgogliosi di essere comunisti. Lo portano scritto sulle loro magliette, lo ostentano indossando a mò di scialli bandiere col nuovo simbolo sotto il quale si stringono contro la recente diaspora comunista.

I gazebo comunisti sono ai margini della piazza, quasi ritegnosi per non invadere troppo lo spazio degli artisti di strada. Ma piano piano la piazza si riempie. Sul palco gli " scia scia prova...1...2....3" son terminati. Le bande e le orchestre han provato i loro strumenti, la voce solista ha emesso i suoi gorgheggi di test e si appresta a lasciare il palco. La brava presentatrice entra in scena, sciorina il suo copione, ma il popolo rosso vuol ascoltare "parole di sinistra" , forse "nuove parole di sinistra" è ansiosa, scalpitante, irremovibile nello sventolare bandiere con nuovo vecchio simbolo della mitica falce e martello e stella a cinque punte. I giovani e giovanissimi sono tanti, ma altrettanto è la "vecchia guardia", i capelli bianchi, i volti rugosi reduci, forse, di tanti anni in fabbrica o in officina, come ricorda la musica retrò che diffondono dal palco. Poi il coro liberatorio .

E’ la piazza che accoglie al canto di bandiera rossa e poi dell’Internazionale, e poi ancora di bandiera rossa, e poi mezza piazza canta bandiera rossa e mezza l’internazionale , i pugni sono levati e in qualcuno noto gli occhi lucidi di nostalgia o forse di orgoglio. Non so non riesco a distinguere , mi sforzo per non essere coinvolto. Poi il rap travolgente, un pò irriverente , quello di "curre curre guagliò" , la figura ingombrante di Zulù riempie la piazza. E poi il canto, ancora i canti e i balli sembra una festa , una festa dell’Unità. Passano quasi inosservate le parole del nuovo arrivato Cesare Salvi, dei leader della sinistra europea, ancora troppo retrò i richiami comunisti, questi si vetero comunisti alla terza internazionale del leader del PC spagnolo.

L’interesse si scalda con l’arrivo del vecchio partigiano che ci ricorda che il 25 Aprile è vicino e che la resistenza fu comunista, e la piazza ne è sicuro, se fosse stata in quei tempi sarebbe stata tutta fra i partigiani, sui monti a combattere. Diliberto scalda piazza, il suo nome viene scandito, battute di amicizia con Paolo, scambio di baci e abbracci. Poi arriva lui il Paolo Ferrero. Anche lui rivendica la storia, rivendica il presente di coloro che praticano il comunismo nei luoghi terremotati attraverso le "Brigate di solidarietà attiva", è fiducioso per il futuro di una Sinistra Europea comunista. Le sue parole mi scaldano, sono sotto il palco e quando lui fa riferimento alle prospettive con il PD gli urlo "mai più con questo PD!!!" , lui mi guarda e mi risponde che si questa potrebbe essere una risposta, ma lui è più moderato e svirgola.

Nessun riferimento agli errori del passato, nessuna seria presa di coscienza degli errori del passato degli enormi danni fatti da entrambi gli attuali leader. Il recente passato è stato solo una parentesi, e la situazione è precipitata per l’avanzata della cultura della destra, alla sola caduta dal cielo di questa ventata di cultura di destra. Sono deluso e sfiduciato, loro si abbracciano, i tre moschettieri della rinascita si stringono attorno al nuovo simbolo. La piazza si accalora, si abbraccia e saltano all’unisono. Io mi accontento di ascoltare la musica dei ricordi, della nostalgia, della mia terra natia, i canti ed i balli della Tarantolata, le movenze, i tocchi ed i simbolici passi di danza fra ballerini e ballerine con i loro vestiti tradizionali ed una voce squillante e penetrante che solo le donne pugliesi e salentine hanno. Ritorno a casa con le mie foto scattate e pensieroso. Chi sa se pioverà, sono con lo scooter e non ho con me nemmeno uno straccio per ripararmi.....

Commenti all'articolo

  • Di franca (---.---.---.45) 22 aprile 2009 23:25

    Caro Zag, non si può vivere di nostalgia!
    Dobbiamo pensare ai nostri figli, che cosa gli lasceremo ?
    Questa dx sta sfasciando il nostro Paese e sinceramente non so + a chi dare il mio voto.
    Basta con tutte queste divisioni, tre leader sopra un palco sotto un’unica bandiera mi sembrano veramente tanti, ci vogliono i giovani - basta Ferrero, Salvi, Diliberto, etc etc, sempre pronti a "personalizzare" il partito.
    Siamo di sinistra ma la vogliamo UNITA ! - spezzettati si perde !

    • Di Zag(c) (---.---.---.155) 23 aprile 2009 14:05

      Si certo , hai ragione. Tre leader sono troppi!! Ma mi viene in mente, al contempo, quando ve n’era uno solo, il leader maximo. Quante sciagure ci ha portato!!!. Ha fatto più danni lui , alla sinistra mondiale, che tutte le destre e i fascismi in mille anni!!!!. E allora?? Allora quello che manca è il leaderismo della base. Il continuo delegare, spogliarsi delle assunzioni di responsabilità, il rinunciare a prendere in mano il prorprio destino , il farsi protagonisti del proprio avvenire. In fondo , il DNA del popolo di sinistra , fra le altre cose, è proprio quello di essere politici , di fare politica, sempre, comunque, in ogni dove, in ogni momento. Noi invece abbiamo rinunciato, sfiduciati, abbiamo preferito delegare, far fare agli altri, poi però sempre pronti a indicare il colpevole con il dito puntato. La sinistra la vogliamo UNITA si ma dobbiamo essere uniti noi con il nostro comportamento e con il nostro impegno quotidiano. Nussino mai ci darà il nostro destino se non ce lo prendiamo noi con le nostre forze, con la nostra partecipazione.
      Zag(c)

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