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Sì all’euro, no alla Germania

Sempre più spesso, nel nostro Paese, si diffonde un’avversione totale nei confronti dell’euro, come se l’unione monetaria europea,con l’introduzione della valuta unica, appunto l’euro, fosse la causa di tutta una serie di problemi economici che hanno contraddistinto e contraddistinguono l’Italia.

C’è chi sostiene, addirittura, che la causa principale dell’attuale crisi economica sia individuabile nell’adozione dell’euro. E pertanto molti ritengono che, con l’abbandono dell’euro, e il conseguente ritorno al passato, potrebbe migliorare sensibilmente la situazione economica italiana. Io ritengo invece che tali valutazioni siano completamente sbagliate.

E’ vero che l’introduzione dell’euro comportò, “una tantum”, un certo aumento dei prezzi, causato dagli insufficienti controlli volti ad evitare che si realizzassero manovre speculative. Ma, con l’introduzione dell’euro, l’Italia ha goduto di una stabilità valutaria che in precedenza non aveva mai avuto.

In passato, frequentemente, la lira fu soggetta a forti riduzioni del proprio valore che, sì, favorirono le esportazioni, e quindi le imprese esportatrici, ma che determinarono altresì il verificarsi di tassi di inflazione anche molto elevati, con conseguente forte diminuzione del valore reale del reddito, del potere d’acquisto del reddito, di ampie componenti della società italiana, soprattutto di coloro che non erano in grado di accrescere rapidamente le proprie remunerazioni all’aumentare dei prezzi.

Con l’uscita dall’euro pertanto si ritornerebbe ad un’inflazione a doppia cifra, ma non solo: si verificherebbe l’immediato disallineamento degli spread, il default almeno parziale del nostro debito pubblico, il congelamento dei crediti alle aziende più indebitate ed internazionalizzate, l’esplosione dei costi energetici.

Quindi l’eventuale abbandono dell’euro non solo non provocherebbe un miglioramento della situazione economica italiana, ma determinerebbe, invece, un suo considerevole peggioramento. E allora? L’Unione europea, così come è stata concepita fino ad ora, è stata neutrale quanto agli effetti esercitati sulla nostra economia? Non ha provocato effetti negativi? Non è nemmeno così.

La politica economica attuata dai governi dei paesi europei, determinata in gran parte dalle decisioni dell’Unione europea, tendenti ad affrontare la crisi, ha contribuito ad aggravare la crisi stessa, le cui cause principali peraltro hanno un’origine internazionale, connesse alle caratteristiche del sistema finanziario. E queste decisioni dell’Unione europea, che hanno considerevolmente influenzato le politiche economiche dei vari paesi, sono state, a loro volta, influenzate pesantemente dalle autorità di governo della Germania, di gran lunga la nazione più forte economicamente e politicamente nell’ambito dell’Unione.

Più precisamente sono state imposte dalla Germania politiche economiche caratterizzate da un eccessivo rigore. Un’eccessiva enfasi è stata attribuita alla necessità di ridurre i deficit e i debiti pubblici. Gli Stati Uniti d’America invece hanno attuato politiche economiche diverse e gli effetti, positivi, sulla crisi, si sono visti. Certo era ed è necessario ridurre i deficit e i debiti delle pubbliche amministrazioni ma non nella misura richiesta dall’Unione europea.

I diversi paesi avrebbero dovuto attuare politiche economiche, fiscali soprattutto, più espansive o comunque meno restrittive, nel caso in queste ultime fossero indispensabili. La politica monetaria portata avanti dalla Banca centrale europea è stata sufficientemente espansiva, ma in certi periodi lo doveva essere ancora di più. Comunque il problema principale è stato rappresentato dalle politiche fiscali eccessivamente restrittive imposte, soprattutto, dagli orientamenti prevalenti in Germania.

Tali politiche economiche dovevano essere sì accompagnate dalle cosiddette riforme strutturali, le quali erano e sono necessarie in diversi paesi europei. Quindi dovevano essere promosse anche le cosiddette politiche dell’offerta, ma dovevano essere realizzate anche politiche della domanda, espansive o comunque non fortemente restrittive, come invece si è verificato. In conclusione era necessario, e lo è ancora, non essere così influenzati, negativamente, dalla Germania.

L’euro non c’entrava e non c’entra nulla.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.102) 18 febbraio 2014 11:24

    Egregio Dott. Borrello,


    ho paura che sia fuori strada riguardo il suo giudizio sull’euro.
    D’altronde, la disinformazione della propaganda eurista ha colpito per anni proprio i laureati, traendo in inganno, paradossalmente, soprattutto quelli laureati in economia. Quindi la capisco.

    "Con l’uscita dall’euro pertanto si ritornerebbe ad un’inflazione a doppia cifra"

    Saprebbe dirmi su cosa basa questa sua affermazione? La svalutazione ipotetica della lira, qualunque dovesse essere (comunque non certo il 50%) non porterebbe mai ad un’inflazione dello stesso livello. Ci sono diversi casi, anche recenti, a supporto di questa affermazione. Ad esempio, nel 1993, un anno dopo essere usciti dallo SME l’inflazione italiana (che non era certo a due cifre) diminuì.

    "La politica economica attuata dai governi dei paesi europei, determinata in gran parte dalle decisioni dell’Unione europea, tendenti ad affrontare la crisi, ha contribuito ad aggravare la crisi stessa"

    Le politiche di austerity sono propolitiche. La loro funzione era quella di riportare in pareggio il saldo delle partite correnti dei paesi periferici. Funzionano così: creano disoccupazione per diminuire i consumi e quindi anche le importazioni. In Italia hanno perfettamente centrato l’obiettivo.

    Se ha tempo e voglia, le consiglio di leggere il libro di Alberto Bagnai, "Il tramonto dell’euro".
    Può anche dare un’occhiata a questo breve video riassuntivo ma non esaustivo di 20 minuti:

    Cordiali saluti.


    • Di (---.---.---.58) 18 febbraio 2014 16:01

      Comunque, bisognerebbe anzitutto accertare la buonafede dell’autore dell’articolo, tutta da dimostrare. E’ infatti il solito compitino, letto ormai decine e decine di volte, in cui l’economista della situazione ci spiega perchè l’Euro, che ci ha protetto all’inizio, ha finito per strangolarci.

      La colpa è della Merkel e dei cattivi tedeschi, coadiuvati e sostenuti da una cricca di politicanti ed economisti nostrani che non hanno saputo cogliere il frutto buono dalla cesta.
      E mai una parola su come uscire ora da questa situazione! L’unica cosa su cui sono sempre d’accordo questi signori, è che bisogna resistere e stare fermi, per non fare il gioco del nemico.

      1. Un economista e’ un esperto che sapra’ domani perche’ le cose che aveva predetto ieri non si sono avverate oggi. (Laurence J. Peter)

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