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Se fallisce Monti fallisce l’Italia

Se fallisse il governo Monti, che ha dalla sua parte i tre maggiori partiti italiani - il PDL, il PD ed il nascituro Partito della Nazione (UDC, FLI, API), il Presidente della Repubblica, l’opinione pubblica, l’establishment industriale e finanziario e la totalità delle cancellerie estere - vorrebbe dire che le possibilità che l’italia in futuro riformi se stessa sarebbero pari a zero.

Se nemmeno un governo forte ed autorevole come quello attuale riesce a scalfire i malfunzionamenti cronici del sistema italiano vuol dire che qualcosa di perverso e dannoso domina la nostra società. Eppure le cose sembra che stiano andando proprio in questa direzione. Il provvedimento sulle liberalizzazioni che doveva sbloccare la concorrenza ed il merito in molti campi oppressi da lobby ed ordini professionali viene svuotato proporzionalmente ai giorni che rimane in Parlamento. La riforma del mercato del lavoro che (nelle intenzioni) dovrebbe rivedere le forme contrattuali e la flessibilità (sia in entrata che in uscita) è impantanata in un poco costruttivo dialogo con le parti sociali.

Mentre il governo cerca di portare a segno qualche risultato, le forze politiche discutono al loro interno, si dividono, si provocano a vicenda nel solito balletto che ha fatto dell’inconcludenza l’unico elemento che li accomuna.

L’anno e mezzo “sabatico” che la politica si è data per ripensare sé stessa affidando il governo del paese ai “professori” dovrebbe essere sfruttato dai partiti per riformare lo Stato partendo dalla legge elettorale, ma molto probabilmente anche questa aspettativa verrà delusa.

Crediamo veramente che nel 2103 un nuovo governo PDL-Lega, PDL-UD, PD-Terzo Polo, o PD-sinistra radicale, oppure tutte le altre combinazioni possibili possa concludere qualcosa? Non scherziamo.

Se il governo Monti non riuscisse nella sua duplice missione di risanare i conti pubblici e rilanciare la crescita spostando il baricentro dello stato dai vecchi apparati alle nuove generazioni, vorrebbe dire che con lui ha fallito l’Italia. Difficilmente infatti le condizioni necessarie affinché un cambiamento sostanziale avvenga veramente, si potrebbero verificare nuovamente. 

A quel punto bisognerebbe dare per una volta ragione all’indifendibile Silvio Berlusconi. Il Cavaliere ha sempre sostenuto come l’Italia per l’inefficacia della sua architettura istituzionale sia ingovernabile. L’ex presidente del consiglio per noi non era solo vittima ma anche fautore dell’ingovernabilità perché in tale sistema (che purtroppo è ancora attualissmo) era libero di coltivare i propri interessi. Una cosa resta certa però se nemmeno un governo sostenuto da (quasi) tutto il paese e da (quasi) tutto il parlamento riesce a riformare qualcosa vuol dire che un fondo di verità in quello che dice Berlusconi esiste. Il problema non risiede soltanto nella "casta" che siede in parlamento, ma anche in tutte quelle corporazioni meno note ma sempre presenti ad ogni cambio di stagione, che condizionano e vincolano il governo, la Camera, il Senato e quindi gli italiani stessi.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.136) 25 febbraio 2012 06:43

    Le cose bisogna farle e basta!! BERLUSCONI HA FALLITO e dimostrato la sua inettitudine.

    MOMTI....vedremo al momento ha aumentato le tasse e basta.
    un po di fumus sull lotta fiscale ....

    poi se la sta prendendo ancora con i deboli (cedendo con i pochi piu’ potenti tassisti ,farmacisti,avvocati,...) ,vedi articolo 18....e adesso vediamo cosa combina, se fara’ una riforma insensata solo basata sull’ annullamento dell art 18 allora perdera’ ogni appoggio sociale e cadra’.

    per cambiare questo paese dopo un ventennio di cultura conservatrice ’de destra’esaltatrice del danaro fine a sestesso dell individualismo e malaffare, si puo evolvere solo con qualche legislatura piu’ di sinistra,vera, che esalti il senso colletivo nazionale, di eguali opportunita e equa redistribuzione reddituale.

  • Di (---.---.---.62) 19 marzo 2012 09:58

    Bisognerebbe mettere un tetto di "massimo guadagno", ovvero fare cappello sugli stipendi pubblici e privati di AD di CDA e manager, e ovviamente onorevoli, senatori, parlamentari e politici.. direi che 360.000,00 euro pulite (tanto per capirci sono 30.000,00 euro mensili, io ne prendo 15.000 annuali) all’anno permettono a chiunque di tenere un tenore di vita più che decoroso.. e l’avanzo? 


    Lo si da in primis ad una cassa eccezionale per portare lo stipendio netto minimo a 1000,00 euro mensili, ed il resto alla popolazione sottoforma di erogazione servizi sotto un organo di controllo e trasparenza. 

    Nel giro di vent’anni dovremmo tornare veramente in pari!

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