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Se Cristo guardasse in Tv Welby ed Englaro si indignerebbe meno dei Vescovi italiani. E li perdonerebbe

Dopo la partecipazione di Mina Welby e Beppino Englaro alla trasmissione di Fabio Fazio e di Roberto Saviano “Vieni via con me” sono fioccate le critiche da parte dell’Avvenire, quotidiano della Conferenza episcopale italiana.
Lucia Bellaspiga ha scritto: “La Rai di Fabio Fazio è (o dovrebbe essere) servizio pubblico, anche la sua è pagata da tutti gli italiani (almeno quelli che versano il canone), eppure l’uso che ne fa, in compagnia dei suoi ospiti, è di un salotto privato dal quale diffondere e inculcare quelli che ritiene ’valori’ e ’principi di civiltà (è suo diritto), ma che per la gran parte degli italiani sono disvalori gravissimi (e tener conto di questo è invece suo preciso dovere)’’. Per Avvenire, ’’la tribuna l’ha quindi concessa, senza contraddittorio alcuno, oltre che a Saviano anche a Beppino Englaro e a Mina Welby... Nessuno toglie loro il diritto di avere certezze e convinzioni, più o meno fondate, ma nessuno può nemmeno imporle a noi come fossero Vangelo, eppure questo è stato fatto ancora una volta ai milioni di telespettatori’’. A ’Vieni via con me’, aggiunge, ’’si gioca con le parole, si evita accuratamente di pronunciare il termine ’eutanasia’ (salvo invocarla in altre sedi e occasioni), la si sostituisce con ’principio di diritto sancito dalla Cassazione in seguito alla vicenda Englaro’.

Noi vorremo ricordare ai giornalisti dell’Avvenire e ai Vescovi italiani che si sono tanto indignati per le parole espresse da Welby ed Englaro che in Italia vige libertà di opinione. Sempre e comunque. La libertà deve essere completa o non ha senso. Ognuno deve poter esprimere le proprie convinzioni senza che qualcun altro ne limiti la portata e ne edulcori il significato.

E’ patetico che nel nostro paese qualsiasi forza, politica, partitocratica o religiosa che vuole limitare la libertà di espressione si trinceri dietro l’invocazione del pluralismo dell’informazione.

Pluralismo vuol dire: far sì che ogni idea venga espressa. Almeno per un minuto nel palinsesto televisivo. Pluralismo non deve necessariamente voler dire: annacquare qualsiasi concetto in un mare magnum di dibattiti che non portano alla comprensione di nulla. Come accade nei frequenti talk show televisivi a cui per fortuna Fazio e Saviano non si sono ispirati.

La pretesa dell’annientamento della soggettività del conduttore televisivo che nelle proprie trasmissioni dovrebbe ospitare tutto e contrario di tutto, tesi ed antitesi, fornendo contemporaneamente un opinione ed il suo opposto è una speranza o un'illusione. Velleitaria quanto irraggiungibile.

Un vero pluralismo si ottiene innanzitutto non censurando le idee di nessuno. In secondo luogo mandando in onda trasmissioni televisive che approfondiscano i vari argomenti secondo differenti punti di vista. Quello laico, quello cattolico, quello di destra, di centro, o di sinistra. Quello più vicino e quello più lontano da noi.

Il confronto chiaro di visioni differenti a volte contrastanti, può aiutare un telespettatore (a cui spetta fare la sintesi) ad orientarsi tra i problemi più spinosi che ci squaderna il nostro tempo.

I giornalisti dell’Avvenire però, a differenza dei nove milioni di italiani che forse solo per curiosità hanno seguito la trasmissione di Fazio con interesse, si sono indignati. Invece di farlo, avrebbero potuto cambiare canale e rispettare educatamente l’esposizione di opinioni diverse, come si fa tra soggetti civili. Ciascuno accettando le prerogative altrui.

Ogni cittadino italiano ateo o veramente laico, quando accende la televisione la domenica e si imbatte nella Santa Messa, o in Monsignor Ravasi che spiega il Vangelo, non invoca il pluralismo dell’informazione, non esige che ci sia un contradditorio o un dibattito. Lo accetta e basta

Non chiede che il prete si confronti con l’imam. Non chiede che il Cristiano si confronti con il mussulmano o il buddhista.

Non lo chiede perché ogni cittadino civilmente maturo sa che dietro ogni pensiero c’è una storia, una cultura, nel caso di Welby ed Englaro anche dolore e disperazione che devono essere ascoltati e rispettati. Il laico ascolta ed accetta il credente. Il credente dovrebbe ascoltare ed accettare il laico.

La Chiesa ed i Vescovi italiani sembrano invece aver paura ad ascoltare. Temono sopratutto che la gente si faccia un opinione. Temono che la gente ascolti chi, per loro, è contro la vita.

Mina Welby e Beppino Englaro per l’Avvenire e i Vescovi Italiani sono contro la vita.

Secondo noi Cristo avrebbe sicuramente ascoltato entrambi e non li avrebbe mai lasciati soli. Secondo noi, Cristo li avrebbe considerati fautori di vita e non di morte.

Beppino Englaro e Mina Welby si sono battuti affinché i propri cari, rispettivamente la figlia e il marito, non fossero tenuti in vita da macchinari, indispensabili per la loro sopravvivenza (nel caso di Eluna Englaro in stato vegetativo) ma perché la vita facesse il suo corso naturale. Eluana Englaro si è spenta il 9 febbraio 2009, per volontà del padre il quale, ricostruendo i desideri della propria figlia quando era ancora cosciente, ha deciso di interrompere l'alimentazione artificiale. Pier Giorgio Welby invece ha fatto sì che il suo respiratore fosse staccato ed ha determinato la propria morte il 20 dicembre 2006. I Funerali cattolici che aveva chiesto non furono concessi. Il Vicariato di Roma scrisse:

«In merito alla richiesta di esequie ecclesiastiche per il defunto Dott. Piergiorgio Welby, il Vicariato di Roma precisa di non aver potuto concedere tali esequie perché, a differenza dai casi di suicidio nei quali si presume la mancanza delle condizioni di piena avvertenza e deliberato consenso, era nota, in quanto ripetutamente e pubblicamente affermata, la volontà del Dott. Welby di porre fine alla propria vita, ciò che contrasta con la dottrina cattolica (vedi il Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2276-2283; 2324-2325)»

Sarebbe questo quello che Cristo prescrive? Sarebbe questo il suo amore e il suo perdono?

O forse è la Chiesa che ha smarrito Cristo, per un eccesso di ortodossia?

Per i Vescovi italiani provocare la morte di Eluana e di Piergiorgio sarebbe andare contro la natura e contro gli insegnamenti del Vangelo.

Per il clero, la via del dolore inumano, e l’accanimento terapeutico delle cure sono da preferire al decorso naturale delle cose. L’uomo deve essere inchiodato in terra anche contro la propria volontà, non può scegliere spontaneamente di raggiungere la casa del Padre secondo i tempi che detta il naturale accadere degli eventi.

Noi siamo sicuri che le Sacre scritture potrebbero essere lette ed interpretare in maniera opposta a quello che oggi prescrive la dottrina della chiesa. Noi siamo sicuri che Cristo sarebbe contro questa lettura univoca e superficiale del concetto di indisponibilità della vita.

Come fa un cristiano il quale crede che la morte sia una porta verso un'altra vita, ad accettare che questa porta rimanga chiusa a lungo, più del dovuto, anche violando la volontà di chi legittimamente possiede la chiave per schiuderla?                                          

Noi pensiamo che sono due i beni di cui Dio ci ha fatto dono: uno è la vita e l’altro è la libertà, uno presuppone l’altro.

Sarebbe troppo crudele un dio che mi desse la vita, e allo stesso tempo la malattia che me ne priva, e subito dopo i macchinari che mi tengono in sospeso, senza concedermi la facoltà di scegliere quello che mi spetta e quando dire basta. 

Dio mi concede una via per andarmene e una per rimanere, in fondo mi fornisce della coscienza di una libera scelta.

Ho incominciato da laico, ho finito da credente. Anche in me albergano due anime che sono in conflitto tra loro ma si devono ascoltare. L’unico errore che si potrebbe commettere in questo delicatissimo gioco è ammutolire chi la pensa diversamente o annacquare il tutto in una mare caotico di pluralismo, come qualcuno sovente ci consiglia di fare.

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