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Scuola, uno sciopero sbagliato

Il recente sciopero al quale hanno partecipato molti lavoratori delle scuole italiane, per protestare contro il disegno di legge di riforma presentato dal governo, è stato anche oggetto di critiche, espresse soprattutto da esponenti della maggioranza che sostiene il governo, ma non solo.

E io credo che almeno una parte di queste critiche siano più che giustificate. Non c’è dubbio che il disegno di legge potrà essere modificato.

Ma non credo che debba essere snaturato. Ma io sono convinto che una parte consistente di quanti hanno scioperato lo abbiano fatto solo per difendere interessi corporativi.

Infatti accrescere i poteri dei dirigenti scolastici, una volta chiamati presidi, attribuire maggiore importanza al merito, nel determinare le retribuzioni degli insegnanti, aumentare l’autonomia degli istituti scolastici, sviluppare i rapporti con il sistema imprenditoriale, anche favorendo la cosiddetta alternanza scuola-lavoro, sono tutti principi molto importanti e da valutare positivamente.

 

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Sono principi che se ben applicati potrebbero migliorare considerevolmente la situazione attuale della scuola italiana. Ma, quanto meno una parte di questi principi, mettono in discussione interessi consolidati, soprattutto di molti insegnanti, Di qui il più importante motivo alla base della protesta.

E pensare che nel disegno di legge di riforma comunque venivano mantenuti gli scatti di anzianità: cioè una parte degli aumenti retributivi del personale scolastico continueranno ad essere corrisposti automaticamente con il crescere dell’anzianità lavorativa.

Un’anomalia fra i dipendenti pubblici i quali, tranne coloro che lavorano appunto nelle scuole, da molti anni ormai non godono più degli scatti di anzianità.

Pertanto mi sembrano valide e condivisibili alcune dichiarazioni, sull’attuale situazione della scuola italiana, rilasciate da Paola Mastrocola, scrittrice ed insegnante di liceo scientifico, in un’intervista a “Il Mattino”.

Paola Mastrocola ha, tra l’altro, affermato: “Mi auguro che questa sia davvero l’ultima sanatoria e che si torni ad assumere giovani insegnanti preparati e qualificati. Affermando finalmente una parola finora sconosciuta: il merito”.

“Abbiamo insegnanti che cambiano continuamente scuole. Poi arriva un supplente bravo e un preside non può neanche trattenerlo. In una cattiva scuola, le famiglie fuggono e non iscrivono i propri figli; una buona scuola invece crea un modello, allarga una sana competizione e innanzitutto afferma il merito”.

“Su questo il sindacato dovrebbe fare sentire la sua voce. La verità è molto triste: la scuola italiana sforna analfabeti, ragazzi che non sanno più pensare, apprendere e studiare. Una situazione causata da tante cose, a partire dalla scarsa qualità degli insegnanti e dei metodi di apprendimento.

Io sono del 1956, ma quando ho finito la terza media sapevo tradurre dal latino e leggere Dante e Tasso. Oggi mettiamo lavagne elettroniche, pc, ebook, ma dovremmo cercare di dare capacità cognitive e logiche agli studenti. Altrimenti sarà sempre peggio”.

E riferendosi al potere attribuito ai presidi per la scelta degli insegnanti ha rilevato:

“A condizione che non siano costretti a interpretare il loro ruolo come quello di un burocrate che firma e passa carte. In tutte le scuole esiste una voce corale, anonima. Tutti, dalle famiglie ai professori passando per gli alunni, sappiamo quali sono gli insegnanti più bravi. E allora, visto che giustamente abbiamo voluto tanto l’autonomia, utilizziamola: diamo ai presidi questa centralità nella valutazione. Alla luce del sole e con trasparenza”.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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