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Scuola nel caos: tornare in classe ai tempi del Coronavirus

 L’anno scolastico è iniziato ma non è ricominciato per tutti allo stesso modo. Solo in alcune regioni, la scuola ha riaperto il 14 settembre, mentre in ben sette regioni le scuole apriranno il 24 (settembre). Gli istituti scolastici che hanno scelto di dare il via alle lezioni anticipate, stanno però facendo i conti con la mancanza di insegnanti, personale ATA, aule, banchi monoposto ed in alcuni casi anche di mascherine e gel igienizzanti, necessari per il corretto espletamento delle attività didattiche e per mantenere le distanze di sicurezza tra un alunno e l’altro.

 Nonostante siano trascorsi ben sei mesi dalla chiusura delle scuole, gli istituti scolastici sono nel caos più totale. La mancanza del personale scolastico sta creando enormi problemi di organizzazione. Per quanto riguarda i docenti, ne mancano centinaia di migliaia, che aspettano di essere chiamati per la presa di servizio. A farne le spese sono gli alunni, soprattutto quelli disabili che in alcuni casi sono rimasti a casa. Le nuove graduatorie digitalizzate GPS, che hanno sostituito le collaudate graduatorie d’Istituto, si sono rivelate un azzardo poiché non c’erano i tempi tecnici necessari per la loro corretta attuazione.

 Il sistema informatico del Miur ha prodotto una miriade di errori nei punteggi e siccome non è stata data la possibilità di fare correzioni, numerosissimi docenti sono stati costretti a fare ricorso contro il Ministero e ad attuare numerose manifestazioni di protesta dinanzi agli Uffici Scolastici Territoriali delle singole regioni. Inoltre sono stati modificati, in maniera retroattiva, anche i punteggi dei docenti delle vecchie Graduatorie d’Istituto, sia per quanto riguarda i titoli di accesso sia per quanto riguarda i titoli di servizio.

 Il tutto a discapito dei docenti precari che oltre a vedersi decurtati i punteggi, si sono visti scavalcare in graduatoria da assegnisti delle università che pur non avendo mai messo piede in una classe si sono ritrovati con punteggi stratosferici. Molti di questi docenti precari rischiano così di perdere il loro posto di lavoro: sarebbe stato molto più semplice aggiornare le vecchie Graduatorie d’Istituto e confermare quando possibile i docenti precari sui posti dell’anno precedente, in modo da garantire agli alunni un minimo di continuità didattica.

 Ad ogni modo, il risultato di tutto questo caos è che migliaia sono gli istituti scolastici partiti con orario ridotto di 4 ore. Quest’anno su 84.808 assunzioni ne sono state fatte solo 24.400 ed i pensionamenti sono stati circa 39.700. La call veloce, a causa del vincolo quinquennale, ha rallentato ulteriormente l’assunzione di nuovi insegnanti. Un fallimento sotto tutti i punti di vista !!! Le cattedre scoperte sono arrivate ad oltre 200.000 ed altri 50.000 docenti sono necessari per garantire il distanziamento degli alunni.

 Stiamo parlando dei cosiddetti "docenti-Covid" che saranno costretti a firmare un contratto con clausola rescissoria che prevede il loro licenziamento in tronco e senza indennità di disoccupazione, in caso di nuovo lockdown. Per porre rimedio efficace alle numerose cattedre vacanti sarebbe bastato attuare una snella procedura per titoli e servizi, in accordo con la normativa europea n. 70 / 1999, per stabilizzare i docenti precari con 36 mesi e più di servizio, che da anni mandano avanti la scuola tra mille difficoltà, con stipendi tra i più bassi d’Europa e lavorando spesso in regioni distanti anche mille chilometri dalla loro terra di origine.

 Tali docenti sono utilizzati dallo Stato ogni anno con contratti a termine, anche senza abilitazione all’ insegna-mento: solo in questo modo si sarebbe potuta garantire la presenza, fin dal primo giorno, di tutti i docenti necessari all’espletamento delle normali attività didattiche e, soprattutto, sarebbe stato possibile garantire ad alunni e alle loro famiglie la tanto agognata continuità didattica, ancor più importante in tempi così difficili come quelli del Coronavirus. Per quanto riguarda il personale ATA, invece, basti pensare, ad esempio, alla necessità dei bidelli durante la mensa scolastica. In una scuola su due o tre piani ne serve uno ad ogni piano per poter vigilare sul rispetto delle norme igieniche da parte degli alunni e per igienizzare i servizi dopo l’uso di ogni bambino.

 Ai problemi di organico, si aggiungono i problemi della sicurezza del personale scolastico e degli alunni. In effetti, invece di assumere nuovi insegnanti e di intervenire sull’edilizia scolastica, attraverso la ristrutturazione di edifici scolastici spesso fatiscenti e pericolanti e alla creazione di nuovi spazi didattici, al Ministero si è deciso di optare per l’acquisto di banchi a rotelle interamente in plastica, volti a sostituire i tradizionali banchi in legno.

 Ci troviamo davanti a dei banchi non conformi alle normative di sicurezza europee e che a detta di molti esperti ortopedici sarebbero addirittura deleteri per la schiena e la corretta postura degli alunni. Inoltre avendo un piano d’appoggio estremamente ridotto, sono in molti casi inadeguati all’espletamento delle normali attività didattiche. Tutt’oggi non ci è dato sapere se tali banchi siano stati sottoposti alle prove di laboratorio necessarie per essere impiegati nelle scuole, tra le quali quelle di stabilità, di resistenza, di durata e d’urto.

 In caso di emergenza (evento sismico o incendio), data la loro mobilità, potrebbero creare problemi per una rapida evacuazione, andando ad intasare le vie di fuga verso l’uscita di piano. Inoltre, in caso di evento sismico o incendio, gli studenti con i banchi tradizionali in legno potevano ripararsi sotto da eventuali cadute di calcinacci, mentre con questi nuovi banchi non si riesce a comprendere come alunni e docenti si dovranno comportare. Inoltre, queste sedute, essendo fatte interamente in plastica, non rispondono ai requisiti obbligatori CAM, i Criteri Ambientali Minimi.

 Un aspetto preoccupante è lo scarico di responsabilità sui Dirigenti Scolastci in quanto l’idoneità funzionale all’impiego “dovrà essere adeguatamente attestata dai responsabili degli istituti “. Inoltre, in alcune scuole sono stati gettati i banchi tradizionali ancora in buono stato prima che arrivassero “i più moderni” monoposto. Il risultato? Un enorme spreco !!! Ed alcune scuole sono rimaste senza banchi, con alunni che in alcuni casi hanno fatto lezione sulle sedie.

 Altre scuole, invece, che pure attendono i banchi monoposto, si stanno organizzando come meglio possono. C’è poi chi ha importato il cosiddetto “modello cubano”, ovvero uno studente seduto nella parte più lunga del banco e l’altro nel lato più corto, escamotage utilizzato a Cuba per mantenere la distanza di sicurezza. Secondo le stime dei presidi su un totale di 2.300.000 banchi, ne sarebbero stati consegnati appena l’8% del totale, cioè significa circa 200mila. Non si conoscono nemmeno i dettagli delle aziende fornitrici.

 Le lezioni avvengono nel frattempo con doppi turni e con didattica mista in classe ed a casa. I più fortunati fanno lezioni all’aperto, in giro per la città, nei parchi, bel tempo permettendo. Ma anche nei teatri, nelle parrocchie, nelle fiere, nei musei, nei moduli temporanei e persino in tende.. Insomma una falsa partenza da parte del ministero, che ha rifiutato sistematicamente il dialogo ed il confronto costruttivo sia con le opposizioni di governo che con tutte le parti sociali, arrivando a scontentare tutti: dirigenti scolastici, docenti, famiglie e alunni. Il disastro è sotto gli occhi di tutti, ma si continua a negare l’evidenza.

 

(Ringraziamo gentilmente a nome di Agora Vox Italia la dr.ssa Maria Pia di Leo e il dr. Nunzio Donadio per la loro cordiale disponibilità nelle redazione dell 'articolo).

 

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