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Sud Africa, niente visto al Dalai Lama

Il Governo sudafricano ha negato al Dalai Lama il visto d’ingresso per prendere parte a una conferenza di premi Nobel per la pace che si terrà a Johannesburg il 27 marzo. Su pressioni della Cina ha addirittura deciso di vietare al capo spirituale tibetano l’ingresso in Sud Africa sino al termine dei mondiali di calcio del 2010, manifestazione che aveva dato il pretesto per questo incontro. Non importa se ciò ha scatenato la protesta degli altri premi Nobel per la pace come lo stesso vescovo anglicano Desmond Tutu o l’ultimo presidente bianco del Sud Africa Willem De Klerk.

Non riesco a comprendere a questo punto che valore potrà avere una conferenza contro il razzismo e la xenofobia che parte con queste premesse, né se alla fine si svolgerà regolarmente. Ho vissuto personalmente da spettatore alcuni anni oscuri dell’apartheid e mi riesce difficile accettare una decisione di questa natura da una nazione che per molto tempo è stata regolata da una legislazione medioevale e, per contro, esclusa per decenni dallo sport e dalla cultura del mondo occidentale, esposta al boicottaggio e alle sanzioni economiche seppure, il più delle volte fittizie.



Con le elezioni del 27 aprile 1994
il Sud Africa ha messo la parola fine alla discriminazione razziale con elezioni democratiche con suffragio esteso a tutte le razze. Sono così spariti i cartelli “white only” o gli assurdi “pass book”, una sorta di passaporto interno, che la popolazione di colore doveva sempre avere con sé per potersi legittimamente spostare da una città all’altra o per attraversare zone abitate da bianchi. Ma allora perché una nazione che ha vissuto e superato l’esperienza tragica dell’apartheid nega il visto di ingresso a un uomo di pace, ancorchè leader spirituale di una minoranza oppressa?

Il governo di Pretoria giustifica la decisione affermando che “il mondo guarda al Sudafrica come nazione ospite dei Mondiali, e non vogliamo che altre cose distolgano l’attenzione. La presenza del Dalai Lama avrebbe invece portato altri temi alla ribalta". Motivazione risibile per il mondo intero ma che ha generato l’elogio del ministero degli Esteri cinese e la successiva dichiarazione: ”Sempre più Paesi cominciano finalmente a comprendere che il Dalai Lama usa la religione come pretesto per ottenere l’indipendenza del Tibet. Noi ci opponiamo fermamente a tutte le attività secessioniste del Dalai Lama in qualsiasi veste e sotto qualsiasi nome”. Ed è proprio dal rapporto del Sud Africa con la Repubblica Popolare Cinese e dal pericolo che rappresenta il Dalai Lama per la Cina, che nasce la decisione di vietare la partecipazione alla conferenza di pace al leader spirituale tibetano.

La Cina da qualche tempo sta sostituendosi in Africa ai colonizzatori europei investendo pesantemente e probabilmente coinvolgendo governi compiacenti, cosa non molto difficile da quelle parti. E la Cina risulta anche il principale partner commerciale della Repubblica Sudafricana. A cosa serve organizzare conferenze di pace, appellarsi ai diritti dell’uomo, se tutto ciò diventa vano davanti al rischio di compromissione di rapporti commerciali tra due Stati? Se i mondiali di calcio, rappresentano unione e tolleranza, ma non per il Sud Africa, non sarebbe il caso che i Governi dei Paesi partecipanti ai campionati del 2010 non concedessero il visto alle proprie nazionali ?

Commenti all'articolo

  • Di verygod (---.---.---.230) 24 marzo 2009 19:26
    Glaros - scrittura creat(t)iva

    Del Dalai Lama, sto rileggendo I sentieri della sapienza e dell’incanto, le lezioni che egli tenne all’Università di Harvard nel 1981, pubblicate negli Oscar Mondadori.

    Fra le tante perle di saggezza del libro, di particolare rilievo quella dove egli afferma di continuare lui stesso a riflettere sui complessi temi trattati. In primo luogo, direi, su quello del Senso della Via di mezzo.

    In un altro articolo pubblicato su AgoraVox, parlo polemicamente della ’patente di cristianità’ che Papa Ratzinger ha dato al Dalai Lama. Sarà sempre più opportuno che anche la Chiesa cattolica si muova in quella direzione come La invito a fare in CortocircuitOne. Storia di un’astrazione fatale, Torino, 2006.

    Un testo interessante di Angelo Rodante, sunyata buddhista e kenosi cristologica in Masao Abe, Roma Città Nuova, 1995, sviluppa una significativa riflessione sul rapporto fra l’idea buddista del vuoto (fatta propria negli anni Novanta anche dalla micropsicanalisi di Fanti) e l’idea teologica scolastica di creazione. 

    La relazione fra tempo ed eternità che ho sviluppato nel mio articolo di oggi, si fa implicitamente ’carico’ anche di queste eco-logiche questioni che caratterizzano la psicologia individuale e quella storica. Questioni che le antiche tradizioni conoscevano e trattavano con migliore spirito rispetto alla maggior parte dei ’tecnici’ odierni.

  • Di Enrico (---.---.---.135) 24 marzo 2009 19:29

    Leggo unanimi condanne al governo sudafricano in rete, ma mi pare si dimentichi l’origine di tale decisione, ovvero le intimidazioni da parte del governo cinese!
    Sono i ricatti commerciali della Cina ad ostacolare ogni invito al Dalai Lama, persino i paesi europei hanno difficoltà a sfidare le imposizioni cinesi, come potrebbe farlo un paese fragile come il sudafrica...?
    Ricordiamoci, insomma, chi è a occupare il Tibet e a svolgere campagne di disonformazione verso il Dalai lama, presentato come ’fiancheggiatore terrorista’.....

  • Di Frattaglia (---.---.---.127) 24 marzo 2009 19:46

    Diritti dell’uomo va bene parlarne, però c’è anche da dire che si fomentano violenze dei tibetani verso il popolo cinese. Li vedo i monaci che predicano la non violenza dare fuoco ai negozi cinesi (con le commesse dentro a bruciare vive)... Chi è responsabile delle violenze e dell’assassinio di persone non deve partecipare a queste conferenze.

  • Di Enrico (---.---.---.135) 24 marzo 2009 19:54

    Frattaglia, spero che tu parli per semplice ed abissale ignoranza, e non per altro, perchè se negli ultimi 40 anni non ci fosse stato il Dalai Lama a implorare il popolo tibetano di non ricorrere alla violenza, il paese sarebbe in una costante guerra civile, affogata nel sangue dal governo cinese.

  • Di checco (---.---.---.113) 25 marzo 2009 00:41

    mai il Dalai Lama ha invocato l’uso della violenza ed ora neache rivendica l’indipendenza, ma solo una autonomia all’interno della Cina; quindi non si può dire che egli sia persona da non invitare perchè accadono incidenti in Tibet, se no al governo cinese non si potrebbe dare alcun visto (cosa ce sarebbe altrettanto sbagliata) e neanche ad alcuni nostri politici che invocavano l’uso delle armi contro gli scafisti. Insomma secondo me se vogliono negargli il visto farebbero una figura migliore dicendo che lo fanno per ragioni politiche, che siano rapporti commerciali con a cina o una vicinanza ideologica al governo di Pechino....questo non sarebbe più grave del sostegno che tanti governi come quello americano hanno dato a dittature atroci in sud america. Però nascondersi dietro il distogliere l’attenzione da altri eventi è molto grave, d’altra parte mi sembra che le oimpiadi in cina si siano svolte bene e siano state anche molto belle nonostante ben più gravi problemi col Tibet in quei giorni.

  • Di Letista (---.---.---.12) 28 marzo 2009 12:04

    È inaccettabile tale forma di razzismo . Oggi mi aspetterei di vedere crescere nel mondo la democrazia , visto che il Medioevo è ormai lontano. , purtroppo non è così . Anche in Italia assistiamo sempre più al degrado oscurantista , favorito da certa politica ottusa e arrogante .Vedi il progetto di legge sul testamento biologico ,che toglie alla persona anche il diritto di morire dignitosamente , la legge sulle cellule staminali , e così via .........

     Letista
     

    • Di (---.---.---.160) 28 marzo 2009 13:10

      Il divieto mostra al mondo la natura del governo sudafricano, che provenendo da una lunga lotta contro l’ apartheid, si pensava fosse sensibile a questo genere di vicende.
      Il supposto razzismo e discriminazione di cui erano vittime i neri sudafricani ora loro lo applicano tranquillamente agli altri in nome dell’ amicizia con una nazione dittatoriale.

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