La prima incrinatura è stata fatta ad opera di quel partito che ne aveva ereditato il patrimonio, nato dalla miscellanea dei residui di quelle due anime quella cattolica e quella laica-comunista (per la verità quest’ultima abbandonata per abbracciare prima l’idea socialista, poi socialdemocratica fino a prendere un qualcosa di melmoso come il “democratico” di americana provenienza). Sull’onda della spinta autonomista e xenofoba della nascente Lega Nord e nella speranza cosi di rintuzzare e smorzare quella forza dirompente e dilaniante furono approntate in fretta e furia rattoppi in senso pseudo autonomisti e localisti, ma senza dar un senso omogeneo e coerente al tutto. Anche allora fu la fretta e il far presto a completare l’opera. Il risultato è che numerosi sono stati nel corso degli anni i disastri causati, le controversie fra i poteri locali (regionali soprattutto) assegnate dalle modifiche e quello centrale che le restanti parti della Costituzione assegnava.
Il cambiamento non era motivato dal mutamento delle forze sociali in campo e quindi da un diverso dispiegamento della sovrastruttura (come lo era stata la lotta al nazifascismo e la resistenza e come sempre avviene quando si rompe un equilibrio fra le forze sociali), ma solo un esigenza contingente e la incapacità politica dell’allora maggiore forza politica a reggere lo scontro.
Le costituzioni in regime democratico borghese è la presa d’atto di mutate condizioni di equilibrio fra le forze politiche e sociali in campo.
Allora come oggi la storia si ripete. Il cambiamento è questa volta pesante e in profondità, perché pesante e in profondità è la debolezza politica da parte della (guarda un po’) la stessa forza politica a reggere lo scontro e a dare risposte politiche e strategiche alle esigenze e agli interessi del capitale finanziario europeo in primis e internazionale. La scorciatoia è quindi modificare in senso autoritario le sovrastrutture istituzionali sperando così di poter reggere lo scontro sociale e illudendosi di poter contenere e/o reprimere lo scontro sociale eliminando la sua rappresentanza parlamentare e rafforzare il potere centrale.
Perché credo che sia chiaro ormai a tutti che l’eliminazione di quel minimo di rappresentatività che potevano avere le nostre istituzioni con la crisi epocale che stiamo attraversando c'entrano come il cavolo a merenda nel senso di causa ed effetto e che queste sono solo le precondizioni per poter proseguire nella lotta alla distruzione dei residui diritti dei lavoratori e nel rendere sempre precarie le condizioni e il rapporto di forza fra capitale e lavoro. Perché è qui il nucleo politico della crisi che ha come fenomenologia l’economia
E non interessa a nessuno che questa Costituzione, cosi raffazzonata, cosi dilaniata cosi come uscirà da questa tornata e da quelle successive non potrà resistere che il tempo necessario a questo governo e al massimo al prossimo di portare a fondo il suo compito (che come ho detto è un altro rispetto a quello che propaganda). E Renzi e il suo entourage devono fare in fretta perché poco è il tempo che l’Europa li ha concesso. Non perché entrino in funzioni le “riforme” (che richiedono tempi lunghi non compatibili), ma per dimostrare che il loro governo è capace di portare a termine quelle “riforme” ben più interessanti per loro.
Gli emendamenti, come quello di Sel approvato, non fanno altro che raffazzonare il già raffazzonato disegno originare ed è più una esigenza di affermare la propria esistenza parlamentare. Si svuota di rappresentatività il Senato, ma gli si dà più competenze e per svariate e importantissime materie.
E a dimostrazione che oltre al disegno costituzionale anche la sua maggioranza è “raffazzonata”, infatti appena è possibile votare a voto segreto, nel segreto dell’urna, la sua maggioranza straborda e “piscia fuori dall’orinale”.