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Restaurazione illiberale: i veri scopi della riforma della giustizia

"Questo cambiamento, se fosse stato introdotto vent’anni fa, avrebbe evitato l’esondazione, l’invasione della magistratura nella politica e quelle situazioni che hanno portato nel corso della storia degli ultimi venti anni a cambiamenti di governo, a un annullamento della classe dirigente nel ’93".

Questa frase, pronunciata qualche giorno fa da Silvio Berlusconi, merita d'essere riportata per esteso non solo perché spiega le reali ragioni che stanno dietro alla "riforma della giustizia", ma anche perché ci da una misura esatta della mentalità del nostro Presidente del Consiglio e della sua moralità.

I ladri e truffatori che costituivano la "classe dirigente del '93" erano, in confronto a lui ed ai suoi scherani, delle brave persone.

Avevano sbagliato, certo, ma perlomeno se ne rendevano conto; raggiunti dai mandati di comparizione, quando le loro azioni erano esposte al pubblico, se ne vergognavano.

Da Forlani con la bava alla bocca all'assessore che, coinvolto in un giro di mazzette, si chiudeva in casa per non farsi vedere in giro, i politicanti del Pentapartito dimostrarono, con tutti i loro difetti, d'avere conservato il senso del bene e del male; peccarono, certo, ma perlomeno rendendosi conto di farlo.

L'unica eccezione, chi non mostrò mai la minima esitazione nel rivendicare, quasi con orgoglio, la responsabilità di quell'andazzo, fu proprio il capobanda di allora, Bettino Craxi: il principale responsabile del disastro dei nostri conti pubblici che, se scardinò i pluridecennali schemi della nostra politica, con l'aiuto dei suoi colonnelli anche dissestò il bilancio dello stato come mai nessuno aveva fatto prima di lui.

Silvio Berlusconi, che da Bettino Craxi fu protetto nella sua ascesa imprenditoriale e che per Craxi arrivò a fare campagna elettorale è un degno allievo di tanto maestro.

Non una parola ho sentito, da parte sua, in questi anni che sia stata spesa per condannare i ladrocini di cui si resero responsabili i politici della Prima Repubblica; con un ragionamento tanto contorto da sfuggire ad ogni logica, secondo l’ineffabile Silvio sono i giudici che scoprirono quei crimini ad essere riprovevoli.

Pare quasi, a sentire quel che dice il nostro Presidente del Consiglio, e che i suoi media ripetono, che dei furti non siano colpevoli i ladri, ma le guardie che li scoprono; che i responsabili del ventennio di stagnazione economica, che è seguito alla Prima Repubblica, non siano stati quelli che portarono, in un decennio, il debito pubblico dal 48 al 120 e più per cento del PIL, tagliando ogni spazio di manovra a chi è venuto dopo di loro, ma i giudici che scoperchiarono il verminaio del Pentapartito.

Ha spiegato gli scopi della propria riforma con grand’uso di diagrammi, Silvio Berlusconi; i suoi manutengoli, da anni, sprecano invenzioni lessicali e concettuali parlando di persecuzioni giudiziarie e accanimenti processuali, per giustificare lo stillicidio di leggi approvate solo per evitargli quest’o quel processo.

Resta che, per chi abbia ancora un minimo di moralità, i ladri sono ladri a prescindere dal fatto che siano scoperti dopo un minuto o dieci anni d’intercettazioni telefoniche, per merito di un singolo appuntato o da parte di un gruppo di cento investigatori.

Resta, per chi abbia un minimo d’onestà intellettuale, che il vero scopo di questa riforma è consentire alla politica di controllare la magistratura per poter tornare a fare, senza disturbi, i propri comodi.

Non lo dico io; lo dice Silvio berlusconi.

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