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Questo è un intellettuale

Nel deserto spirituale degli ultimi vent’anni, attoniti mentre assistevamo alla sfilata del nostro peggio, il trionfo della cultura dei vincitori, l’allegria isterica dei sodali, lo smarrimento timoroso dei fragili, veniva da chiederselo “dove sono gli intellettuali d’Italia?” ma soprattutto, per esser certi di riuscire a riconoscerlo al suo verificarsi, “che cos’è un intellettuale?”.

A me è capitato. Questa la risposta che mi sono data.

Credo che ciò che oggi chiamiamo “un intellettuale” sia quel qualcuno che in ogni epoca abbia riportato a verità (indipendentemente dalla sua efficacia storica) la confusione spirituale della sua epoca. Quel qualcuno cioè che mentre tutt’intorno infuriava la tempesta delle opinioni, sapeva far silenzio e in quel silenzio guardare dentro di sé (ché il sé di un uomo silenzioso e libero equivale al sé universale), trovare la comune matrice umana, e ricordarla ai suoi contemporanei. Questo è secondo me il mestiere dell’intellettuale, la sua specifica funzione sociale. Riportare a verità la nostra spazzatura esistenziale, permettendoci ciclicamente di ri-orientarci verso la nostra umanità, consentendoci di non perderci. 

Ebbene, se questo è un intellettuale, posso sbagliarmi, ma non credo di averne visti in giro negli ultimi 20 anni. Ho visto, questo sì, molti professori, gente che legge dieci libri e mettendoli insieme ne produce, e ci consegna, l’undicesimo, gente che fa ginnastica con le parole e si compiace di come è brava a metterle in fila, atleti del pensiero orgogliosi di mostrare le proprie acrobazie cerebrali. Bambini mi sono sembrati, che cercano di dimostrare alla mamma di essere migliori del fratellino deficiente. Ho visto ego, autocompiacimento, voglia di integrazione sociale, di riconoscimento, anche quando a parole ci si stava mettendo fuori. Ho visto tanta gente parlare “contro” cercando di venderti l’ultimo suo libro sull’argomento col quale tentare di passare alla storia e pagare il mutuo. Intellettuali mai.

Sabato scorso però è accaduto qualcosa, almeno per me. Durante la trasmissione televisiva di Fabio Fazio “Che tempo che fa” (e mi colpisce che sia accaduto in televisione a dimostrazione che il mezzo non è il messaggio quando esiste un contenuto) ad uno degli ospiti della serata, lo scrittore Erri De Luca, secondo un format adottato dalla trasmissione quest’anno, è stato richiesto, dopo l’intervista di rito, di rivolgersi direttamente al pubblico per parlare di quello che gli andava. Lo scrittore ha annunciato di aver scelto come argomento Napoli e dintorni. Da napoletana ho tremato e sbadigliato interiormente al pensiero dell’ennesima palata di retorica filo o anti partenopea (ché tanto la verità sembra per sempre altrove e impossibile per il nostro tempo).

Ebbene, non posso ridire e ridare in alcun modo quanto detto da lì in poi, perché me ne manca sicuramente l’arte e perchè la pura poesia non può essere ridata da un riassunto, puoi solo lasciartela tremare dentro in diretta, perciò per quanti desiderosi di fare l’esperienza che a me è capitata allego semplicemente di seguito il link dell'intervento.

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-16300d9e-65e7-4e0e-bb38-aedb7c10ac04-ctcf.html#p=0

Ciò che però mi è possibile dire, e che è rilevante a questa riflessione, è quello che mi è accaduto al riguardo.

Sono rimasta ad ascoltare senza girare canale per momentanea noia prima di tutto. Non saprei poi dire in quale punto dell’intervento ho smesso di respirare e sono entrata in un’apnea sospesa. Non ricordo quando ho cambiato posizione sul divano e tirato giù le gambe e mi sono portata nella posizione di seduta. So che così mi sono ritrovata. Ma soprattutto so che alla fine dell’intervento tutto il mio sistema muscolare ha trovato pace, che i polmoni sono tornati a soffiare regolari, che ogni mia fibra si è riappacificata con questo tempo e ha saputo con infinita gratitudine che non eravamo morti ma solo smarriti. E so di aver detto, l’ho proprio pronunciato anche se sola in casa, “questo è un intellettuale”. 

Erri De Luca è finalmente un intellettuale e di questo lo ringrazio senza avverbi, perché incommensurabile il portato. Per il suo perfetto servizio al paese e per la mia personale pace semplicemente lo ringrazio.

Erri De Luca non ha parlato di un’altra possibile verità (chiamasi in quel caso opinione e vale quanto qualsiasi altra e appartiene al mondo dei professori non degli intellettuali), Erri De Luca ci ha ricordato quello che siamo, la sostanza universale di cui siamo fatti che è una e non opinabile. Erri De Luca ci ha ricordato che esiste la verità e che discostarsi da essa si chiama tradire la propria umanità. Erri De Luca ci ha ricordato che se fai silenzio, un silenzio autentico nel quale zittiscono le opinioni che ci servono a nascondere la malafede, puoi ascoltare una sola voce che è patrimonio comune non casuale.

 Diciamo incidentalmente che l’argomento era in realtà molto più ampio di quanto annunciato (Napoli e dintorni), preso solo a pretesto per raccontare l’eterno andare dei popoli, il peregrinare instancabile nello spazio e nel tempo degli esseri umani nella legittima richiesta di vita.

 Abbiamo ascoltato al riguardo negli ultimi 20 anni le opinioni della destra e della sinistra. Le opinioni di chi deve creare terrore nell’impero per poterne ottenere la consegna delle chiavi in cambio di protezione dall’uomo nero, e di chi vuole farci cambiare idea sul possessore delle chiavi dicendoci il contrario (per posizione) ma non troppo (per convenienza) per non spaventare la paura che trova in campo.

Abbiamo ascoltato per anni questi questuanti di potere tirarci da tutte le più convenienti parti. Ed ecco finalmente l’intellettuale, la sua funzione. Colui che ci ricorda che non chiediamo alla politica di manipolare la nostra umanità ma di adeguarsi ad essa.

Ora so con De Luca che il mio silenzio interiore, tutto il mio cuore cioè, mi dice che tu che vieni, che vai, che attraversi lo spazio e il tempo per la mia stessa richiesta di vita e dignità sei mio fratello. È facile e non c’è altro. Non avrò bisogno di sentire altro. Non ascolterò altro. Lo dico anch’io e in pace finalmente “siate benvenuti. Siamo onorati che bussiate alla finestra.” La politica si adegui o vada a quel paese.

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