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Papini, lolite e meditazione zen

In realtà sarei tentata da una pagina bianca, un vuoto profondo per fingermi solo per stanotte fuori dal presente. Potrei fissarla a lungo e provare con un OOOMMM prolungato, convinto, a sgombrare la mente, creare uno spazio libero e dormire finalmente.

Mi dicono, non so se crederci, che ragazzine evidentemente molto più minorenni della propria età anagrafica si stiano attualmente sedendo sulle ginocchia di papini ultrasettantenni con la benedizione di tutta la famiglia e che i papini siano incidentalmente anche i sedicenti padri della nostra patria. Ho bisogno di aiuto.

Ma quanto mi farebbe meglio, molto più di una temporanea pace, fissare lo sguardo su qualcosa che mi serva oltre questa notte, mettere in fila parole per raccontarmi un’altra possibilità. Ricordarmi di un’altra umanità che anche se è stata, è stata forse per sempre, perché se da noi è venuta può ancora e ancora esser fatta.

Pare inoltre, insistono a raccontarmi, che le infanti creature siano prodotte, manco a dirlo, a Napoli. Da napoletana, ho sempre pensato che i napoletani siano Italiani alla seconda, capaci di coltivare in particolar grado ogni vizio e virtù del carattere nazionale. Di recente abbiamo imparato a bruciare campi rom, collezionare spazzatura, picchiare a sangue quelli con un colore non perfettamente conforme. Dovevo saperlo che in un paese sperduto noi avremmo saputo smarrirci con particolare maestria, ma esserci ora resta un dolore che non vuole finire.

Sì, sarebbe una possibilità la pagina bianca ma vuoi mettere invece trovare in questa notte il sentiero di domani, la direzione verso cui levarsi. Sono già al terzo scaffale della colonna di destra, quello delle biografie dei grandi, dove le parole sono cose dense perché testimoniate. Mi sento una povera pazza mentre prendo a dibattermi tra le copertine, tra le pagine, ma so per certo ormai che non potrò chiudere occhio se non rivedo l’orizzonte stanotte, so per certo ormai che dimenticare, stanotte, è una prospettiva talmente remota che faccio prima -lo so- a dare la testa al muro per perdere i sensi.

Rovino l’ordine perfetto di anni di archiviazione per date, autori, argomenti, ma a chi può importare in questa notte. Passo sopra il reverendo King, Socrate e il Mahatma Gandhi. Stanotte ho bisogno di qualcuno che ci abbia conosciuto. Che sia riuscito proprio qui in mezzo a noi a produrre le ragioni della sua speranza. Uno in mezzo a noi diventato grande. Che stia con me domani nella sveglia del mattino e nel metrò della sera. Ed eccolo, infine, il mio trofeo. Parlami, o Alcide, in questa notte funesta.

“Ci agitiamo spesso nel vuoto, procediamo stentatamente perché non siamo dominati da un pensiero morale superiore”. Ancora “la pazienza è la virtù dei riformatori”. E ancora “quando ci si lamenta degli avvenimenti e dei costumi dei nostri giorni si dovrebbe invece pensare più spesso che sta a ciascuno di noi preparare un avvenire migliore. È soltanto con il nostro esempio che lasceremo tracce utili per quelli che seguiranno. Nessuna preparazione materiale sarà sufficiente se ci mancherà quella spirituale”.

Ecco. Ora sì. Ora vado.

Ora, buonanotte.

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