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Pubblica Istruzione: una riforma inadeguata

Il Consiglio dei Ministri ha approvato nella riunione del 12 marzo u.s. il disegno di legge denominato “LA BUONA SCUOLA - Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione”. Questo il fatto.

Cominciamo a discuterne partendo dal titolo del provvedimento. Devono averci pensato sopra a lungo, ma il risultato non è stato dei migliori. Francamente ricorda uno spot pubblicitario, una merendina del Mulino Bianco. Meglio passare al contenuto.

Trattandosi di una riforma, per esaminarne il contenuto occorre essere informati dell’ambito normativo oggetto del disegno di legge. E qui siamo fortunati: abbiamo un Testo Unico, e precisamente il Decreto Legislativo 16 aprile 1994 n. 297, “Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione”. E’ un corposo tomo di ben 676 articoli, che probabilmente scoraggia alla lettura i più (ivi compreso il vostro reporter, che gli ha dato una rapida e frettolosa lettura).

C’è di tutto. Persino le norme sulle scuole italiane di lingua slovena. Ad esempio, se qualcuno volesse approfondire il significato del termine “analfabeta di ritorno”, gli basterebbe leggere l’articolo 136, dove è spiegato che si tratta di quei soggetti arruolati nelle Forze Armate mediante coscrizione obbligatoria, volgarmente detta naja (oggi abbiamo un esercito di volontari), ed analfabeti perché hanno sì frequentato la pubblica scuola, ma “per i quali sia accertato che non conservino l'istruzione ricevuta nelle scuole elementari”. Anche per loro, come per gli analfabeti veri e propri, vi è l’obbligo di frequenza della cosiddette “scuole reggimentali” per imparare a leggere e scrivere.

Comunque sia di ciò, è possibile ricavare dal Testo Unico quali sono gli attuali obiettivi della pubblica istruzione.

La scuola materna, comunemente denominata “asilo”, “si propone fini di educazione, di sviluppo della personalità infantile, di assistenza e di preparazione alla frequenza della scuola dell'obbligo, integrando l'opera della famiglia” (v. art. 99).

La scuola elementare, invece, “concorre alla formazione dell'uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione e nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità individuali, sociali e culturali. Essa si propone lo sviluppo della personalità del fanciullo promuovendone la prima alfabetizzazione culturale” (v. art. 118).

La scuola media, che insieme alla scuola elementare costituisce la scuola dell’obbligo, “concorre a promuovere la formazione dell'uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione e favorisce l'orientamento dei giovani ai fini della scelta dell'attività successiva” (v. art. 161).

Più complicate le cose per l’Istruzione Secondaria Superiore, come riporta l’articolo 191:

  1. Il ginnasio-liceo classico e quello scientifico hanno per fine precipuo quello di preparare agli studi universitari;
  2.  gli istituti tecnici hanno per fine precipuo quello di preparare all'esercizio di funzioni tecniche od amministrative, nonché di alcune professioni, nei settori commerciale e dei servizi, industriale, delle costruzioni, agrario, nautico ed aeronautico;
  3.  il liceo artistico ha per fine quello di impartire l'insegnamento dell'arte, indipendentemente dalle sue applicazioni all'industria;
  4.  gli istituti professionali hanno per fine precipuo quello di fornire la specifica preparazione teorico-pratica per l'esercizio di mansioni qualificate nei settori commerciale e dei servizi, industriale ed artigiano, agrario e nautico;
  5.  gli istituti d'arte hanno per fine precipuo quello di addestrare al lavoro ed alla produzione artistica, a seconda delle tradizioni, delle industrie e delle materie proprie del luogo;
  6.  Fino all'attuazione dell'articolo 3 della legge 19 novembre 1990, n. 341, concernente la riforma degli ordinamenti didattici universitari, l'istituto magistrale conserva, quale fine precipuo, quello di preparare i docenti della scuola elementare; la scuola magistrale, quello di preparare i docenti della scuola materna.

Sembra che tutto questo stia magnificamente bene ai nostri riformatori, i quali nulla prevedono di innovativo al riguardo e la cui attenzione è volta ad altro.

La loro principale preoccupazione appare quella che ogni scuola possa essere autonoma, ossia che possa far di testa sua. Per consentirglielo i dirigenti scolastici (ossia gli ex direttori didattici delle scuole elementari e gli ex presidi delle scuole medie e delle scuole secondarie) vengono ad assumere competenze nuove e ben più ampie rispetto al passato. In particolare i Dirigenti Scolastici dovranno:

  1. Predisporre i Piani dell’offerta formativa;
  2. Scegliere la propria squadra dei docenti all’interno di appositi Albi territoriali.

Quel che la riforma non dice è a chi dovranno rispondere i Dirigenti Scolastici a fronte dell’esercizio di tanto potere. La domanda è: chi saranno gli azionisti dei Dirigenti Scolastici? Chi verificherà la rispondenza della singola Istituzione scolastica ai pur vaghi obiettivi del Testo Unico?

Insomma, come spesso accade, poche ma confuse idee.

Immagine: labuonascuola.gov.it

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