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Processo agli operai di Melfi: ecco le prove della nostra innocenza

Si è svolta la settimana scorsa al tribunale di Potenza l’udienza che vede la Fiat contrapposta a Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli, i tre operai di Melfi licenziati dalla Fiat in seguito ad uno sciopero e reintegrati dal giudice del lavoro.

Il processo è stato aggiornato a martedì prossimo e la Fiat, che sostiene le responsabilità degli operai nel blocco delle linee di produzione, ha presentato come prova una fotografia del luogo nel quale si sarebbero svolti i fatti contestati. “Notavo che in quella foto c’era qualcosa che non andava, era un altro corridoio” ci ha detto Giovanni Barozzino “abbiamo portato le prove che il luogo non era quello”.

La Fiat vuole dimostrare che alle 2.20 gli operai erano davanti ai carrelli ma dalle prove si capisce chiaramente che i tre non si trovavano sul posto. Dai tabulati telefonici risulta infatti che gli operai si telefonarono quella notte alle 2,24. “Io mi trovavo a più di 200 metri dai carrelli e sono arrivato sul posto alle due e ventisette quando sono stato chiamato dal mio collega perché erano in corso delle provocazioni”. Questo dimostra che non potevano trovarsi nello stesso posto a quell’ora. “Abbiamo portato in tribunale le prove della nostra innocenza”, dice Giovanni Barozzino a poche ore dall’udienza. “I tabulati telefonici che abbiamo presentato dimostrano che non ero sul posto al momento nel quale mi accusano di aver bloccato le linee”.

Nella precedente intervista avevamo pubblicato il documento, firmato dai delegati delle altre sigle sindacali, che dimostrava la versione dei tre operai: “abbiamo presentato le prove che i delegati delle altre organizzazioni che hanno firmato il documento hanno poi ritrattato la loro versione davanti al giudice, adesso quando ci vedono abbassano la testa”.

I tre operai trascorrono i turni di lavoro in una stanzetta sindacale a quattrocento metri dalla produzione senza poter lavorare: “non mi va giù che vogliano, attaccando la Fiom, far passare noi tre per quelli che non siamo” continua Barozzino, “distruggono tre famiglie e non posso accettarlo”.

La Fiom non ha firmato gli accordi proposti dall’azienda che prevedevano la condivisione delle metodologie di lavoro per poter svolgere l’attività di rappresentanza sindacale. La Fiat ha così tolto le ore ai delegati Fiom che ora hanno a disposizione solo le 8 ore al mese previste dallo statuto dei lavoratori: “cercano di toglierci la rappresentanza, dobbiamo fare i miracoli per andare incontro alle esigenze degli operai che ci chiamano per le urgenze” conclude Barozzino “la Fiat ci vuole togliere la dignità, stare ore e ore senza far niente, in particolare quando fai il turno di notte, è umiliante”.

Le prove presentate dai tre operai hanno fatto emergere le tante contraddizioni di una vicenda che assume sempre più i contorni di una vendetta contro la Fiom e il suo tentativo di difendere il contratto nazionale che, proprio per le garanzie che contiene, vuole essere cancellato.

 
di Serena Gennaro

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