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Privatizzazione: dalla ferrovia al mare

Proprio nel giorno in cui il ministro alle Infrastrutture, Graziano Del Rio, annunciava la fase di privatizzazione delle ferrovie; sulla tratta Sibari - Crotone un gregge di pecore, investito da una littorina, ci lasciava la pelle su quei binari tra Crucoli e Cirò.

 

E per la verità, esattamente un anno prima, sulla tratta medesima, identica sorte era toccata a due cavalli. Dunque, il vulcanico ministro di Matteo Renzi, oramai veterano di soluzioni drastiche, ancorché spartane, per porre rimedio alla crisi economica e finanziaria che ha investito l’Italia, nel tentativo di salvare il Paese, dismettendo e vendendo pezzi consistenti del patrimonio pubblico e preziosi cespiti dell’eredità costituzionale, forse ha trovato pure il modo di porre fine alla strage di bestie che ogni anno si verifica sulla linea ferroviaria Sibari-Crotone. Come dire: “morto il cane, morta la rabbia”.

Venderanno le ferrovie nel 2016, mantenendo nelle proprietà dello Stato solamente i binari e dunque ci sarà da vedere quali treni dei privati utilizzeranno mai quella strada ferrata che lo Stato medesimo ha declassato e trascurato, riducendo il transito di convogli, isolando quasi completamente quel lembo d’Italia che va da Bari a Reggio Calabria, circa 500 km, il cui percorso in treno (e misto gomma-rotaia) ha una durata tra le otto e le quattordici ore. In auto la distanza si copre in 5-6 ore, tagliando ovviamente tutta la fascia jonica del percorso, peraltro caratterizzato da un litorale tra i più belli d’Italia, sul quale farci un pensierino per trascorrerci le vacanze.

Come in tutti gli annunci del Governo Renzi, accanto all’imperativo di fare cassa con le privatizzazioni, vi si affianca la necessità di migliorare e rendere più efficiente il servizio pubblico. Questa seconda cosa non si è mai verificata, neppure con l’intercessione dei santi, dacché Romano Prodi, negli anni Novanta, ha praticamente avviato la revoca dell’apparato industriale e produttivo pubblico italiano. Si è proseguito sino ai giorni nostri: ieri privatizzazione di Poste Italiane; domani quella delle ferrovie. Peraltro le strutture delle comunicazioni e dei trasporti nel nostro Paese, erano andate incontro a un processo di trasformazione da società pubbliche a società per azioni; cosa che è toccata all’Anas e alle Ferrovie dello Stato.

Dal punto di vista dell’efficienza le cose non sono certo migliorate, tantomeno da quello economico; l’innalzamento dei costi del servizio e delle tariffe a carico degli utilizzatori, non ha poi coinciso con un rafforzamento degli investimenti. E anche sul piano delle entrate non si sono mai registrati miglioramenti per le casse dello Stato. Però si è andati incontro alla grande, devastante stagione del taglio dei rami secchi.

Il sistema dei trasporti, stradali e ferroviari in Calabria, venne ritenuto un ramo addirittura in cancrena; e mentre il costo stimato di 35 miliardi a carico dello Stato, per la realizzazione della Tav Torino-Lione in Val di Susa, è destinato a lievitare nel corso degli anni, sulla tratta a binario unico Sibari-Crotone, non ci sono i soldi per recintare quelle “fredde e malinconiche parallele della vita” affinché delle povere bestie non ci rimettano la pelle ed i viaggiatori non abbiano a rischiare la propria. Ma il brillante ministro del Governo Renzi ha deciso sulla linea della cieca obbedienza al dettato Draghi- Trichet del 2011, laddove al primo punto è così ordinato: “ E' necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala”. 

Vallo a spiegare adesso che le cose andranno ancora peggio al guardiano del gregge o all’allevatore di cavalli le cui bestie sono finite sotto le rotaie di una di quelle ridicole littorine che dall’Unità d’Italia in poi praticano l’aerosol di nafta al cielo sopra lo Ionio. E chi lo convincerà mai l’intrepido viaggiatore ferroviario della tratta Bari- Reggio Calabria che le cose fileranno dritte adesso che lo Stato resterà padrone delle sole rotaie? Verrà forse il giorno in cui “Italo” o “Freccia rossa” vomiteranno passeggeri tra le stazioni e il mare di questo nostro bello, desolato e selvaggio lembo di terra? E’ semplicemente un sogno a occhi aperti, ma che forse si avvererà il giorno dopo che sarà completato il ponte sullo stretto di Messina. Tanto vale aspettare, però nel frattempo pecore e cavalli se ne stiano tranquilli negli ovili e nelle stalle; loro non hanno colpa se interpretano la rarità del verificarsi di un evento (il passaggio di un treno) con la totale assenza dell’evento medesimo. 

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