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Prevenzione dei Conflitti Patrimoniali

I conflitti patrimoniali particolarmente aspri coinvolgono due o più familiari che pretendono di godere degli stessi beni (mobili e/o immobili) o delle stesse disponibilità (economiche o finanziarie). Un consulente, con competenze giuridiche, psicologiche e comunicative, può gestire la situazione purché tutti i diretti interessati capiscano di avere bisogno di aiuto e chiedano il suo supporto.

Questi scontri possono nascere (a) da scelte amministrative non condivise oppure (b) da interpretazioni divergenti delle norme che regolano il godimento o la successione dei diritti oppure (c) da volontà testamentarie confuse. Il consulente, oltre a capire la natura dei problemi e delle dinamiche affettive, dialoga anche per ristrutturare la relazione tra i congiunti; egli può gestire ciascuna delle tre fattispecie, purché sia messo in condizione di contattare tutti gli interessati per verificare in che modo ciascuno percepisce il problema e quanto ciascuno è disponibile a collaborare per risolverlo.

Quando i beni sono amministrati da qualcuno in disaccordo con gli altri, il consulente aiuta i familiari a esprimere le esigenze taciute o incomprese (che sono la fonte primaria dei contrasti e che possono anche essere indipendenti dal patrimonio), li aiuta a verificare l'esistenza di soluzioni coerenti con gli interessi di tutti, calcola le conseguenze negative del mancato accordo (per evitare che la situazione degeneri) e identifica le possibili modalità di integrazione delle soluzioni in grado di garantire un benessere collettivo. Per le liti sul godimento o sulla proprietà dei beni, il consulente chiarisce la situazione di diritto (illustrandone vantaggi e problemi) e, ove ciò lasci comunque irrisolte le attribuzioni di proprietà, egli aiuta i congiunti a negoziare come dividere o come amministrare il patrimonio mediante un accordo giuridico capace di soddisfare le esigenze di tutta la famiglia. I testamenti problematici invece nascono da una confusione più profonda, che coinvolge le intenzioni del defunto, il quale, non essendoci più, non può chiarire la propria posizione per pacificare i contendenti. Al riguardo Robert Mnookin (Bargaining With the Devil., 2010, p. 251) fa notare che le rivalità fraterne si intensificano alla morte dei genitori, i quali non possono più reindirizzare i favoritismi né mediare i conflitti né inibire le liti, con la conseguenza che, quando muoiono le persone care, non è più possibile competere per il loro amore e quindi si compete per i loro beni, che diventano sostituti simbolici. In questi casi cercare la soluzione amichevole sulla base del testamento che ha generato il conflitto contribuisce a inasprire le incomprensioni perché si discutono i valori e l'identità delle persone; mentre è più efficace discutere i bisogni e gli interessi degli eredi. Queste liti coinvolgono soprattutto bisogni di natura psicologica e affettiva che possono essere soddisfatti tramite un percorso di ascolto e di riconoscimento emotivo nel quale, con il sostegno del consulente, devono impegnarsi tutti i familiari.

Le relazioni di parentela, intime ed emotive che legano i congiunti influiscono sia sulle motivazioni del conflitto, sia sulla manifestazione dello scontro e sulle espressioni di malessere. Per questo, esse esplodono con facilità al momento della successione mortis causa, che è un momento di crisi della famiglia. Tali situazioni possono essere gestite amichevolmente negoziando la divisione e l'attribuzione delle proprietà oppure negoziando la divisione dei beni già in comproprietà. In ogni caso è possibile - e forse più utile - prevenire tali conflitti mediante la redazione di testamenti tanto inappuntabili nella forma quanto soddisfacenti nella sostanza. Per fare ciò è opportuno che il de cuius, ove ritenga di non essere sufficientemente informato sulle norme relative alla successione, si faccia assistere in vita da un consulente legale; inoltre è bene che, prima di redigere l'atto di successione, egli si preoccupi di pianificare il patrimonio nella maniera più adatta a soddisfare le esigenze di tutti gli eredi, onde evitare liti future. A tale riguardo sarebbe bene che il de cuius si facesse assistere da un negoziatore, mediante il quale confrontarsi con i successori. Tale proposta potrebbe sembrare catastrofica, di cattivo gusto o addirittura offensiva rispetto ai valori della famiglia, ma analizzare in anticipo le situazioni può scongiurare conseguenze peggiori, che potrebbero alimentare liti e così sprofondare i valori e i convincimenti dei congiunti in una crisi ancora più grave. Per migliorare la propria consapevolezza circa lo scenario che si prospetterà alla morte, il de cuius può rispondere preventivamente ad alcune domande, che riguardano tanto l'aspetto patrimoniale quanto quello relazionale della vita familiare; ciascuna risposta dovrebbe essere argomentata o criticata con prove e controprove oggettive:

  1. Chi sono i miei eredi legittimi?
    1. Quali sono i gradi di parentela che ci uniscono?
    2. Indipendentemente dalle mie volontà, ciascuno di loro quanta parte dei miei averi sarebbe legittimato a ereditare?
  2. Al di fuori della mia famiglia, chi voglio nominare quale mio erede?
    1. Indipendentemente dalle mie volontà, quanta parte dei miei beni sono legittimato a trasmettergli?
    2. Cosa pensano i miei familiari di questa persona?
  3. Quali sono le difficoltà quotidiane di ciascuno dei miei eredi?
    1. Come reagiranno costoro se alla mia morte avranno ancora queste difficoltà?
    2. Cosa devo scrivere nel testamento per risolvere o limitare queste loro difficoltà?
    3. Cosa accadrà se alla mia morte anche solo uno di loro sentirà che questi bisogni e interessi sono in pericolo?
    4. Cosa devo scrivere nel testamento per soddisfare i bisogni e gli interessi di tutti, evitando di farli litigare?
  4. Chi può sentirsi danneggiato dal testamento che voglio redigere?
  5. Cosa potrebbe portare i miei eredi a litigare fra di loro?
  6. In che modo la mia famiglia gestisce i conflitti?
    1. Cosa fa ciascuno dei miei eredi quando ha un problema con qualcuno?
    2. Per ottenere ciò che vuole senza chiederlo direttamente, cosa fa ciascuno dei miei eredi? (p. es., piange, strilla, minaccia)
    3. Negli ultimi anni quante volte hanno usato questi sistemi per ottenere quello che vogliono?

Lo scopo di queste domande è misurare quanto il de cuius conosca la propria famiglia e far capire che, se esistono zone d'ombra, è ragionevole prevedere o almeno temere che, al momento della successione, potrebbero detonarsi dei conflitti aggravati dal lutto.

Le crisi macroeconomiche e finanziarie, come quella che stiamo vivendo, inaspriscono le tensioni conflittuali perché innescano nel presente e proiettano sul futuro alcuni problemi di gestione del patrimonio, che si aggiungono a quelli relativi all'attribuzione della proprietà. Le principali fattispecie dei problemi di gestione sono: (a) costi fissi e variabili per la conservazione e per la manutenzione dei beni; (b) morosità dei conduttori; (c) rilascio degli immobili occupati sine titulo. In base alla propria conoscenza dei successori, il de cuius dovrebbe considerare che, in determinate condizioni, trasferire diritti e doveri connessi alla proprietà, benché a prima vista allettante, può risultare addirittura dannoso per qualcuno (p. es., per l'erede che non ha le risorse per mantenere un bene particolarmente oneroso oppure per l'erede incapace di gestire un patrimonio finanziario complesso oppure, ancora, per l'erede eticamente contrario a certi valori).

Le difficoltà riguardanti icosti eccessivi possono essere contenute distinguendo e pianificando in anticipo la distribuzione dei diritti di proprietà e di godimento dei beni tra gli eredi. I problemi di morosità e rilascio si possono prevenire o almeno se ne possono contenere gli effetti negativi implementando nei contratti (i) clausole di risoluzione espressa; (ii) clausole che prevedano precisi comportamenti e precisi termini in conseguenza dell’inadempimento; (iii) clausole compromissorie di mediazione e/o arbitrato che imputino le spese complessive della procedura a carico della parte inadempiente. Tali clausole risultano utili sia nel momento in cui si innesca il conflitto (p. es., quando maturano le prime morosità o quando, benché ripetutamente sollecitato, il locatore non esegue i propri doveri), sia al momento stesso della stipula del contratto perché, ove si preveda il ricorso a servizi di mediazione e arbitrato particolarmente vantaggiosi sul profilo economico, il rifiuto di accettare tali condizioni può indicare la mancanza di buona fede.

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