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Piccole storie di ordinaria follia – Far anticamera

A volte si sente l’esigenza di distogliere la mente dai massimi sistemi e guardare quello che è a noi più vicino; ed allora per il vostro cronista son storie di ordinaria follia come quelle di Charles Bukowski, sia pur più piccole: piccole storie di ordinaria follia, appunto.

Ad esempio al vostro cronista è stato richiesto di accompagnare un caro amico, di nome Gino, che doveva firmare il contratto di assunzione in una Pubblica Amministrazione: lui da un lato ed il direttore mega-galattico dall’altra. Insomma, un doveroso intervento di sostegno morale e psicologico.

L’appuntamento era alle ore dodici; ed alle ore dodici del giorno stabilito siamo insieme arrivati all’ufficio del funzionario preposto, anche perché, si sa, la puntualità è la cortesia dei re, ma arrivare in anticipo è da evitare per non imbarazzare da un altro punto di vista il nostro ospite.

Davanti all’ufficio in questione vi era già una signora, anch’essa assunta; anch’essa in compagnia del sostegno nella persona del marito. La sedia nel corridoio era una sola e si è cominciato a far a turno nell’utilizzarla. Dopo le presentazioni, la conversazione è svariata su più fronti, dallo sciopero dei benzinai che dovrebbe essere sospeso, alla sede ed all’orario di lavoro, all’autobus da utilizzare per raggiungere la sede, e così via. Unico segnale di vita dell’ufficio la richiesta della carta di identità e del codice fiscale per riportarli nel contratto di assunzione; e, poi, siamo informati che dobbiamo aspettare perché il direttore è impegnato.

Il lento svolgersi circolare del tempo ci impegna a parlare di tutto e di più, ivi comprese le avventure di pesca di gioventù, quando il vostro cronista aveva l’abitudine di porre reti e conzi (il conzo è una lunga lenza con tanti bracci con ami terminali) ed era fisicamente, diciamo così, più attrezzato e riusciva ad affrontarne le conseguenti fatiche. Nel frattempo un amico della signora, già interno all’Ente, ci porta gentilmente notizie sullo stipendio mensile: Euro 1.100 per Gino ed Euro 700 per la signora, che farà il part-time, al netto delle tasse.

Poco dopo l’una un’anima pietosa ci invita a spostarci in un vicino corridoio, dove le sedie sono sufficienti per tutti. Alle due il vostro cronista è costretto ad assentarsi per andare a prendere il figliolo che esce dalla scuola di formazione, per fortuna a qualche isolato di distanza.

Al ritorno siamo portati tre piani più sopra, nell’attico, dimora del direttore mega galattico, dove l’atmosfera è rarefatta ed odora di caffè. Le lunghe inutili ricerche per trovare la macchinetta del caffè, hanno così un esito: la macchinetta è nel piano attico, quello del direttore. Gino mi mette al corrente che, per quanto a sua conoscenza, lo stipendio annuo lordo del direttore galattico è di 150.000 euro (chissà quale talpa lo ha informato della cosa!). Vuoi vedere che fa parte degli stipendi decurtati da Tremonti!

Sono quasi le due e mezza ed abbandoniamo l’attico con il contratto firmato (la firma è stata apposta in due secondi). Ma non è finita: ulteriori adempimenti ci richiedono all’ufficio ed il vostro cronista non può non allontanarsi per portare a casa il figliolo, che per la fame era già pronto a mangiarsi il volante della macchina.

Un pronto ritorno all’ufficio ci consente di rientrare definitivamente alle ore quindici e trenta: dopo aver fatto anticamera dalle dodici; per una firma messa in due secondi.

Da oggi Gino ha preso regolare servizio, con stipendio netto di euro mensili 1.100; mettendoci tasse e tredicesima ce ne vogliono una decina di "Gini" per fare un direttore mega galattico. Parrebbe che l’attesa in anticamera debba essere proporzionale a questo tipo di differenza, anche perché da tempo non siamo più in monarchia e la puntualità, come è a tutti noto, riguarda solo i re e non i direttori mega galattici. E la dignità della persona ? Qualcuno pensa che, dalle parti nostre, sia un lusso che non possiamo permetterci. Bella forza, con questi chiari di luna!

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