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Perché Galliani accusa i calciatori? Per non pagar dazio

Sta facendo grande rumore l'uscita di Adriano Galliani, che ha accusato i calciatori di non voler pagare il contributo di solidarietà ipotizzato nell'ultima manovra finanziaria.

Galliani però fa il furbo per non pagar dazio, perché la questione riguarda solo i calciatori che hanno contratti nei quali è stabilita una cifra del loro emolumento al netto delle tasse. In questo caso quindi toccherebbe alle società innalzare il lordo per mantenere il netto al livello stabilito dal contratto.

Delle due l'una: o le società in questi casi si sono impegnate a corrispondere a calciatore il netto da contratto senza eccezioni oppure sono previste eccezioni nel caso dell'emergenza di nuove tasse o del loro aumento. Si tratta di vedere quale delle due parti si sia assunta l'alea rappresentata dal variare delle aliquote o dall'introduzione di tasse straordinarie. Stabilito questo non c'è niente da discutere, si applica il contratto senza che i calciatori possano eccepire nulla.

Nell'uno o nell'altro caso Galliani non avrebbe di che attaccare i calciatori che hanno questo tipo di contratto, visto che si tratta di accordi firmati liberamente tra società e professionisti assistiti da stuoli di legali e fiscalisti, che le parti sono tenute ad onorare.

Tanto più che non risulta alcuna presa di posizione pubblica da parte di singoli o dell'associazione dei calciatori e questo fa ritenere che l'uscita di Galliani sia strumentale, per mettere in cattiva luce una controparte con la quale esiste un contenzioso che rischia di ritardare l'inizio del campionato.


Un contenzioso che ha per oggetto la possibilità da parte delle società d'esercitare un evidente ricatto, mettendo i giocatori che si ribellino alle decisioni delle società in merito al loro trasferimento fuori rosa e impedendo loro persino d'allenarsi con la squadra. Una forma dimobbing oggi lecita contro la quale i giocatori hanno deciso di protestare.

Va poi ricordato che non tutti i calciatori godono di tale tipo di contratto, di solito riservato ai campioni che le società sono disposte ad ingaggiare ad ogni costo e che pertanto l'attacco di Galliani all'intera categoria sia da respingere come del tutto pretestuoso e demagogico.

Galliani ha dalla sua almeno due buone ragioni di carattere economico, a prima è quella che vede nell'aumento delle tasse una perdita di competitività nei confronti dei club di paesi con regimi fiscali più favorevoli per i calciatori e di quelli italiani che hanno siglato meno contratti del genere. La seconda è quella d'evitare a Silvio Berlusconi (e agli altri proprietari e finanziatori di società) di mettere mano al portafogli per pagare il dovuto.

Buone ragioni che però non l'autorizzano a mettere alla gogna un'intera categoria, facile da mettere all'indice in un momento di crisi come quello che sta vivendo il paese per cavalcare l'indignazione popolare al solo scopo di risparmiare, lui sì, i quattrini dovuti in forza di contratti siglati senza nessuna costrizione o anche solo per far pendere dalla sua parte la vertenza sopra ricordata.

Un'ulteriore dimostrazione di quanto sopra si raggiunge immaginando cosa direbbe Galliani in caso di una diminuzione delle tasse, occasione che lo vedrebbe sulle barricate a difendere il netto garantito ai giocatori e voler a intascare (giustamente in questo caso) la differenza.

In questo caso quindi, non sono e non possono essere i calciatori a comportarsi in maniera irresponsabile ed egoista, ma è Galliani (e con lui le società che hanno sottoscritto contratti del genere) che cerca di lucrare o mantenere vantaggi, sollevando l'indignazione popolare verso i calciatori, anche quelli che non hanno contratti definiti al netto delle tasse.

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