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Per l’Italia: le forze sociali contro tutti i black bloc

Non sono solo i barbari calati su Roma sabato, gli sfasciatori del nostro Paese; non sono solo gli incappuciati a voler creare un clima di tensione in Italia. Non vengono solo da alcuni centri sociali quelli che giocano al tanto peggio, tanto meglio. Contro gli irresposabili, "da qualunque parte provengano", una risposta compatta di tutta la società civile si fa esigenza imprescindibile. Vitale.

La vera notizia, per quanto riguarda la manifestazione di Roma, è che i manifestanti hanno fatto del loro meglio per isolare e contenere i violenti, arrivando almeno in un caso a consegnarli nelle mani delle forze di polizia.

Per il resto, se la responsabilità penale degli atti di violenza è dei singoli che li hanno commessi (dopo Genova nessun black bloc fu processato; un'altra delle tante anomalie di quella manifestazione), non vi è dubbio che la responsabilità politica della mancanza di un'efficace prevenzione degli stessi, e dell'incapacità delle forze dell'ordine di contrastare sul campo i facinorosi, sia tutta del Ministro degli Interni.

Chiederne le dimissioni è, da parte delle opposizioni, un atto dovuto.

Resta il danno enorme all'immagine dell’Italia arrecato dai black bloc; un danno che si tradurrà in denaro sonante da cavarci di tasca per mantenere il nostro debito: tanti risparmiatori, già preoccupati per aver investito i propri denari in un paese la cui politica pare sempre meno comprensibile, vedendo le strade della sua capitale andare a fuoco, decideranno di vendere al più presto i loro titoli italiani.

E, se ci si mette nei loro panni, è pure difficile criticarli.

Continua pure a martellare il black bloc della nostra Politica, l'uomo che più ha fatto per spaccare in due il Paese; che ha fatto della delegittimazione degli avversari "i comunisti illiberali" un'arte e della nostra vita pubblica un eterno noi "il partito dell'amore" contro loro "il partito dell'odio": il nostro glorioso "miglior presidente del consiglio degli ultimi 150 anni", Silvio Berlusconi.

"Hanno tentato un golpe burocratico", ha detto, riferendosi all'uscita dall'aula dell'opposizione in occasione del voto di fiducia; è la centesima volta, perlomeno, che usa simili espressioni nei confronti dei propri avversari politici. Un linguaggio da teppista irresponsabile (oltre che ignorante come un capra, quando sproloquia di Aventino nel '29. Del delitto Matteotti non deve aver mai sentito parlare, e allora tante cose si spiegano) che fa il pari con quello del suo alleato padano che minaccia costantemente guerre civili, con spreco di guerrieri pronti alla lotta, kalashnikov e pallottole a poco prezzo.

Messaggi che sono l'esatto contrario di quelli che servirebbero: si uscirà da questo pantano solo se riusciremo a lavorare assieme, tutti quanti, mostrando al mondo d'esser capaci di mantenere la massima concordia.

Un’unità d’intenti che la politica non riesce a dimostrare , ma che si sta facendo strada dentro il mondo del lavoro e tra le forze sociali.

Tocca a quest’ultime fare quel che governo e opposizione non possono e le immagini degli incidenti di ieri rendono ancor più necessario: testimoniare al mondo, e agli onnipotenti mercati, che l’Italia, per quanto triste lo spettacolo offerto dalla sua parte peggiore (non mi riferisco solo ai black bloc), resta un grande paese europeo; ordinato, civile, responsabile e coeso.

Cosa immagino?

Sogno un documento comune di Sindacati e Confindustria; un “Manifesto dell’Italia che produce” che chieda alla politica, con la forza di un ultimatum, quel cambiamento che la politica, da sola, non sembra in grado di produrre.

Che certifichi, con la sua stessa esistenza, la volontà dell’Italia reale di lavorare, per vincere la crisi, nella massima pace sociale.

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