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Pena di morte, il Vertice degli abolizionisti a Oslo

Il Congresso Mondiale Contro la Pena di Morte, che si raduna ogni tre anni, si è svolto la settimana scorsa ad Oslo, Norvergia, durante un momento particolarmente significativo nella storia del movimento per l'abolizione della pena di morte.

L'incontro ha avuto luogo a partire da martedì 21 giugno fino a giovedì 23 giugno ed è stato un punto di incontro per gli abolizionisti della pena capitale di tutto il mondo, focalizzando l'attenzione su quei paesi che ancora giustiziano I propri cittadini.

Ufficiali di alto rango nelle Nazioni Unite, inviati diplomatici da Asia, Europa, Africa e le Americhe e personaggi dello show-business si sono incontrati per l'evento, che includeva letture, dibattiti e, infine, la “Marcia Globale Contro la Pena di Morte” dopo le cerimonie di chiusura.

Papa Francesco è apparso in un video martedì in cui ha definito le esecuzioni “un'offesa all'inviolabilità della vita e alla dignità di qualsiasi essere umano”, aggiungendo che “va contro ai piani di Dio per gli individui, la società e la sua pietà.”.

Nonostante la pratica della pena di morte sia stata abolita o sospesa dalla maggior parte delle nazioni industrializzate, continua ad essere usata da numerosi paesi in via di sviluppo, particolarmente in Asia. Nel Medio Oriente, l'Arabia Saudita ha giustiziato 151 persone nel 2015 secondo Amnesty International (delle quali circa il 40% condannate per reati di droga), mentre l'Iran conta 743 esecuzioni, secondo solo alla Cina per numero di condannati a morte.

Nonostante pochi paesi permettano punizioni corporali e condanne a morte, quelli che lo fanno hanno intensificato il loro uso della pratica. Il 2015 ha visto un'impennata senza precedenti nel numero globale di esecuzioni, a dispetto del fatto che il numero di nazioni in cui è prevista la pena capitale sia diminuito. La Cina è di gran lunga la prima della lista per numero di condannati giustiziati con oltre 2000 esecuzioni nell'anno passato.

L'evento ha attirato una folla variegata, riunita dietro a richieste di perdono e di abolizione della pena capitale. In Iran, le star del cinema si sono unite al coro per una soluzione pacifica al problema della pena capitale. L'aumento dell'attenzione internazionale sull'uso in Iran di punizioni corporali, in gran parte guidato da dettagliati racconti delle condizioni di vita dei prigionieri da parte del personale di organizzazioni umanitarie, ha già scongiurato alcune esecuzioni, secondo fonti in Iran.

Anche l'Arabia Saudita è stata citata come nazione che continua con l'uso della pena capitale nonostante la sua efficacia come deterrente sia stata smentita da diversi studi. Secondo il Database sulla Pena di Morte, la maggior parte delle esecuzioni in Arabia Saudita avvengono per decapitazione, nonostante non manchino notizie non ufficiali di altri metodi meno ortodossi.

Un'attenzione particolare è stata riservata alla pratica della pena capitali nei paesi Mussulmani, alcuni dei quali usano la pena capitale sotto il pretesto di “Qisas”, un termine controverso che descrive una forma di legge retributiva praticata in alcune interpretazione di giustizia Sharia.

Mentre alcuni paesi a maggioranza musulmana come Algeria, Marcco e Tunisia sono “abolizionisti di fatto”, la maggior parte dei paesi Islamici sono classificati come “retenzionisti”, vale a dire che continuano la pratica. Altri paesi con importanti popolazioni musulmane come Turchia, Azerbaijan, Uzbekistan e I paesi dei Balcani non usano la pena di morte.

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