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Papa Francesco: "L’Islam non è terrorismo, è una guerra di religione e di potere"

Francesco l'ha detto chiaro e tondo: è una guerra d'interessi e di potere. I tanti cristiani, i tanti mussulmani... anche se morti in nome dell’Islam o sotto le bombe occidentali, sono morti perché l’ISIS vuole dominare il medio oriente.

Cristiani e mussulmani sono morti perché le multinazionali delle armi devono vendere armi, che senza guerra non si vendono.

Erdogan vuole trasformare la Siria in uno stato sunnita e realizzare una sfera di influenza turca nel Medio Oriente. Putin vuole creare una sfera di influenza russa, che estrometta dalla zona, oggi gli americani e domani lo stesso Erdogan.

Nella coalizione che combatte i terroristi ci sono paesi che lo finanziano e gli forniscono armi. Le imprese occidentali fanno accordi e joint venture e commesse di armi con paesi amici dell'ISIS.

Il Qatar è il maggiore azionista della borsa di Londra. I rapporti commerciali tra USA ed Arabia saudita, comprendono anche commesse di armi.

Le imprese italiane hanno fatto un accordo con il Qatar di 146 milioni di euro per la fornitura di armi.

Le religioni dialogano, non si combattono, ha detto Francesco. E se questo non è una verità storica è tuttavia un invito che molti hanno seguito. E così mussulmani e cristiani si sono ritrovati nelle chiese italiane e francesi, a pregare insieme, per jacques Hamel sgozzato da un seguace di Daesh.

Francesco ha colpito nel segno, mussulmani e i cristiani hanno colpito nel segno, perché la solidarietà tra le religioni e la lotta pacifica comune, sono la strada giusta per combattere il grumo di potere e di interessi che ruota intorno alla guerra santa, che li vuole contrapposti.

Sono la strada giusta, non solo per dissociarsi dall’estremismo jhadista, per esprimere solidarietà, ma soprattutto per essere parte della nuova resistenza contro il terrorismo. Perché, a noi tutti mussulmani cattolici, buddisti e atei, non ci basta stare vicino condividere idee e valori, riconoscere le diversità e le differenti culture.

In questa scia, le diversità, non sono solo ragioni per convivere nella pace, ma di contaminazione reciproca, per costruire una nuova civiltà.

Ma sono tante le voci dissonanti. Sono tante forze politiche e mediatiche, i paesi che ostacolano questo processo. Si ostinano a non vedere a non capire che dietro il paravento della guerra di religione si nascondono gli obiettivi politici dell’ISIS e di tanti paesi dell’occidente, il business dei trafficanti d'armi e del mondo finanziario.

Chiudono gli occhi, tacciono, oggi come ieri, di fonte al traffico d’armi, che direttamente ed indirettamente arrivano all’ISIS.

Quali e quanti articoli, quali e quante posizioni politiche ci sono state sulle aziende italiane che dal 2012 al 2014, hanno fatto accordi con il Qatar per esportare armi in questo paese?

Il Qatar è il maggiore azionista della borsa di Londra, ha il10% della London Stock Exchange. Ma nessuno ne parla.

Non ne parla Salvini, non ne parla Ferrara, non ne parla l'imam di Lecce, così pronti a criticare Francesco, e la preghiera comune mussulmani/cattolici.

Sembrano gli avversari più decisi, quelli più accaniti della Jihad, e invece ne realizzano la strategia, minando alle radici i nostri valori. E’ cosi difficile capire, che il razzismo, i respingimenti, gli ostacoli all’integrazione dei profughi sono il brodo di coltura di giovani che vanno con l'ISIS, uno spot per il loro reclutamento?

La libertà, la fraternità e l’uguaglianza, sono le nostre armi migliori, quelle che il califfato teme di più, perché lo isola, gli sottrae il consenso della sua gente, gli fa terra bruciata intorno.

Eppure queste forze, questi paesi,questi poteri, combattono l’accoglienza degli immigrati, l’integrazione, il multiculturalismo, il dialogo tra religioni, che di tali valori sono espressioni. Sono gli stessi obiettivi della Jihad, obiettivi di una guerra che dietro il paravento dello scontro di civiltà e di religione, nasconde il potere e il business.

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