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Paganica, agonia di un paese

Quando l’erba alta e i rovi iniziano a coprire il tessuto urbano di una città vuol dire che quella città sta lentamente morendo. Una vegetazione tentacolare, più temibile del terremoto che l’ha colpita, sta ricoprendo a macchia di leopardo, le vie principali, i vicoli, i muri e i resti delle case del centro storico di Paganica. A distanza di cinque anni dal terremoto, nei vicoli, le tegole cadute dai tetti sono ancora lì. Nel risalire l’agglomerato urbano noto che le macerie più in ombra sono già ricoperte da una coltre di muffa verde, una muffa compatta, continua. Un ronzio incessante di insetti mi accompagna, mi ruota intorno. Più di un’abitazione è implosa su stessa. Altre, hanno le mura gonfie, prossime al cedimento.

L’orizzonte, in più punti, è segnato da travi disconnesse, spezzate e nelle zone a rischio gli accessi sono sbarrati da grandi pannelli in legno fissati su telai di tubolari in ferro. Tutte le case sono marchiate a vernice di diversi colori. I marchi servono per determinare il livello di agibilità delle strutture. Non vedo e non si vedono movimentazioni di cantieri. Nella piccola piazza di Largo Fontenuova scorgo frammenti di giochi interrotti. Nel fondo della fontana giace una bambola e poco più in là, consumate dal tempo, due piccole sedie da bambino sono riverse a terra. Dietro e ai lati della fontana solo ruderi di case. In alto, tenute sospese da un filo di ferro, sono ancora visibili le grandi ruote luminarie della via crucis del 5 aprile del 2009. Tutte le finestre sono vuote così anche i balconi, le scale, le terrazze. Più nessuno che sbircia l’intruso che passa.

Quasi tutte le abitazioni sono puntellate o ingabbiate con travi in ferro. Numerose porte sono chiuse a chiave o con lucchetti. Dall’uscio spalancato di alcune case distrutte puoi scorrere la vita di chi le abitava. Il centro storico di Paganica sta volgendo, se non verrà prontamente recuperato, verso il suo declino.

Nessun segno di ricostruzione è in atto. Un telo oleoso inizia a coprirne il suolo. Un telo offuscato, unto da una lenta inattività governativa, di fondi stanziati che ci sono e poi non ci sono. Oggi, Paganica è un paese in agonia ma non per volere della sua gente. La speranza è che il centro storico di Paganica non sia il segno precursore di un rinuncia istituzionale.

 

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PAGANICA (L’Aquila) - giugno 2014
foto di gianni boattini
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PAGANICA (L’Aquila) - giugno 2014
foto di gianni boattini
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PAGANICA (L’Aquila) - giugno 2014
foto di gianni boattini
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PAGANICA (L’Aquila) - giugno 2014
foto di gianni boattini
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PAGANICA (L’Aquila) - giugno 2014
foto di gianni boattini
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PAGANICA (L’Aquila) - giugno 2014
foto di gianni boattini
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PAGANICA (L’Aquila) - giugno 2014
foto di gianni boattini
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PAGANICA (L’Aquila) - giugno 2014
foto di gianni boattini
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PAGANICA (L’Aquila) - giugno 2014
foto di gianni boattini
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PAGANICA (L’Aquila) - giugno 2014
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PAGANICA (L’Aquila) - giugno 2014
foto di gianni boattini
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PAGANICA (L’Aquila) - giugno 2014
foto di gianni boattini
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PAGANICA (L’Aquila) - giugno 2014
foto di gianni boattini

 

Foto di Gianni Boattini

 

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