• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Politica > Nuovo governo in salsa democristiana e il grande assente: il Ministero per (...)

Nuovo governo in salsa democristiana e il grande assente: il Ministero per le Pari Opportunità

Risulta fondamentale porsi una domanda preliminare: la presenza di donne al governo si traduce sempre e comunque in una politica che si occupi delle reali istanze (anche) delle donne?

La risposta è scontata: no.

Si parla tanto di quote rosa, tra chi le considera la panacea, chi le rifugge e chi invece le ritiene un male necessario.

La logica del 50 e 50 sicuramente non è la panacea. Sarebbe meglio vivere in un Paese in cui il problema dei numeri e delle quote non sussistesse proprio. Ma tant’é.

Quello che sta succedendo al governo ora, però, non si esaurisce nemmeno in una semplice questione di quote rosa (la pacca paternalista sulla spalla, “dai che ce la puoi fare anche tu, anche se sei donna”).

Perché tanto il nuovo governo bigotto democristiano (+ destra) ce lo troviamo lo stesso.

Piuttosto ci sarebbe da concentrarsi sulla sponsorizzazione del governo, in stile campagna elettorale, posta in essere da Renzi, che punta alle sue otto donne per “farsi bello” sulle questioni di genere.

Donne per “vendere”, la solfa non cambia.

Stavolta da vendere è il “prodotto-governo”. Tanto che c’è la necessità, per Renzi, di vantarsi del suo harem con tanto di foto ad hoc. Lui, il leader, attorniato dalle 8 donne prescelte.

ministre_980x571

E allora c’è chi è felice per la parità così raggiunta e chi invece deve fare le pulci alle ministre.

Perché è vero, ci ritroviamo Marianna Madia, che anni fa dichiarava che “l’aborto è il fallimento della politica, un fallimento etico, economico, sociale e culturale”, che le donne “se si offrisse loro il giusto sostegno sceglierebbero tutte per la vita”, di essere una “cattolica praticante” perché “la vita la dà e la toglie Dio, noi non abbiamo diritto di farlo”, dicendo così il suo no all’eutanasia, e che se si parla di famiglia pensa “a un uomo e una donna che si sposano e fanno dei figli. Scegliendo per la vita”.

Oppure possiamo guardare al Ministero dell’Istruzione, affidato a una montiana convinta privatizzatrice.

Ma non possiamo nemmeno esimerci dal fare lo stesso per gli uomini, dal momento che ci ritroviamo Graziano Delrio, fervente cattolico idolatrato per i suoi 9 figli, o Franceschini che sostiene che le coppie di fatto siano una cosa diversa rispetto alla famiglia. Ci ritroviamo Alfano, Lupi. Solo per fare qualche esempio.

Ma ci basta guardare il nostro nuovo premier, che si fa immortalare in foto tattiche in cui, insieme alla moglie, prende la comunione a Messa.

Allora forse non è tanto il problema dei numeri e dei sessi quello di questo governo, ma dei diritti.

Attraverso un’operazione di facciata, di pinkwashing, si è cercato di dare il messaggio di come, con otto ministre donne (sì, gli altri 8 sono uomini!), il Ministero per le Pari Opportunità sia superfluo, perché la discriminazione va combattuta coi fatti, non con le parole. Perché il fifty-fifty è un fatto.

Eppure a noi sembra che questa scelta sia un chiaro messaggio, di chi ai diritti non è interessato.

Comprendo bene che la questione di genere e dei diritti sia trasversale ad una Paese e alla sua politica e non vada ghettizzato. Ma in questo preciso momento storico italiano è un bene aver levato il Ministero per le Pari Opportunità come nulla fosse? Può starci la scusa che tanto questo ministero sarebbe un “salottino rosa”, così come dimostrato da tutti gli anni passati in cui è stato continuamente bistrattato?

In Italia la questione di genere non è ancora stata sdoganata. Non ci vuole poi molto ad immaginare che le realtà impegnate su questi temi faranno ancora più fatica a interagire con le istituzioni. Che poi non si tratta solo dei “diritti delle donne”, ma dei diritti di tutt*, donne, uomini, eterosessuali, omosessuali, transessuali, al fine di combattere le discriminazioni, che riguardino il genere, l’omo-lesbo-transfobia o qualsiasi altro atteggiamento stigmatizzante, per garantire a tutt* il diritto ad una cittadinanza attiva.

È quindi possibile eliminare il Ministero delle Pari Opportunità perché “tanto siamo in Italia, cosa ci aspettiamo? Le cose sarebbero ridicole a prescindere”? Per quanto ancora dovremo sorbirci questa cultura?

Allora, visto che la parità si gioca sul piano dei fatti, dovremmo lasciare il compito della tutela dei diritti a questo governo in salsa democristiana solo perché abbiamo 8 ministre e 8 ministri?

Scusate ma c’è qualcosa che non torna.

Tutt* auspicheremmo ad un Paese in cui il Ministero delle Pari Opportunità fosse inutile. Significherebbe che il problema delle discriminazioni non è così pressante.

Ma non è così oggi in Italia, purtroppo, e dobbiamo pretendere che vi sia un Ministero e che questo venga organizzato BENE e coerentemente con le necessità di un Paese e de* cittadin*.

Se no teniamoci il nostro perbenismo di facciata, il nostro “politicamente corretto”, le nostre gallery sull’abbigliamento, le scarpe e le curve delle nuove ministre o sullo sconvolgente (sic!) stato di gravidanza della ministra della Pubblica Amministrazione. E le immagini della nostra first lady in beige. Altro che diritti.

Tanto la parità è stata raggiunta, no?

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità