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Novità sul caso Emergency. Gino Strada scrive a La Repubblica.

Li curiamo, innanzitutto, per la nostra coscienza morale di esseri umani che si rifiutano di uccidere o di lasciar morire altri esseri umani. Curiamo i talebani come abbiamo curato e curiamo i mujaheddin, i poliziotti e i soldati afgani, gli sciiti e i sunniti, i bianchi e i neri, i maschi e le femmine. Curiamo soprattutto i civili afgani, che sono la grande maggioranza delle vittime di quella guerra. Curiamo chi ha bisogno, e crediamo che chi ha bisogno abbia il diritto ad essere curato. Crediamo che anche il più crudele dei terroristi abbia diritti umani - quelli che gli appartengono per il solo fatto di essere nato - e che questi diritti vadano rispettati. Essere curati è un diritto fondamentale, sancito nei più importanti documenti della cultura sociale, se si vuole della "Politica", dell’ultimo secolo. E noi di Emergency lo rispettiamo. Ci dichiariamo orgogliosamente "colpevoli". Curiamo tutti. In Afghanistan lo abbiamo fatto milioni di volte. Nell’ospedale di Lashkargah lo abbiamo fatto sessantaseimila volte. Senza chiedere, di fronte a un ferito nel pronto soccorso, "Stai con Karzai o con il mullah Omar?". Tantomeno lo abbiamo chiesto ai tantissimi bambini che abbiamo visto in questi anni colpiti da mine e bombe, da razzi e pallottole. Nel 2009 il 41 percento dei feriti ricoverati nell’ospedale di Emergency a Lashkargah aveva meno di 14 anni. Bambini. Ne abbiamo raccontato le storie e mostrato i volti, le immagini vere della guerra, la sua verità. 

"Emergency fa politica", è l’altra accusa che singolarmente ci rivolgono i politici. In realtà vorrebbero solo che noi stessimo zitti, che non facessimo vedere quei volti e quei corpi martoriati. "Curateli e basta, non fate politica". Chi lo sostiene ha una idea molto rozza della politica. No, noi ci rifiutiamo di stare zitti e di nascondere quelle immagini. Da tempo la Nato sta compiendo quella che definisce "la più importante campagna militare da decenni": la prima vittima è stata l’informazione. Sono rarissimi i giornalisti che stanno informando i cittadini del mondo su che cosa succede nella regione di Helmand. I giornalisti veri sono scomodi, come l’ospedale di Emergency, che è stato a lungo l’unico "testimone" occidentale a poter vedere "gli orrori della guerra". Non staremo zitti. Emergency ha una idea alta della politica, la pensa come il tentativo di trovare un modo di stare insieme, di essere comunità. Di trovare un modo per convivere, pur restando tutti diversi, evitando di ucciderci a vicenda. Emergency è dentro questo tentativo. Noi crediamo che l’uso della violenza generi di per sé altra violenza, crediamo che solo cervelli gravemente insufficienti possano amare, desiderare, inneggiare alla guerra. Non crediamo alla guerra come strumento, è orribile, e mostruosamente stupido il pensare che possa funzionare. (...) La risposta di Emergency è semplice. Abbiamo imparato da Albert Einstein che la guerra non si può abbellire, renderla meno brutale: "La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire". Nella nostra idea di politica, e nella nostra coscienza di cittadini, non c’è spazio per la guerra. La abbiamo esclusa dal nostro orizzonte mentale. Ripudiamo la guerra e ne vorremmo la abolizione, come fu abolita la schiavitù. Utopia? No, siamo convinti che la abolizione della guerra sia un progetto politico da realizzare, e con grande urgenza. Per questo non possiamo tacere di fronte alla guerra, a qualsiasi guerra. Di proporre quel progetto, siamo colpevoli. Ecco, vi abbiamo fornito le risposte.

(tratto dalla lettera che Gino Strada ha scritto a Repubblica)
 
Matteo dell’Aira, Marco Pagano e Matteo Garatti si troverebbero in una struttura detentiva nei pressi di Kabul, chiusi in celle diverse, in ansia, ma starebbero bene: è quel che si legge da una nota fornita dalla Farnesina a diversi giorni dal momento in cui i nostri tre connazionali furono fermati dalla polizia di Karzai con il sospetto di essere legati ad Al Qaeda. “Hanno tenuto a ringraziare il Direttore della struttura per il trattamento finora loro garantito ed il governo italiano per l’attenzione con cui sta seguendo la vicenda.” prosegue la nota. Intanto continuano le dichiarazioni di Gino Strada, fondatore della ONG, secondo il quale vi potrebbe essere il coinvolgimento dei soldati britannici nella vicenda. “L’accesso all’ospedale era controllato 24 ore su 24 da guardie non armate, personale locale di Emergency, spesso persone disabili, mutilate. La possibilità di entrare con le scatole di armi è quindi legata - ha spiegato il chirurgo - al fatto che qualcuna delle guardie sia stata corrotta o minacciata. Oppure, l’altra ipotesi è che siano state introdotte direttamente dalle forze di sicurezza afghane. Spero non dai militari inglesi che le hanno accompagnate nel sopralluogo in ospedale”.
 
Alla notizia sulle condizioni dei tre, Gino Strada ha tirato il fiato con un “Era ora!". Adesso spero che vengano liberati al più presto e che crolli questa stupida montatura. Non vorrei - ha detto - che adesso, siccome qualcuno li ha visti, cominci l’euforia del ’sono liberi’ come qualche giornale dice stamattina. Io spero che lo siano presto.”. Comunque vada la vicenda, sperando si concluda presto con il rilascio dei tre operatori umanitari, resta il punto sulle eventuali responsabilità che questi avvicendamenti necessariamente andranno a creare e che, in tutta probabilità, si chiuderanno nel silenzio più totale. “Questo non fa dimenticare tutto il resto: che non sono accusati di niente, che sono privati della libertà da giorni, che non hanno neanche potuto vedere un avvocato.”. Prosegue comunque l’organizzazione della manifestazione in programma per oggi alle 14:30 a Roma, in piazza San Giovanni, a cui prenderanno parte anche IdV e PdCI per chiedere l’immediato rilascio “senza se e senza ma” e per far pressione sul governo in modo che esca dalle ’timidezze’ dei giorni scorsi facendo sentire la propria voce. “Gino Strada e la sua organizzazione sono una realtà di cui l’Italia deve essere orgogliosa. Per noi Emergency merita ciò che già centinaia di migliaia di persone hanno chiesto: il Nobel per la Pace.”, ha affermato in una nota Jacopo Venier, responsabile comunicazione del Partito dei Comunisti Italiani. “Quella di domani in piazza San Giovanni sarà una manifestazione non politica, ma di solidarietà. Nessuno ci deve mettere il cappello – ha sottolineato ieri Gino Strada - per questo ho chiesto che le bandiere e i simboli dei partiti vengano lasciate a casa. Emergency è l’orgoglio dell’Italia e ogni governo, quale che sia il suo colore, dovrebbe esserne orgoglioso. Il Paese lo è, e lo si vede dalle 350 mila firme di solidarietà raccolte in poco più di tre giorni.”. Diversi i gruppi che si esibiranno all’evento (trasmesso in diretta anche sul web, dal sito www.arcoiris.tv e da Repubblica Tv): da Fiorella Mannoia a Lella Costa, da Vauro a Daniele Silvestri, Niccolò Fabi, Paola Turci e la band Casa del Vento. Di chiunque siano le responsabilità, resta il fatto che l’ospedale a Lashkargah è stato forzatamente abbandonato dallo staff di Emergency, il quale non può operare al suo interno, lasciando così i bambini, le donne e gli anziani, vittime della guerra, senza adeguate cure mediche gratuite, salvo coloro che, ritenuti più “gravi”, verranno trasferiti nell’ospedale di Bost.

 

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Riccardo Scano

Riccardo Scano

Riccardo Scano nasce il 30 ottobre 1984, in una città della provincia di Cagliari, dove attualmente risiede. É laureato in Scienze Politiche presso la Facoltà di Cagliari all’interno della quale studia nell’ambito della "Società e Processi Globali". Oltre collaborare con AgoraVox, gestisce un blog all’indirizzo http://www.kissaqani.blogspot.com , a cui tutti possono partecipare attivamente (...)

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