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 Home page > Attualità > Società > Non si tratta di aver paura del diavolo, ma...

Non si tratta di aver paura del diavolo, ma...

di imparare a riconoscerne la coda.

I bambini della nostra società si trovano così indifesi e del tutto impreparati di fronte ai reali pericoli della pedofilia, della droga, della violenza fine a se stessa da esserne travolti senza rendersene conto.
 
Come puoi affrontare un pericolo quando lo consideri inesistente?

Quando ero piccolo avevo paura dell’uomo nero. Entità indefinibile che poteva assumere le più diverse forme, ma di cui diffidavo e non volevo lasciarmi avvicinare.
La convinzione della sua esistenza si era formata attraverso il racconto delle fiabe classiche che la nonna mi raccontava e che dall’età di 4 anni imparai a leggere riflettendo sulla strega di Biancaneve, sulla matrigna di Cenerentola e sull’orco di Pollicino.

 
Perché oggi non raccontiamo più fiabe ai nostri bambini ?
Viviamo nella società dell’informazione e dell’apparenza dove per i bambini il mondo sembra un luogo sicuro governato dai genitori e dove i pericoli sono altrove.
 
Le immagini di violenza della Televisione sono così confinate dietro lo schermo, lontane dalla realtà quotidiana senza apparente possibilità di entrare concretamente nella vita di ogni bambino.
A differenza di quanto faceva l’uomo nero!!!!!!
 
I bambini della nostra società si trovano così indifesi e del tutto impreparati di fronte ai reali pericoli della pedofilia, della droga, della violenza fine a se stessa da esserne travolti senza rendersene conto.
Come puoi affrontare un pericolo quando lo consideri inesistente?
E così i video di violenze sui telefonini dei bambini assumono una dimensione virtuale non considerata vera e reale, quasi fossero i truci disegni animati di una produzione giapponese o qualcosa di molto lontano visto in TV o navigando su Internet.
 
Nello stesso tempo viviamo nella società del vuoto, vuoto in particolare di valori, di mentalità, di tolleranza. Si illudono i giovani proponendogli i vari reality-show tipo Grande Fratello, Amici, ecc. facendo loro credere che diventeranno qualcuno e spegnendo in seguito le luci abbandonandoli alla realtà spesso più dura di quanto si pensi.
 
Le fiabe sono nate da processi di simbolizzazione e associazione e attraverso questo lavoro, nella loro forma, hanno il compito di sviluppare attenzione e perspicacia all’ignoto, al male, al pericolo.
La veloce società di oggi sembra non voler più permettere di pensare, di indagare, di rafforzare le nostre difese. Nelle pretese di razionalità totale ci si sforza di trasmettere messaggi rassicuranti, credibilità certe, asserzioni inconfutabili, non lasciando spazio all’ignoto, al non conosciuto, all’inafferrabile. Ma non si tratta di credere o di non credere al diavolo. Piuttosto il problema è imparare ed insegnare a riconoscerne la coda.
 
Come ha scritto Anton Cechov ne Il Duello: “Guardate ben in faccia al diavolo, e se diavolo è, dite apertamente che è diavolo: ma non vi rifugiate da Kant, o da Hegel a cercar spiegazioni.”

Commenti all'articolo

  • Di Giove (---.---.---.29) 20 novembre 2008 07:08

    Caro Mazzoleni, hai perfettamente ragione. Bisogna ’imparare a riconoscerne la coda’. Ma debbono riuscirci sia i genitori che i bambini. Suggerisco a tal fine il libro dell’esorcista spagnolo Fortea, ’Summa Daemoniaca’ (Tre Editori) che oltre ad essere un trattato di demonologia ed esorcismi, fa proprio questo: aiutare a riconoscere il diavolo. E lo fa con domande e risposte di tipo ’catechistico’ che servono anche ai bambini. 

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