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Nicola Cosentino: «Abbiamo l’obbligo come Commissione di approfondire questa questione»

Il sistema giuridico italiano ha uno strano modo di investigare e di intervenire: tende a frantumare un'unica inchiesta in mille faldoni, tende a responsabilizzare un solo uomo invece di colpire tutte le persone coinvolte nell'atto criminale.

Strana anche la reazione dei massmedia; la maggior parte dimentica di collegare i fatti odierni con quelli passati, impedendo, a chi legge, di farsi una giusta e sana opinione. Lo scopo è alleggerire la posizione del colpito, dell'accusato, mostrarlo meno ''orco'' di quello che in realtà è.

Così succede che un giorno qualunque, la questione Nicola Cosentino irrompe in Commissione ecomafia. Perché soltanto oggi? Perché un politico così potente, con incarichi così strategici e con parenti così speciali, (boss casalesi), non veniva tenuto sotto stretta sorveglianza?

Nell’avviso di chiusura delle indagini, la Procura di Napoli, la stessa che procura titolatrice delle indagini sulla gestione e traffico dei rifiuti in Campania fino al 2009, ha dedicato uno specifico capitolo dell’accusa al ciclo dei rifiuti. Cosentino, scrivono i pm, «contribuiva in modo decisivo alla programmazione e attuazione del progetto finalizzato a realizzare nella regione Campania un ciclo integrato dei rifiuti alternativo e concorrenziale a quello legittimamente gestito dal sistema Fibe-Fisia Italimpianti, così boicottando le società affidatarie, al fine di egemonizzare l’intera gestione del relativo ciclo economico e comunque creare un’illecita autonomia gestionale a livello provinciale, controllando direttamente le discariche, luogo di smaltimento ultimo dei rifiuti, e attivandosi nel progettare la costruzione e gestione di un termovalorizzatore, strumentalizzando le attività del commissariato di governo per l’emergenza rifiuti all’uopo necessario». Dunque uno scenario inquietante «che impone una nuova riflessione sull’emergenza campana e sulla sua gestione», sottolinea Alessandro Bratti, capogruppo Pd nella Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti che ha presentato al presidente Pecorella la richiesta che l’infiltrazione della criminalità organizzata nell’affaire della spazzatura divenga la priorità dell’organismo d’inchiesta. «Abbiamo l’obbligo come Commissione di approfondire questa questione», ha ribadito Bratti, la cui richiesta è stata accolta da Pecorella.

Le domande da porre e che devono porsi i magistrati sono:

  • I diversi commissari straordinari che si sono succeduti dal 1994 al 2010 in Campania, in quale modo potevano ignorare l'agire di Nicola Cosentino?
  • Di chi erano le firme sopra le autorizzazioni, sopra le concessioni, chi gestiva i bandi e gli appalti che Cosentino, secondo i pm, pilotava facendoli vincere ai suoi amici?

Potevano i commissari, i vertici degli enti preposti a supervisionare la gestione dei rifiuti ignorare il potere di Nicola Cosentino? Se i pm dicono che Cosentino gestiva, in piena autonomia, le discariche, poteva lo stesso Bertolaso e quindi il Cipe e quindi il consiglio dei ministri ignorare l'illecito? Come si può iscrivere sul registro degli indagati, quindi accusare, solo Nicola Cosentino? Il procuratore di Napoli, come può credere, davvero, che solo Nicola Cosentino ha gestito, per tutti questi anni, la programmazione e l'attuazione del progetto finalizzato a realizzare un ciclo integrato dei rifiuti? Le intercettazioni, le prove delle falsificazioni delle analisi sulla valutazione impatto ambientale, chi le ha firmate? Cosentino? La Fibe-Fisia Italimpianti, società che si è prestata al gioco sporco di Cosentino, di chi era? Non è di Impregilo e quindi, Impregilo sapeva? Certo che sapeva, lo sapeva dal 2000.

Ma Impregilo fa tremare il governo, troppo grande, troppo importante, meglio lasciarla fuori. Del resto sono anni e anni che sta costruendo la Salerno – Reggio Calabria. Anni e anni, ma l'ammodernamento dell'autostrada non è stata ancora ultimata. Comodo dar ragione alla piccola camoruccia locale. Anche qui i massmedia si prestano al gioco.

Il Gruppo Impregilo:

  • Presidente: Massimo Ponzellini; anche presidente della banca Banca Popolare di Milano (dal 04/2009)

  • Vicepresidente: Giovanni Castellucci; è anche consigliere di Atlantia

  • Vicepresidente: Antonio Talarico; è anche consigliere di Immobiliare Lombarda, Milano Assicurazioni e Fondiaria Sai

  • Amministratore delegato: Alberto Rubegni

  • Consigliere: Andrea Novarese; è consigliere anche di Meliorbanca, Alerion Industries e Gemina

  • Consigliere: Marcello Gavio

  • Consigliere: Nicola Fallica; è consigliere anche di Immobiliare Lombarda

  • Consigliere: Maurizio Maresca; è consulente della giunta comunale di Marta Vincenzi a Genova

  • Consigliere: Claudio Cominelli

  • Consigliere: Giuseppe Piaggio; è consigliere anche di Atlantia

  • Consigliere: Alberto Sacchi; è consigliere anche di Autostrada Torino Milano e SIAS S.p.A.

  • Consigliere: Alfredo Cavenenghi

  • Consigliere: Andrea Gardelli

  • Consigliere: Beniamino Gavio; è consigliere anche di SIAS S.p.A.

Partecipazioni:

 

  • Consorzio Alta Velocità Torino/Milano - C.A.V. To.Mi. - 74,69%

  • Consorzio Alta Velocità Emilia/Toscana - C.A.V.E.T. - 75,98%

  • Eurolink S.C.p.A. - 45%

  • Passante di Mestre S.c.p.A. - 42%

  • Pedelombarda S.C.p.A. - 47%

  • Fisia Italimpianti S.p.A. - 100%

  • Fibe S.p.A. - 99,98%

Azionisti:

Il pacchetto di controllo di Impregilo è detenuto da IGLI S.p.A. (29,866%). La società fa capo, con quote paritetiche del 33%, a Autostrade per l'Italia S.p.A. (gruppo Benetton), Argo Finanziaria (gruppo Gavio) e Immobiliare Lombarda (gruppo Fondiaria Sai).

Altri azionisti:

  • Gruppo Assicurazioni Generali - 3,249%, tramite:

    • direttamente - 1,654%

    • Toro Assicurazioni S.p.A. - 0,550%

    • Nuova Tirrena S.p.A. - 0,346%

    • Augusta Assicurazioni S.p.A. - 0,332%

    • Augusta Vita S.p.A. - 0,182%

    • Fata Assicurazioni Danni S.p.A. - 0,025%

    • INF Società Agricola S.p.A. - 0,004%

    • Genagricola Generali Agricoltura S.p.A. - 0,004%

    • Agricola S. Giorgio S.p.A. - 0,004%

  • Kairos Partners SGR - 3,313%

  • UBS - 2,008%

Torniamo alla Campania e alle indagini che vedono accusato e coinvolto soltanto Nicola Cosentino, vediamo lo '' storico ''.

Il primo documento della Commissione parlamentare di inchiesta sui rifiuti in Campania risale al 24 ottobre del 1997. Tutto parte dal ritrovamento di alcuni fusti a Pontilia, la ditta responsabile dell'impianto, era la SIR s.r.l. (Società Imprese Riunite) di Roma. La SIR s.r.l. La società muta assetto una prima volta nel 1996, con l’ingresso di Nicodemo Spadari in sostituzione a Vittorio Ugolini, diventando amministratore unico nel 1999. Dalla documentazione esaminata dalla commissione emergeva che la SIR s.r.l. deteneva consistenti pacchetti di quote di capitale sociale di altre imprese operanti nel ciclo dei rifiuti: il 25% della Ecodasty Srl; l' 80% della Sateco - Servizi Applicazioni Tecnico Ecologiche Srl; il 50% delle Imprese Riunite Spra-Sir Scrl.

La SIR s.r.l. era proprietaria anche di un “laboratorio”, un deposito di automezzi ed autofficina, a Roma, dove risultavano avere sede legale diverse società, tra cui la Bohemia s.r.l., costituita nel febbraio del 1990, “con capitale sociale di lire 40 milioni, il 40 per cento versato da Francesco La Marca (figlio di Domenico La Marca, tutti tratti in arresto nel 1993 per “associazione a delinquere di stampo mafioso” con altri membri del clan dei casalesi, in relazione all'indagine “discariche d'oro”). E' stato provato traevano vantaggio dal monopolio del traffico dei rifiuti creato dall'associazione mafiosa, grazie a false certificazioni degli organismi di controllo provinciali, e ai rapporti corruttivi garantiti dai clan della camorra, smaltendo rifiuti tossici industriali illeciti. La falsificazione di atti, bandi e documenti lo ritroviamo nello scandalo Mastella; assunzioni pilotate all'Arpac Campania, i documenti recenti che comprovano la certificazione falsa sullo stato delle discariche e le falsificazioni sulle analisi effettuate.

La Ines Sud s.r.l., costituita a Brindisi nell'ottobre 1988, nel gennaio 1991 cessa l'attività a Brindisi e si trasferisce a Napoli. Il capitale sociale della Ines Sud s.r.l., il cui presidente del c.d.a. era Francesco Rando, inserito negli organigrammi di varie società operanti nel settore della raccolta, trasporto, stoccaggio e smaltimento di rifiuti. La ditta La Marca Enterprise s.r.l., impresa della famiglia La Marca di Ottaviano ( la famiglia di Salvatore La Marca, storico sindaco di Ottaviano, ras dei rifiuti, amico di Raffaele Cutolo, due discendenti in affari con le discariche dei casalesi, sempre assolto ) è stata costituita nel marzo 1988, posta in liquidazione nel 1997 ma nuovamente attiva dal febbraio 1998, dopo la revoca della messa in liquidazione.

Spra s.p.a. e Nuova Spra Ambiente s.p.a. sono due nomi della stessa società che si occupano ovviamente di rifiuti. Costituita nel dicembre 1972 come Spra s.p.a., ha cambiato nome nel 1998, fondendosi per incorporazione con la Emas Ambiente del gruppo Colucci Appalti di San Giorgio a Cremano (Na). La sede della società è a Napoli, fino al 1997 nella società figuravano diversi componenti della famiglia La Marca, insieme a membri dei Colucci. Tutti accertati essere mafiosi.

I Colucci, attivi sin dagli anni ’80 nel settore dei rifiuti hanno dato vita nel corso degli anni ad altre società con i La Marca e con membri della famiglia dell’ex sindaco di Ottaviano, Antonio Agostino Ambrosio, detto “Tonino o’ biondo”, la cui amministrazione nel novembre 2009 è stata sciolta per infiltrazione mafiosa, la De.Le.Co., la S.A.I., e la Cooperativa San Marco, colpite da interdittiva antimafia in quanto permeabili “ai voleri della criminalità organizzata e segnatamente al clan Fabbrocino”, inoltre “I collegamenti tra il Colucci e Vittorio Ambrosio (rappresentante legale della De.Le.Co. nonché direttore tecnico della S.a.i. e figlio del consigliere di maggioranza Gennaro Ambrosio), emergono in modo chiaro dalla decisione del Consiglio di Stato laddove si riconosce la presenza occulta del Colucci e del collegamento di questi con il gruppo La Marca collegata alla società Nuova SPRA, anch'essa interdetta ai fini antimafia”. Nel documento di Scalia, seguendo la catena delle società e delle quote societarie emerge anche una società nodale per i traffici di rifiuti tra la Lombardia ed il meridione, la Ecolservice Italia s.r.l.

La Ecolservice Italia s.r.l. costituita nell'ottobre 1986, risultava controllata fino al luglio del 1998 da due società che, paritariamente, ne detenevano l'intero capitale sociale: la Elektrica s.p.a. di Napoli e la Fined s.p.a. di Milano. La Elektrica s.p.a., con sede a Napoli in piazza Giovanni Bovio 33, costituita nell'aprile 1982, ha iniziato l'attività di trattamento rifiuti nel giugno 1987, rilevando la Di.Fra.Bi. s.p.a., come si legge nella relazione della commissione è “il quartier generale delle imprese legate alle famiglie Di Francia, La Marca e Gaeta”.

La Elektrika s.p.a. (ex Di.Fra.Bi. s.p.a.), società proprietaria dei suoli della discarica di Pianura, è stata messa in liquidazione dal 26 luglio 2004, rappresentata dall’amministratore unico Gennaro Bruno, ed è stata colpita da interdittiva antimafia, a seguito dell’arresto dei Di Francia e dei La Marca, il 30 marzo del 1993, insieme ad altri esponenti del clan dei casalesi, per associazione a delinquere di stampo mafioso in relazione all’affare delle “discariche d’oro”.

L’inchiesta partì dalle dichiarazioni fatte, tra il 1992 ed il 1993, dal collaboratore di giustizia Nunzio Perrella. La discarica di Pianura, all’epoca gestita dalla Di.Fra.Bi., fu requisita nel novembre 1994, affidata temporaneamente all'ENEA, e continuò ad essere sede di sversamento anche per comuni ubicati fuori dalla regione Campania, nonostante già nel dell'11 febbraio 1994 fosse stato decretato lo stato di emergenza, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Nel corso del procedimento, che ha visto condannati i Di Francia-La Marca in secondo grado, la magistratura ha accertato che nella discarica di Pianura “(…)vennero smaltiti illecitamente, tra gli altri, rifiuti provenienti dall’ACNA di Cengio, nonché rifiuti solidi urbani provenienti da regioni del Nord Italia e fraudolentemente fatti entrare in Campania”.

Tra coloro che hanno rivestito cariche nella Elektrica s.p.a., compare anche Giuseppe Giordano, direttore tecnico sino al 28 aprile 1988 e, in quegli stessi anni, amministratore unico della Ines Sud s.r.l. di Brindisi, gestita da Vincenzo Fiorillo e Vittorio Ugolini della SIR s.r.l.. Con la Ines Sud Giordano venne condannato, nel 1992, a 6 mesi di reclusione per lo smaltimento illegale delle ceneri della centrale ENEL di Brindisi ed altri rifiuti tossici nocivi.

Giuseppe Giordano, di Somma Vesuviana, era titolare anche di due società incorporate dalla Di.Fra.Bi. s.p.a., la C.I.T.E.T. s.r.l. e la CISE s.r.l., società nata nel 1984 che nel 1987 risultò essere coinvolta nel traffico illecito dei fanghi tossici provenienti dall’ACNA di Cengio, destinati alla discarica Schiavi di Giugliano, di Gaetano Vassallo.

La Elektrica s.p.a. ha controllato sino al 1996, la Cetan s.r.l., società satellite del gruppo italo-svizzero facente capo alla Celtica Ambiente s.r.l.

Nel 1998 il capitale sociale della Cetan Srl era detenuto al 95% da Giorgio Di Francia e Francesco La Marca. Giorgio Di Francia, detto “a’ casella”, è stato amministratore delegato della Sistemi Ambientali s.r.l. di La Spezia, fino al 30 gennaio 1993.

La Celtica Ambiente s.r.l., società costituita a Roma nel maggio del 1990, nel novembre 1991 cessava l’attività nella provincia di Roma per trasferire la propria sede a Milano.

Tra le società controllate dalla Celtica Ambiente s.r.l. figurava Cetan s.r.l. di Napoli il cui capitale sociale, al 30 maggio 1998 era detenuto da Giorgio Di Francia, Francesco La Marca e Pietro Gaeta. Il clan La Marca nel 2006 li troviamo implicati anche in un’altra inchiesta giudiziaria della Direzione Investigativa Antimafia, questa volta sulla vicenda Simont s.p.a., la società di Roberto Montagna, classe 1970, incaricata nel dicembre del 2007 dal Commissariato straordinario ai rifiuti della regione Campania, sotto la direzione dell’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro, di procedere all’allestimento della discarica di Pianura, temporaneamente occupata, dopo il rifiuto del sindaco di Casalduni (BN) di riaprire la discarica, i cui lavori di ripristino furono affidati alla Simont s.p.a..

La Simont s.p.a., con Roberto Montagna amministratore unico vede tra i sindaci effettivi Antonio Demitry, nato a San Giuseppe Vesuviano, segnalato dalla DIGOS di Benevento per “associazione per delinquere e truffa per il conseguimento delle erogazioni pubbliche”. Fino a marzo 2008 la società è stata la principale interlocutrice dei commissari straordinari ai rifiuti, il prefetto Pansa prima e Gianni De Gennaro poi, per l’apertura delle discariche di Casalduni, Pianura, Marigliano, Carabottoli, Ferrandelle per la realizzazione dei siti di stoccaggio delle ecoballe.

Nell’interdittiva antimafia che ha colpito la Simont emergevano rapporti con ditte sospette, come la Edilcalcectruzzi srl della famiglia di Sergio Marinelli, ex cutoliano, condannato a 18 anni di reclusione per l’attentato al procuratore Gagliardi.

Tra i fornitori della Simont anche la Sgb Gevi spa, dove ritroviamo Diomede Pisanti, nel ruolo di membro del collegio sindacale delle “Scuderie Montesomma”, considerato dai carabinieri un personaggio riconducibile ai La Marca con i quali è in società nella Linsag.

Il sempre incensurato Pisanti è anche proprietario di alcune quote della Banca Popolare Vesuviana. Il decreto legge di Berlusconi che affidò al sottosegretario Bertolaso la direzione dei lavori di completamento del Termovalorizzatore di Acerra, prevedeva anche l’apertura di due discariche, Chiaiano e le cave di Terzigno di proprietà Gennaro Vitiello e della Sari srl.

Nell’indagine della DDA, tuttora in corso, sarebbero finiti anche i siti di Terzigno e in particolare le cave Pozzelle 1, 2, 3, e 5, di proprietà di due ditte, la Sari s.r.l. (cave 1, 2 e 3) e la cava Vitiello (cava 5), per i rapporti di parentela di quest'ultimo con il boss Mario Fabbrocino.

Oggi a gestire le discariche di Terzigno troviamo: ''SOCIETA' AGRICOLA RECUPERI INDUSTRIALI S.A.R.I. S.R.L.''. Qualcuno indaghi sull'assetto della società.

(…) Circa 25 anni fa il WWF denunciò la presenza di una discarica sul Vesuvio nella quale pascolavano i maiali. Sembra incredibile che a distanza di tanto tempo questo pascolo avvenga ancora. All'epoca, il titolare della discarica era un consigliere provinciale di cui fu chiesta la destituzione. Il consiglio provinciale dell'epoca rigettò la richiesta del WWF di destituire d'autorità il consigliere provinciale, ma fortunatamente l'autorità giudiziaria ne dispose l'arresto pochi giorni dopo. Questo personaggio si chiamava Di Francia, cognome che ritroviamo, guarda caso, a proposito della discarica di Pianura, alle pendici dei monti Astroni. E' la stessa persona o un congiunto di quel Di Francia? Come mai questa discarica, su cui pascolano i maiali - che all'epoca facemmo visitare da un veterinario, che constatò che erano tutti gravemente malati, avendo il fegato in frantumi, e la cui carne era nociva per la salute dell'uomo -, è ancora in funzione?

Pensate, oggi abbiamo ben 3 di queste discariche nel Parco Nazionale del Vesuvio. (Dichiarazioni rese alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, missione in Campania, 16 settembre 1997, Giovanni Lubrano Di Ricco presidente del WWF, e Fernando Di Mezza, presidente di Legambiente per la provincia di Napoli).

Alfieri, diventato collaboratore di giustizia, ricostruirà la fine dei cutoliani con queste parole:

“Voglio a questo punto esprimere un concetto che ritengo importante: buona parte dei politici campani, certamente quelli che ho indicato come dorotei, proteggevano Cutolo in virtù della capacità di controllo militare del territorio e della conseguente forza di aggregazione del consenso elettorale che costui riusciva ad esprimere; una volta iniziata la sconfitta del Cutolo, automaticamente la nostra organizzazione (con i suoi alleati) ereditò quelle stesse coperture politiche. Insomma, così come ci impossessammo del territorio, ci impossessammo anche di tutti i rapporti con i rappresentanti politici e della imprenditoria che prima avevano avuto rapporti con Cutolo. (Interrogatorio del 18 febbraio 1994)

Salvatore La Marca, ex sindaco di Ottaviano, il paese di Raffaele Cutolo, ex consigliere provinciale del PSDI, ex assessore al turismo e vicepresidente della provincia, è stato per circa due decenni alla testa di un feudo dove, con il “suo” partito otteneva clamorosi successi, arrivando (caso unico in Italia) fino al 37% dei voti.

Soltanto Nicola Cosentino?

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