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Nemico Pubblico. Un disastro Ma(nn)stodontico

E’ come se potessi vedervi. Facce stupite, labbra serrate, sudore freddo: per una volta Johnny Depp non basta a salvare un film. Era stato bravo fino ad ora in effetti con il suo carisma camaleontico, a portare in alto progetti che partivano con aspettative di pubblico enormi, per poi rivelarsi poco incisive e ricordabili.Questa volta però l’impresa era talmente ardua che nemmeno lui è riuscito a brillare tanto da scongiurare il disastro.

Michael Mann si è buttato a capofitto in una storia abbozzata in partenza, ispirandosi ad un saggio sui criminali attivi durante il periodo della Grande Depressione americana (dal 1933 al 1943) raccontando la storia di John Dillinger (Johnny Depp) rapinatore di banche leggendario e inarrestabile, che appena finito in gattabuia sapeva rimanerci solo poche settimane prima di riuscire tranquillamente a scappare e a ricominciare da capo il suo lavoro. Baby Face Nelson e Pretty Boy Floyd ricercatissimi anch’essi, davano filo da torcere alla giustizia e all’FBI rimanendo latitanti e operativi.
Questo fino all’arrivo di Melvin Purvis (Christian Bale) chiamato a capo dell’operazione “togli il sistema di giustizia americano dal baratro della vergogna in cui è finito” direttamente da John Edgar Hoover (Billy Crudup), direttore del bureau.

Lo svolgimento del film e della sceneggiatura non si scostano molto dal breve racconto della trama.



Dillinger vive di donne e di adrenalina da casseforti, di complotti non troppo macchinosi, soprattutto di amicizie clientelari. Un accenno di vita sentimentale quotidiana viene dato quando il protagonista incontra la guardarobiera Billie (Marion Cotillard) di cui si innamora, ma i pochi sprazzi di emozione e sensualità risultano talmente inconcludenti da diventare fastidiosi.

Invisibile Christian Bale, con un’espressione crucciata da duro in quasi tutta la pellicola, ma meno convincente che mai nell’interpretare il suo personaggio (sebbene fosse il più articolato fra tutti), sacrificata la Cotillard, che è un premio Oscar ricordiamocelo, sempre intensa e bellissima, ma inutile al fine della riuscita di questa pellicola e tristemente sottotono Depp probabilmente stanco di concentrarsi su personaggi tra l’energetico e il pazzo, tra lo svalvolato e l’istrionico, si è ritrovato ad interpretarne uno inizialmente intrigante, ma sempre più vuoto e privo di guizzo emozionale durante il tempo filmico, fino alla morte cerebrale di quello che doveva essere un incallito rapinatore pieno di forza vitale e dannatamente spericolato.

Siamo lontani dai grandi film ambientati negli anni trenta, le gangster stories funzionano forse di più quando si descrive l’ambiente mafioso: Gli intoccabili di DePalma, l’immenso C’era una volta in America di Leone o il Lucky Luciano di Rosi, film ispirati e di denuncia, che hanno scritto la storia del cinema di genere.
A quanto pare non è così facile darsi ai racconti pseudobiografici, Mann è caduto nella trappola della modernità ad ogni costo e del film “sparaspara” che sfonda i botteghini. Purtroppo questa volta non penso ci sia pericolo, lo dico per chi ai botteghini ci lavora.

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