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Nawal, L’angelo dei profughi

“Non ho altra strada
Non vado via per passare il tempo
La mi casa sotto le bombe trema
E la cenere della guerra mi ha accecato
Chiamala fuga o asilo umanitario
Lasciami tentare
In fondo sono un essere umano”
Iyad Rimawi, musicista siriano

Nawal ha 27 anni e già un libro parla di lei. Un libro dedicato alle migliaia di persone che non possono più parlare perché sono morte nel nostro Mar Mediterraneo, perché l’Europa ha chiuso le frontiere.

Occhi scuri, una voce forte e determinata, un fiume in piena. Le sue parole fanno trattenere il respiro per il loro peso e intensità.
Come si deve sentire una ragazza che sa che il suo numero di telefono è nelle rubriche telefoniche dei migranti ? Sa che in caso di pericolo in mezzo al mare sarà il suo telefono a squillare, anche nel cuore della notte. Sa che sarà lei a farsi forza anche per tutte le persone nel barcone e gridare forte al telefono “Datemi le coordinate! Mi servono le coordinate!!”. Strappare quella risposta e poi subito, senza perdere lucidità e fermezza, chiamare la Guardia Costiera e segnalare l’SOS. A sua volta la Guardia Costiera cercherà di rintracciare navi non troppo lontane che potranno portare aiuto.

E mentre racconta degli sbarchi sulle coste della Sicilia la vedo. Minuta e determinata, con il cuore in mano e occhi attenti a ogni persona che mette piede a terra. La vedo stringere le mani delle donne e dare un bacio sulla testa a ciascuna. “Poi sulla bocca rimane il sapore del sale, di tutto il loro viaggio”. Perché quel bacio, per loro, vale molto di più di mille euro in contanti.

La vedo mentre alla stazione di Catania fa rinascere le persone migranti ridando loro dignità anche con un vestito, un panino, una semplice barzelletta. Perché la dignità è qualcosa senza prezzo.

Nawal intanto, nell’affollata sala della Cooperativa Biofficina in un venerdì sera a Milano, ammonisce con forza che permettendo tutte queste morti senza fare nulla non ci rendiamo conto che ogni giorno miniamo la nostra democrazia.

Tengo in mano il libro “Nawal L’angelo dei profughi” come una qualcosa di prezioso. Ci spiegano che parte del ricavato sarò destinato a progetti a favore dei migranti. A quali profondità o altezze mi accompagneranno queste parole? Cosa intendeva Nawal dicendo “Dare a volte fa molto male. Ma vi spiegherò come si fa.”

Un grazie sentito a Daniele Biella, che da anni percorre con profonda umanità due strade che spesso sovrappone con intelligenza e sensibilità: il giornalismo e l’attivismo per i diritti umani.
Grazie per averci raccontato questa storia di incredibile coraggio che per la sua forza stessa e’ contagiosa.

Monica Mazzoleni per Segnali di Fumo

“Nawal L’angelo dei profughi” di Daniele Biella, Edizioni Paoline

Questo articolo è stato pubblicato qui

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