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Napoli Teatro Festival: leggerezza e disillusioni per “Zio Vanja” e “Tre sorelle” di Konchalovsky

Dopo aver debuttato nella scorsa edizione del Napoli Teatro Festival con La bisbetica domata, Andrej Konchalovsky ha presentato quest’anno due nuovi allestimenti, Zio Vanja e Tre sorelle, andati in scena il 12, 13 e 14 giugno al Teatro Mercadante, nell’ambito del Focus dedicato a Cechov. Il regista ha sottolineato la vicinanza tra i due testi cechoviani usufruendo dello stesso cast di attori e della stessa scenografia per entrambi gli spettacoli.

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Zio Vanja

Le pièce, vere e proprie tragedie della disillusione, delle occasioni mancate, raccontano di personaggi che descrivono continuamente i loro sogni, le loro aspirazioni, ma non agiscono mai per cambiare la loro situazione di infelicità. E se anche tentano di stravolgere la loro vita, come lo Zio Vanja, falliscono. Vanja infatti, per anni ha amministrato la tenuta della nipote Sonja e ne ha versato i contributi al cognato, vedovo di sua sorella e padre di Sonja. Ha perso gli anni più belli della sua vita lavorando continuamente, all’ombra del cognato professore, considerato dalla famiglia alla stregua di un semidio. Con l’annuncio della sua intenzione di vendere la tenuta che non gli rende quanto serve, emerge però tutta la meschinità e l’egoismo del professore, difetti di cui sembra accorgersi solo Vanja, il quale, preso dalla rabbia, tenta di ucciderlo, mancandolo.

Vengono qui riflesse l’incapacità o la non volontà ad essere felici. In Vanja, interpretato con sorprendenti picchi di isterismo che rasentano la follia, ritroviamo la presa di coscienza dell’uomo che non vuole più nascondersi la verità di una vita sprecata, anche in amore.

Stesse disillusioni, stessa cruda presa di coscienza della realtà in Tre sorelle. Olga, la maggiore e più materna delle tre; Maša, sposata ad un professore che non ama; Irina, la più giovane. Con loro, il fratello Andrej, giovane intellettuale dal futuro promettente. Insieme, sognano di tornare a Mosca, dove hanno vissuto da piccoli e di lasciare la monotonia della vita di provincia. L’incendio che colpisce parte della città è poi un presagio e un’anticipazione della distruzione di tutti i sogni, a cui solo Irina non sembra rassegnarsi. Gli altri personaggi invece, sapientemente adeguano i loro sogni alla realtà: alcuni mascherano i fatti, altri li accettano per non perdere l’equilibrio conquistato a fatica. L’incomunicabilità, la noia e la solitudine vengono poi trasmessi attraverso dialoghi spesso sganciati gli uni dagli altri: i personaggi non sono quasi mai da soli, ma nessuno capisce o ascolta realmente l’altro.

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Una scena di Zio Vanja

Konchalovsky, parlando di Cechov, afferma che

"È facile voler bene agli Eroi di talento che non sono prostrati dal dolore o dalla vita stessa. È difficile voler bene ai filistei mediocri, incapaci di un atto eroico. Cechov vuol bene a questa gente, perché sa che la vita è unica e breve”. E ancora, “La sua profondità si evince dal fatto che voleva bene alla gente così com’era e non come avrebbe dovuto essere”.

In entrambe le performance, i cambi di scenografia si svolgono sotto gli occhi del pubblico, quasi a volerlo riportare alla realtà, dopo le lunghe scene di una tale precisione e realismo, da sembrare parti di una vita vera. Se in Zio Vanja, tutti gli attori erano presenti in scena, seduti in disparte e nella penombra, aspettando il loro turno di entrare in scena, in Tre sorelle si segue invece una regia più classica.

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Il regista Andrei Konchalovsky

Qui il regista inserisce però, a sorpresa, alcune brevissime interviste agli interpreti. In Zio Vanja, i cambi di scena vengono accompagnati dalla registrazione video e audio del traffico di città, tra macchine, clacson e luci della notte, quasi a voler dimostrare quanto le vicende che caratterizzano questi personaggi siano vicine alla realtà attuale, quindi vividissime agli occhi dello spettatore. Viene riutilizzata la pedana centrale, cornice degli eventi in entrambi gli spettacoli. Anche l’altalena, simbolo dell’innalzarsi dei sogni che poi rimangono ancorati a terra, viene riproposta, insieme all’ingresso di una misteriosa donna vestita di bianco e accompagnata dalla stessa malinconica e dolce melodia.

Konchalovsky, con leggerezza e un pizzico di ironia, ha messo così in scena due tra i più importanti capolavori di Cechov. Attraverso scene e costumi d’epoca, sottolinea, per contrasto, quanto i sogni infranti di una vita e la disperazione per la presa di coscienza possano risultare ancora terribilmente attuali.

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