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Napoli. C’è anche chi reagisce

Una giovane di 26 anni malmenata a Piazza Bellini dopo aver difeso un suo amico, oggetto di insulti omofobi.

Picchiata per aver tentato di difendere un amico. Nel mare di indifferenza in cui è sprofondata Napoli e l'Italia intera, una sola ragazza proprio non ha resistito agli insulti, agli spintoni, alle ingiurie di cui un gruppo di novelli Teddy Boys partenopei si è reso protagonista nei confronti di un ragazzo omosessuale. L'episodio è accaduto in Piazza Bellini, cuore di quel centro antico di Napoli, famoso per le sue connotazioni variopinte, per una mescolanza di culture e colori che potrebbe fare della città partenopea un modello europeo di integrazione. Purtroppo la Napoli di "mille colori", però, è rimasta una canzone d'altri tempi, forse un sogno svanito dietro l'ignoranza, la miseria, la meschinità di chi confonde la libertà col menefreghismo.

"Hanno cominciato a prenderlo in giro per la salopette e per una borsa che portava. Lo hanno spinto, insultato e preso a schiaffi. Io non sopporto le ingiustizie. Sono intervenuta". Questa la testimonianza della giovane che ha assistito all'aggressione che lei stessa definisce omofoba. La ragazza poi prosegue descrivendo come, dopo il suo intervento in difesa dell'amico, sia stata aggredita in maniera piuttosto violenta dal gruppo di teppisti: "Mi sono raggomitolata, con la testa sulla pancia, ma hanno continuato a prendermi a calci. Quando hanno visto la maglia piena di sangue sono fuggiti in scooter". C'è da sottolineare come nessuno tra i presenti alla scena abbia mosso un dito per aiutare la giovane mentre era pestata. Soltanto dopo qualcuno le ha offerto un po' d'acqua.

La giovane donna, in ospedale, rischia di perdere un occhio in seguito alle percosse subite. Di certo, però, non perderà la dignità. "Non so se perdo l´occhio, ma ho la testa che funziona. Li potrei riconoscere e spero che la polizia li arresti". Per qualcuno, sicuramente, questa scelta non sarà opportuna. Qualcun altro sarà pronto a dire al proprio figlio "Fatti gli affari tuoi, sempre e comunque e vedi che non ti succederà mai niente". Il niente evidentemente attira molto più di quello che si pensa. L'ovvietà, la routine, l'indifferenza, il niente appunto, sono il sale di quest'epoca. L'asso nella manica di chi gestisce porzioni di territorio come se stesse giocando a Risiko.


Tra gli inquirenti si ipotizza, infatti, che all'orgine dei frequenti raid di Piazza Bellini contro gli omosessuali vi sia una frattura tra i Mastiffs, un gruppo appartenente alla tifoseria organizzata partenopea, e alcuni clan del rione Sanità. I due gruppi si contenderebbero il dominio della zona a suon di manifestazioni di forza. Una forma di violenza, tra l'altro, molto più affine alla vigliaccheria che alla potenza. Ebbene mentre i capiclan delle varie zone di Napoli giocano a Monopoli, c'è un'altra parte della città che è totalmente assente. Forse in preda al panico, forse con una tremenda voglia di andar via il prima possibile.

Nella città partenopea, da quando si è bambini, molti tra genitori, amici, parenti, cercano di infondere un virus che da queste parti si chiama "cazzimma". La frase ricorrente è "Se non hai la cazzimma a Napoli non puoi vivere". Tradotto cazzimma vuol dire semplicemente "sopraffazione, cinismo, rabbia, volontà di potenza. Ormai la parola fa anche parte del folklore partenopeo. Si tramanda da padre in figlio come la migliore della tradizioni, come un archetipo marchiato a fuoco nell'inconscio sociale della città. E allora ti vengono in mente le parole di Giovanni Falcone che parlava della mafia come di una forma di estremizzazione della società siciliana a vocazione familiare. Che non sia proprio quella "cazzimma" l'humus di cui si nutre la piccola e grande criminalità organizzata? La ragazza di Piazza Bellini, in tale contesto, è una specie da salvare. In lei, come in tantissimi altri giovani partenopei c'è sicuramente da qualche parte una piccola fiammella che si chiama Resistenza, rispetto, integrità.

A Napoli ciò che manca è quel collante che tiene unito tutto ciò che ha di buono questa città. Non c'è nessuna percezione dell'esistenza di parole come comunità o collettività. Proprio perchè da bambini si è disabituati a pensare in questo modo. Ed ecco che allora un rumeno che si contorce per il dolore a terra diventa il primo nemico per la propria voglia di indifferenza. Ed ecco che una ragazza è costretta a battersi da sola contro dei teppisti. Una città, una società, che lentamente sprofonda negli abissi.


INTERVISTA: Paola Concia (Pd): “Diritti dei gay vitali per la crescita del Paese”

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