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Moda Vox: La Maison Du Couturier il marchio forzatamente outsider della moda italiana

Lamberto Petri, mente creativa dietro il marchio tutto italiano La Maison du Couturier si racconta attraverso Moda Vox e parla dei suoi inizi difficili in Italia, il trasferimento del brand a Londra e il successo raggiunto a Tokyo. Fuga di cervelli anche nella moda?

Ho conosciuto Lamberto Petri e il suo marchio La Maison du Couturier all’iniziativa By Hand di Torino, di cui presto racconterò. La sua collezione era un piccolo gioiello accanto ad altri talentuosi designer, la sua storia mi ha particolarmente colpita così come il suo straordinario saper scrutare nell’animo femminile e concepire attraverso il tessuto forme sempre d’avanguardia e ispirate.
 
 
Dopo gli studi di psicologia a 20 anni Lamberto si sposta a Londra dove lavora nelle boutique di Hermes, Vuitton e Paul Smith, dopo 5 anni in Inghilterra e un master in fashion design e marketing torna in Italia con un bagaglio di esperienza sufficiente per fare breccia nel settore moda di Verona, dove incontra Barbara Premi, sua attuale modellista. La Maison du Couturier prende vita, con capi versatili e sempre in trasformazione conquista anche le boutique italiane come LUISAVIAROMA, Penelope, Tessabit e il suo sogno Antonioli, grosso nome nella Milano che conta, al quale si presentò con la prima collezione 9 abiti, 1 pantalone e una cappa ottenendo subito uno spazio.
 
Ciò che rende il creativo del marchio quasi un outsider nel suo Paese d’origine è, secondo lui, la poca considerazione dell’Italia nei confronti degli stilisti emergenti: "Dopo un’attenta riflessione ho decido di aprire il brand in Inghilterra, che ha un sistema più snello e meno costoso,ma soprattutto offre più possibilità ai new designer. L’Italia secondo me non è ancora pronta ad un cambiamento generazionale nel settore moda, le lobby dei grandi marchi controllano il mercato imponendo budget "assurdi" ai buyers che rimanendo senza spazio non possono inserire nuovi nomi."
 
E non si limita solo a pensarlo, agisce il coraggioso e impavido stilista, che dopo aver dovuto rinunciare al White (salone della moda milanese molto importante) a causa dei costi altissimi di partecipazione si è creato uno spazio tutto suo fuori dall’entrata della fiera, con i suoi capi composti in un’installazione in mostra sull’angolo della rotonda di Tortona. "Durante quei tre giorni le persone mi hanno: deriso, compiaciuto, umiliato, intervistato,acquistato... le reazioni son state molteplici, per lo più però positive (soprattutto da stampa e buyers stranieri)."
 
 
Ora il Giappone continua il suo interesse nel lavoro di Petri e de La Maison, una collezione è già in via di sviluppo, sempre realizzata con romanticismo, ma con uno sguardo alle esigenze della donna moderna. Le sete, il cachemere sono abbinati a tessuti lavorabili come il jersey e il rayon per poter adattare il capo a qualsiasi ora della giornata rimanendo sempre di splendido gusto e stile. E’ giusto che un marchio radicato nel made in Italy debba puntare solo sui mercati esteri o sulle boutade per farsi conoscere? Il talento non basta, servono gli spettacoli e lo scalpore in Italia per attrarre l’attenzione? Il vero made in Italy, se si continua di questo passo se lo aggiudicheranno gli altri Paesi che meglio di noi sanno concentrarsi sul punto essenziale della moda, una cosa è certa i talenti, come quello di Lamberto Petri è un peccato non saperli riconoscere.
 

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