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E se la Nutella fosse vietata? Intervista a Carlo Giuseppe Gabardini - VIDEO

Lui è uno scrittore, attore comico e autore teatrale e televisivo, c'è la sua firma anche su Reperto Raiot (di Sabina Guzzanti), Il Signor Rossi e la Costituzione (con Paolo Rossi), Piloti (con Enrico Bertolino e Max Giusti) e Camera Cafè (con Luca e Paolo): è Carlo Giuseppe Gabardini. Lo abbiamo contattato e invitato nel tinello di AgoraVox per parlarci delle sue attività contro l'omofobia e di molto altro ancora.

Salve Carlo, benvenuto su AgoraVox. Parliamo delle tue recenti iniziative. Cosa ti ha spinto a scrivere una lettera aperta a Repubblica intitolata "Non sentiamoci in colpa, si può essere gay e felici" e a fare coming out?
 
Grazie per il benvenuto. Beh, il motivo scatenante della lettera è certamente il suicidio di Simone, credo che togliersi la vita perché si viene reputati diversi dagli altri sia un avvenimento insopportabile che esige una reazione, e quindi l’ho scritta nella speranza (probabilmente vana!) che questa morte sia l’ultima per inaccettabili questioni di discriminazione sessuale. Quella domenica son tornato a casa e l’ho scritta di getto. Nelle ultime tre righe della lettera dico chiaramente: “Io della mia omosessualità non parlo mai perché penso che non sia una notizia. Ma se la non-notizia di esser gay, nel momento in cui viene dichiarata da tutti i gay, può salvare anche solo un ragazzo dal proprio proposito di suicidio, beh, allora lo dico: "io sono gay”. E che sia una non-notizia continuo a pensarlo; però quello che non sapevo e non pensavo prima di scrivere la lettera, è che l’azione di fare coming-out sia così liberatoria, così utile anche a se stessi, così foriera di energia positiva e vitalità, dunque così necessaria. Ero stupido, ora lo sono un po’ meno. Ma solo un po’, purtroppo.
 
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Adesso in un video racconti un mondo paradossale dove è vietato fare colazione con la nutella, mostrando - attraverso un paragone ironico e surreale - come può essere assurda l'esclusione e l'omofobia. Come nasce l'idea?
 
Il giorno stesso della lettera a Repubblica, le splendide persone che animano il sito “Le cose cambiano”, mi chiesero un video per il loro progetto e io accettai. Poi me lo richiesero il giorno successivo durante una diretta radiofonica a radio24, dove lavoro il sabato e la domenica, e glielo promisi pubblicamente, quindi – tecnicamente – mi incastrai. Appena dopo, mi disperai, perché non sapevo che video fare. Non volevo semplicemente parlare dei fatti miei (che gli frega alle persone?) ma desideravo essere utile anche solo a un ragazzo o una ragazza che potessero pensare che fosse inutile vivere in un mondo che li reputa e li fa sentire sbagliati. Poi pensai alla noia degli adulti che cercano di tranquillizzare i giovani con generiche parole rassicuranti. Poi pensai: scappo in Australia, quelli de "Le cose cambiano" non verranno a cercarmi fino a laggiù per pretendere il mio video. Poi pensai che sarebbe stato troppo difficile spiegare la fuga a mia mamma. Poi pensai: non lo faccio, gli dico che sono diventato muto. Poi pensai: e se mi vedono recitare in un film, che gli dico? Che sono doppiato da uno con l’eRRe moscia uguale alla mia? Poi pensai: fosse anche l’ultima cosa che faccio, ora ti devi far venire un’idea. Poi pensai per giorni (sì, lo so, sono lento e insicuro da far schifo) e decisi che volevo raccontare una storia, perché la questione della paura dell’omosessualità è una follia collettiva, di quelle cose che quando ci ripenseremo a problema risolto, ci sembrerà ridicola, pazzesca, incredibile. Un po’ come quando ci ricordiamo (con sdegno) che fino all’altroieri in questo Paese le donne non avevano diritto di voto. Ma come si fa a raccontare una cosa così assurda? Poi pensai che dovevo scrivere una favola. Poi feci colazione. Poi mi chiesi: che cosa sarebbe assurdo vietare per legge? Una cosa proprio che tutti capiscano al volo che se ne hai ribrezzo e terrore il problema è tuo? Poi presi una fetta di pane e ci spalmai sopra della nutella.
 
 
Mi sono dilungato, e ho raccontato solo il 10% della gestazione; e dovrei anche ringraziare tantissime persone che mi hanno supportato, consigliato, sopportato e spronato. Mi limiterò a dire grazie agli indispensabili Gabriele Ferraresi che ha fatto le riprese e a LaBuoncostume che mi ha salvato col montaggio. Tutti gli altri, fondamentali, li ringrazio quotidianamente e non ne possono già più. Scusate moltissimo la prolissità; alle prossime domande cercherò di rispondere a monosillabi.
 
Realizzerai altri video o iniziative in proposito?
 
Mi piacerebbe molto, ma visti i miei tempi, non posso garantire nulla.
 
Il pubblico più giovane ha imparato a conoscerti come Olmo. Tornerai ad indossare i suoi panni a Camera Café?
 
Per il momento la produzione è ferma, quindi non credo, e non dipende da me
 
Rimaniamo in tema, come è nata l'idea di una serie a camera fissa? Ho letto che sei tra gli autori e hai firmato diverse puntate.
 
L’idea (azzeccatissima) è del format francese, quindi poi vi do l’indirizzo e chiedete a loro. Sì, in Camera Café sono molto più autore che attore; a scriverlo eravamo un gruppo di persone che negli anni è cambiato diverse volte, e io ho co-firmato come autore tutti i 1970 episodi.
 
Con la satira e l'ironia hai un buon rapporto, Reperto Raiot e Il Signor Rossi e la Costituzione ti hanno permesso di raccontare il turbolento rapporto che ha il potere con chi ne mostra i suoi limiti. Come sono state quelle esperienze?
 
Semplicemente bellissime. Con Paolo Rossi sono anche stato in tournée per anni, avendo il privilegio di andare in scena e recitare al suo fianco; nei viaggi in macchina che ci riportavano quotidianamente a Milano è nata una collaborazione e un’amicizia che ci ha fatto scrivere assieme 7 spettacoli. Per me Paolo è un maestro, la storia fra lui e me è un libro, che nessuno dei due avrà mai la pazienza di scrivere.
 
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Dove trovarti on-line?
 
Sono su Twitter, Facebook, Instagram.. Ma molto spesso al bar sotto casa.
 
Prossimi appuntamenti che ti riguardano e che vuoi condividere con i nostri lettori?
 
Ho scritto il libretto di un’opera lirica che mi è stata commissionata dalla Fondazione Opera di Verona, s’intitola “Falstaff a pezzi” e dovrebbe andare in scena nel maggio 2014 al Teatro Ristori sempre di Verona. Sogno di vederla realizzata; ma coi tempi di crisi che corrono… Però sarebbe perfetta anche per la Scala di Milano, ché così mia mamma è più comoda. Qualche anno fa ho scritto la puntata zero di una trasmissione televisiva che si intitolava “Carlo, basta!”, che però, nonostante i complimenti, nessuno ha deciso di produrre. Sto anche scrivendo uno spettacolo di e con Walter Leonardi che debutterà l’11 e il 12 gennaio a Milano e si chiama “A-men”; sì, col trattino in mezzo. Il 9 dicembre inizio a girare un film, come attore, del quale però non posso dire niente. Mi piacerebbe tantissimo fare radio con continuità e infatti ringrazio molto Radio 24 ed Alessio Maurizi che al momento mi ospitano e sopportano sulle loro frequenze. E poi voglio occuparmi della questione dell’omosessualità, perché mi sembra doveroso e perché voglio fidanzarmi.
 
A presto e grazie per la chiacchierata
 
Grazie a voi, davvero, tanto e di cuore.

 

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