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Medici e medicine

Era settembre del 2011 quando fu reso noto il contenuto di una lettera che il presidente entrante e quello uscente della Banca centrale europea, rispettivamente Mario Draghi e Jean-Claude Trichet inviarono al capo del Governo italiano, che era ancora Berlusconi. A novembre però quella lettera pervenne a Mario Monti, che dell’ex “Cavaliere” aveva preso il posto. Nella missiva si chiedeva all’Italia di varare delle riforme per migliorare la competitività e favorire la crescita del Paese.

Queste, in buona sintesi, le prescrizioni dei due banchieri centrali: liberalizzazione dei servizi pubblici locali con privatizzazioni su larga scala; riforma del sistema di contrattazione salariale collettiva; interventi nel sistema pensionistico, allungando i tempi di ritiro dal lavoro. Draghi e Trichet chiedevano poi all’Italia di ridurre i costi del pubblico impiego, riducendo gli stipendi, se necessario; suggerivano inoltre tagli per gli enti locali e accennavano all’urgenza di introdurre nella Costituzione il “Fiscal compact”

La revisione dell’amministrazione pubblica, secondo i due banchieri centrali, era un capitolo a parte, intervenendo “soprattutto nei sistemi sanitario, giudiziario e dell'istruzione”. Abolire e fondere gli strati amministrativi intermedi (come le province). Nello spazio di tre governi e tre anni, l’Italia ha varato la “legge Fornero” per le pensioni; ha introdotto il “Fiscal compact” modificando, nell’aprile del 2012, l’articolo 81 della Costituzione.Il blocco dei contratti nel pubblico impiego è stato reiterato; i tagli nei trasferimenti agli enti locali e nel comparto della sanità hanno portato risparmi per miliardi. Interventi di aggiustamento si sono registrati sulle forme contrattuali di lavoro; le province sono state quasi abolite. Ciononostante, a giugno del 2012 il debito pubblico italiano era salito a circa duemila miliardi di euro e il dissanguamento del tessuto produttivo italiano, dal 2011 in poi, non s’è mai arrestato poiché, nel frattempo, le aliquote massime dell’Iva sono state ritoccate di ben due punti percentuali, passando dal 20 al 22; i consumi, nello stesso periodo e dopo la cura Draghi-Trichet, sono scesi in picchiata e il tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile, ha fatto registrare paurose impennate.

Questi dati, riassunti all’ingrosso, sono gli effetti della terapia intensiva sul “malato Italia” praticata dalla UE. E’ il 22 febbraio del 2014 quando Matteo Renzi, per scelta del suo partito (166 a favorevoli e solo 6 contrari), è chiamato a sostituire Enrico Letta alla guida del Governo. Egli non è stato eletto dal popolo e la sua presunta (o pretesa) legittimazione politica ci è costata 10 miliardi di euro, per via del bonus degli 80 euro regalati a chi già aveva un reddito (e anche due, in quelle famiglie dove vige un regime di separazione dei beni). Il premier ce l’ha messa davvero tutta, bloccando il Parlamento per mesi nel tentare di abolire il Senato e ci sta dando con olio di gomito, per rispettare il famigerato “patto del Nazareno” sottoscritto con Berlusconi che prevede, quasi come fosse la prima emergenza italiana, una epocale riforma del sistema giudiziario italiano.

Sullo sfondo dell’azione politica di Renzi, ma proiettate nel 2015, ci sono una serie di azioni che vanno dallo sblocco dei cantieri delle grandi opere, all’immissione in ruolo di 50 mila docenti. Settembre 2014: gli operai degli stabilimenti che produce la carne Montana, tornano dalla ferie e trovano lo stabilimento svuotato di tutto; il padrone ha venduto e se n’è andato. Un quotidiano nazionale, a proposito della crisi del commercio, titolava così: “ Crisi, settembre nero per i commercianti: dal chiuso per ferie al chiuso per sempre”. In sei mesi sono diminuite le entrate tributarie; meno 0,7 per cento, ed è salito il debito pubblico che si è attestato a 2 mila 168 miliardi di euro (era sotto i due mila nel 2011); quando Matteo Renzi si è insediato era fermo a 2.107,1 miliardi di euro. Per il “gelataio di Firenze” e per gli “scienziati di Bruxelles”, l’elenco negativo dei record e degli effetti della poderosa cura da cavallo praticata all’Italia non finisce qui.

Il più devastante effetto collaterale si abbatte sul nostro Paese come un’onda oceanica sulla battigia affollata da praticanti del surf che attendevano l’evento da almeno 50 anni; ad agosto 2014 si scopre che l’Italia è in deflazione. Il classico “ribassa che vendi” indotto dalla crisi perdurante (2008-2014) ovvero il calo prolungato dei prezzi, innesca un circolo vizioso che porta meno ricchezza, più disoccupazione e minori consumi. Questo fenomeno si chiama deflazione, l’Italia non ne soffriva dal 1959.

Agli inizi di settembre, Jyrki Katainen, finlandese, neo vicepresidente della Commissione europea per gli affari economici, avendo anche lui, come i suoi predecessori, pretese di essere un luminare della medicina, si è espresso così: "Molti paesi hanno in programma o già stanno attuando delle riforme, ma l'attuazione delle riforme è più importante, perché se c'è la ricetta di un medico e sono state comprate le medicine e poi non le prendiamo, non serve molto".

Mai paragone, come nel caso delle relazioni tra Italia e Unione Europea, specialmente di quelle che intercorrono dalla lettera di Draghi e Trichet, sino a oggi, fu più infelice. Le medicine che ha preso e sta prendendo il nostro Paese, sono tossiche e letali; gli interventi chirurgici che sta subendo nel tentativo di guarigione, sono mutilazioni e dunque sarebbe meglio non fare accostamenti con il comparto sanitario. Nel più scalcinato degli ospedali, a gente come quella che pretende di curare l’Italia, che prescrive medicine e pratica terapie, non sarebbe consentito neppure di svuotare pale e pappagalli; perché poi hanno la pretesa di discolparsi dicendo: l’intervento è riuscito, ma il malato è morto. E la colpa, si sa, è sempre di chi muore.

Foto: Giorgio Barlocco, Flickr

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