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Mårten Mickos e le fondamenta del nuovo web


Di seguito la mia intervista con il Senior VP del Database Group di Sun Microsystems pubblicata ieri su Nova24, IlSole24Ore.

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Guardare lontano, sapersi distinguere, non arrendersi davanti agli inevitabili fallimenti ma anzi andare avanti con intatto entusiasmo. E poi ancora dominare il proprio ego e, se necessario, sacrificarlo in favore di un confronto costante e costruttivo con il mondo esterno.

Si possono riassumere così gli ingredienti della ricetta con cui l’ingegnere finlandese Mårten Mickos, fino a gennaio CEO di MySQL ed oggi Senior VP del Database Group in Sun Microsystems, ha portato la sua azienda alla recente acquisizione per un miliardo di dollari da parte della multinazionale guidata da Jonathan Schwartz.

Continua da sopra:

I risultati ottenuti dall’imprenditore finlandese, un omone dall’aspetto volitivo e dall’entusiasmo coinvolgente, in sette anni passati alla guida di MySQL (2001-08) sono quantificabili citando alcuni nomi e un po’ di numeri: l’azienda svedese produce oggi il database open source più diffuso al mondo e sulla cui tecnologia si basano realtà come il motore di ricerca Google, il social network Facebook , i siti di video e foto sharing Youtube e Flickr, l’enciclopedia online Wikipedia e, in Italia, aziende note come Dada, Italtel e Buongiorno.it.

Attualmente esistono 12 milioni di “installazioni attive” nel mondo, mentre sono 30 milioni i download del software ogni anno. In Italia, in particolare, nel 2007 sono state “scaricate” 600mila copie del database open source.

Anche Wordpress, forse il migliore blog-software al mondo, adotta un database MySQL. Ciò mi dà il destro per stuzzicare Mickos e chiedergli se non si senta almeno in parte “responsabile” per il successo e la diffusione di blog e social network. Il suo volto si illumina: «Certo, siamo orgogliosi del contributo che abbiamo dato», risponde. Poi mi serve un termine di paragone che ben sottolinea tale orgoglio: «Almeno quanto Gutenberg deve essere stato orgoglioso di aver inventato la stampa e consentito la diffusione dei libri in tutto il mondo».

Eccesso di autostima? Forse, ma Mickos ci ricorda che l’operato della sua azienda «in un modo o nell’altro influenza la vita di centinaia di milioni di persone». Deve essere per questo che è quasi impossibile discutere con lui di affari e modelli di business senza parlare anche di etica del profitto, morale nelle scelte imprenditoriali, di “fede” e compromesso.

La ragione è semplice: «E’ impossibile essere rilevanti nel proprio settore – spiega - semplicemente sparando fuori prodotti a raffica, a meno che non si produca ketchup. In ciò che facciamo ci deve ci deve esser anche un messaggio o un significato».

Un approccio etico al business che tuttavia non risparmia al finlandese critiche da parte dei puristi del free software: «Crediamo nel software libero – chiarisce Mickos – ma in MySQL abbiamo aggiunto un modello di business perché è giusto avere ideali ma si deve pur mangiare. E’ un compromesso sensato che gli scontenti ad oltranza, i “dogmatici”, rifiutano».

Il perché, secondo l’ingegnere finlandese, si spiega così: «Se sei popolare avrai sempre qualcuno che si oppone alle tue decisioni. Se invece nessuno si oppone, allora o non sei popolare come credevi, oppure la tue decisioni non hanno nessuna vera rilevanza».

Colgo un pizzico di astio nelle parole di Mickos: di certo si riferisce alla recente “crisi” che ha visto parte della community open source attaccare MySQL per aver proposto (e poi ritirato di comune accordo con Sun Microsystems) di destinare alcune “funzionalità avanzate” alla sola clientela pagante.

«E’ stata una mia decisione – spiega Mickos -, peraltro antecedente all’inizio delle trattative che hanno portato alla fusione con Sun. Noi abbiamo la necessità di fare open source e, allo stesso tempo, pagare i salari: all’inizio del 2000 abbiamo lanciato il “dual licensing model” (la pratica di distribuire lo stesso software sotto due licenze d’uso), favorendone l’affermazione in tutto il mondo. Nel 2005 abbiamo inaugurato il “subscription model”, consentendo all’utente di sottoscrivere per supporto tecnico, ed è stato allora che abbiamo iniziato ad aggiungere elementi eclosed source a MySQL.

Stiamo sperimentando. Crediamo fermamente che l’open source sia il modo migliore per creare software – aggiunge Mickos - ma noi siamo più pragmatici che dogmatici e sappiamo che se non riusciamo a pagare gli stipendi , ad avere un business, sarà l’open source stesso a morire. Per questo non rinuncio all’idea e al principio che una parte di quello che facciamo debba essere closed source».

Per capire l’importanza dei pareri emergenti dalla community, bisogna innanzitutto comprendere che MySQL si avvale anche di una complessa «architettura della partecipazione» (per citare O’Reilly), dove il fulcro è rappresentato dai 400 sviluppatori sul foglio paga dell’azienda sparsi in tutto il mondo (il 70% dei quali lavora da casa).

Intorno ad essi ruotano varie comunità: i “correttori” del software (poche centinaia di persone), i cacciatori di “bachi” (alcune migliaia), e poi ancora blogger che scrivono di MySQL (milioni di persone) e i coloro che sviluppano tool per il database (decine di migliaia). Differenti livelli di interazione la cui natura cambia nel tempo, con le stesse persone che possono essere prima contro e poi a favore dell’azienda.

Né più ne meno di ciò che accade nella politica.

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