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Marchionne e i sindacati

Nessuno può negare che Sergio Marchionne ha fatto il miracolo di salvare la FIAT mentre era sull’orlo del fallimento.

Forte dell’acquisito carisma, egli è in grado di trattare con i sindacati da una posizione di prestigio. Sostiene a buon diritto che nel nostro Paese non riesce a produrre utili. Quindi minaccia di delocalizzare la produzione con la catastrofica conseguenza della perdita del posto di lavoro per migliaia di operai.

Stando così le cose, è difficile contrastarlo. Fa il suo mestiere.

D’altro canto i sindacati sostengono che i diritti fondamentali dei lavoratori non possono essere negoziabili, primo fra tutti, ma non solo, il diritto a percepire una remunerazione che consenta loro di vivere dignitosamente.

Anche i sindacalisti fanno il loro prezioso mestiere.

Dunque, chi ha ragione?

Entrambi. Il problema è il sistema Paese.

Ogni prodotto che esce dalle catene di montaggio del nostro Paese non può essere competitivo in quanto oberato da una serie di gravami insostenibili.

Il primo problema è l’inefficienza dell’apparato giudiziario. L’inefficienza di tale apparato è imputabile solo in parte alla presenza di alcuni giudici inetti e politicizzati che peraltro probabilmente è bilanciata da tanti magistrati che svolgono in silenzio la loro delicatissima professione con dedizione, professionalità e spesso anche a rischio della propria incolumità.

La macchina giudiziaria è composta da tante figure professionali a diversi livelli e ovviamente per funzionare necessita di adeguate risorse finanziarie.

A ciò si aggiunge la elevatissima litigiosità dei cittadini cosa che è stata sottolineata dal dottor Palamara, Presidente dell’ordine dei magistrati.

Basti pensare che oltre il sessanta per cento delle cause che ingolfano i tribunali sono cause di condominio. Una drastica revisione delle leggi condominiali che risalgono agli anni quaranta, con la concessione di maggiori poteri agli amministratori e la revisione delle maggioranze necessarie per deliberare, potrebbe certamente snellire sia la vita condominiale che il funzionamento dell’apparato giudiziario.

Tra gli altri problemi che gravano su ogni prodotto industriale, vi è il maggior costo dell’energia elettrica rispetto ai paesi concorrenti, determinato dallo sciagurato referendum che privò l’Italia dell’apporto delle centrali ad energia nucleare.

Altro grave e vergognoso problema è la scandalosa inadeguatezza delle infrastrutture stradali e informatiche.

Che dire della palla al piede della nostra demenziale burocrazia?

Questo è il nostro sistema Paese che insieme ad una certa cultura del “no” ad oltranza ad ogni novità, condanna l’Italia ad un misero declino senza speranza.

E’ esattamente per queste ragioni che sia Marchionne che i sindacati hanno ragioni da vendere.

Commenti all'articolo

  • Di Libero Mercato (---.---.---.30) 15 gennaio 2011 18:10
    Libero Mercato

    Ma sul diritto di percepire una remunerazione accettabile per vivere, il testo votato a Mirafiori prevede anche un aumento nella retribuzione in busta paga di quasi 33 euro al mese.

    Non sarà una svolta, ma è sempre meglio di niente.
    Dunque su cosa avrebbero ragione i sindacati? Che poi per sindacati in questo caso parliamo di Fiom e Cgil visto che le altre sigle hanno ragionevolmente sostenuto l’accordo.
  • Di pv21 (---.---.---.203) 15 gennaio 2011 19:48

    Quale futuro?
    Dopo il referendum Marchionne commenta: “Siamo pronti ad una svolta storica. I lavoratori avranno il privilegio di trasformare Mirafiori in una fabbrica eccellente”.

    Sappiamo che Termini chiuderà dopo l’ultima Lancia Ypsilon. Pomigliano produrrà la Panda e Mirafiori avrà da Crysler motori e sistemi di trazione per l’assemblaggio di berlina e Suv.
    Non è dato conoscere il piano industriale di Fabbrica Italia. Dei 20 miliardi di investimenti promessi c’è traccia solo per 1,7 miliardi.
    Tutti, proprio tutti, si chiedono da quali modelli (nuovi o refresh) sarà fatto il milione e 400mila veicoli che le newco Fiat dovrebbero produrre nel 2014.

    Nel 2010 Renault ha visto crescere del 7,5% le vendite in Europa (+1,2% in Italia).
    Fiat viceversa segna un calo del 17% in entrambi i mercati.
    In momenti di crisi certe nebulose “promesse” echeggiano accenti da Dossier Arroganza

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