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Lubanga: primo condannato nella storia della Corte Internazionale

Martedì 10 luglio 2012: una data che passerà alla storia come una giornata particolarmente importante e simbolica per la giustizia internazionale. Proprio ieri, infatti, dopo più di dieci anni di attività l'International Criminal Court con sede ad Hague, Olanda, ha emesso la sua prima sentenza. Stabilitasi come un'organizzazione internazionale indipendente, la Corte, il cui statuto è stato riconosciuto da 120 paesi (esclusi Cina, Russia ed USA), è stata costituita al tramonto dei conflitti degli anni '90 in Rwanda e Yugoslavia per finire l'impunità con cui coloro i quali avevano perpetrato gravi crimini ai danni della comunità internazionale venivano spesso trattati. Quello che sembrava un sogno utopico anche dopo la sua realizzazione, è ieri diventato definitivamente realtà.

Thomas Lubanga è stato finalmente condannato a 15 anni di detenzione per l'abduzione e l'uso di bambini sotto i 15 anni nel terrorizzare i villaggi dell'Ituri, in Congo. Laureato in psicologia, Lubanga è stato ministro della difesa e comandante militare a fianco dei filo-Ugandesi durante la Seconda Guerra del Congo. Fondata l'Unione dei Patrioti Congolesi (UPC) proprio nel luglio di 11 anni fa, Lubanga prese controllo della ricca regione dell'Ituri, ai danni soprattutto dell'opposta etnia Lendu, e ne richiese al governo congolese l'autonomia. Secondo l'Human Rights Watch, per garantirsi il controllo dell'area l'UPC avrebbe perpetrato massacri etnici, torture e mutilazioni, distruggendo 26 villaggi, causando un esodo di massa della popolazione e avendo all'apice più di 3000 soldati bambino al suo comando.

La sentenza della Corte Internazionale non è accolta da molti con totale soddisfazione. In primo luogo, come un giudice ha apertamente manifestato accusando il prosecutore-capo del processo durante lo stesso, la commissione avrebbe sbagliato nel far cadere le accuse di violenza sessuale che erano inizialmente a carico di Lubanga. In risposta, la commissione ha spiegato che lo stupro di minorenni e le ripetute violenze sessuali erano difficilmente assimilabili al leader dell'UPC, in quanto non comandate dall'alto, e avrebbero solo rallentato ulteriormente il processo. In secondo luogo, non entusiasma una pena di soli 15 anni, per una persona che, come ha commentato la Corte Internazionale, avendo un'educazione superiore ed essendo colta ha comandato le atrocità perpetrate dall'UPC in piena coscienza dei suoi atti.

In ogni caso, la condanna di Lubanga resta un evento eccezionalmente denso di significati. Non solo porta giustizia a un'area devastata da decenni di guerra, dove si pensa che dal 1998 siano morti più di 5 milioni di persone. Ma lo fa a quel livello internazionale, da tempo teorizzato e mai messo realmente in pratica, che fa di una tale condanna un evento di visibilità, coscienza ed importanza globale, e in più uno stimolo a spingersi oltre. La sentenza del leader dell'UPC, infatti, rinnova le attenzioni internazionali sull'ancora primo ricercato al mondo e leader del LRA, Joseph Kony, e aspira a fare di un eccezione la regola. 

Commenti all'articolo

  • Di Francesco Finucci (---.---.---.189) 12 luglio 2012 00:30
    Francesco Finucci

    Fondamentale. Non lo sapevo e ti ringrazio per avermelo fatto sapere. Spero che magari un giorno anche Khalid Mohammad passi per la corte penale internazionale invece di essere giudicato a Guantanamo. Per dire che è un primo passo, ma è varcare la soglia di casa per scalare l’Everest.

  • Di (---.---.---.225) 12 luglio 2012 04:06

     Ed e’ un negro, negli stati uniti li mettono dentro per nulla, ora che hanno le carceri private gestite da aziende di bianchi, sara’ uno spasso, il nuovo ku klux klan, ma bush? blair, berlusca, aznar, i criminali dell’iraq quando li processiamo? Ed i serbi? Madoff, strauss khan? i banchieri che riducono in miseria milioni di concittadini, quando li processimo? I negri farebbero bene a tornare in africa ed a rimboccarsi le maniche per metterlo in quel posto a tutti i bianchi che incontrano.

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