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Lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante e il petrolio come arma per il potere

Nella notte tra il 17 e il 18 giugno scorsi un gruppo di militanti dell’Isis ha attaccato la raffineria della città di Baiji, 240 km a nord di Baghdad. L’impianto è il più grande di tutto l’Iraq: può raffinare 310 mila barili di petrolio al giorno, più di un quarto dell’intera capacità del paese.

Il 25 giugno il Governo di Baghdad ha dichiarato di essere rientrato in possesso della raffineria. Ma la situazione dell’industria petrolifera irachena (così come la nazione stessa) è in uno stato di grande instabilità e incertezza.

L’Isis, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, è un gruppo jihadista comandato dall’iracheno Abu Bakr al-Baghdadi. Nel giugno 2014 ha dichiarato la nascita di un califfato islamico in Siria e Iraq, primo tassello verso la costituzione di un ambito regno islamico sunnita in tutto il Levante.

Il petrolio è un mezzo fondamentale per raggiungere questo obiettivo.

Data la natura rentier di stati come Iraq e Siria, avere diretto controllo sui punti nevralgici dell’apparato produttivo del greggio diventa strategico per poter destabilizzare il governo e, allo stesso tempo, finanziare la guerra.

Dopo la conquista della città di Mosul a inizio giugno, l’Isis è entrato in possesso dell’oleodotto Kirkuk–Ceyhan, il più grande dell’Iraq, attraverso il quale il paese esporta il suo greggio in Turchia.

Secondo alcune analisi riportate dal Telegraph, tramite il controllo degli impianti finora conquistati il califfato sarebbe in grado di finanziarsi con circa 1 milione di dollari al giorno, contrabbandando il petrolio in Turchia e in Iran.

Grazie a una tale linfa, l’Isis rimane un elemento di forte minaccia per una stabilità regionale già altamente compromessa. L’interesse internazionale è alto e il petrolio resta in cima alla lista delle priorità degli attori in gioco.

Il 7 agosto Obama ha annunciato l’autorizzazione a procedere per una serie di attacchi aerei mirati in Iraq. Alla base dell’intervento militare americano c’è l’obiettivo di impedire che la città di Erbil cada sotto mano dei militanti sunniti.

Iraq: principali città e giacimenti petroliferi

Erbil è la capitale del Kurdistan iracheno, una delle regioni geografiche più ricche di petrolio al mondo. Qui gli Stati Uniti hanno forti interessi: diverse compagnie petrolifere operano nell’area, tra cui Exxon Mobil e Chevron.

Da un punto di vista geopolitico, il greggio curdo è strategico. Come riportato dal New Yorker, può essere una significativa fonte di approvvigionamento per l’Europa, in modo tale da ridurre la dipendenza del nostro continente dal petrolio di Mosca (i cui rapporti con Washington sono sempre più problematici).

Insomma, il conflitto mediorientale ci conferma quanto già sottolineato in un intelligente articolo di Michael Klare sull’Huffington Post: i conflitti globali sono sempre più alimentati dal desiderio di petrolio e gas naturale – e dai guadagni che generano.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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